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«Caregiver Day». Anche chi aiuta, spesso, ha bisogno di aiuto

Articolo. La quarta edizione del «Caregiver Day», promossa dall’associazione «Abitare Le Età ETS» insieme ad altre 13 realtà di volontariato e alle istituzioni del territorio bergamasco, durerà un’intera settimana. Da lunedì 13 a domenica 19 maggio, numerosi incontri, film e laboratori aiuteranno a capire cosa significa per il caregiver, l’operatore e il paziente stesso essere «liberi nella cura»

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Ho dormito a lungo sullo stesso piano di mia nonna, prestando attenzione ai suoi passi durante la notte e alle sue prime, sporadiche, richieste di assistenza. Non mi sono mai definita una caregiver: pensavo che il termine indicasse un professionista dell’assistenza, un operatore esterno. Ho scoperto solo durante il Covid, quando la parola ha cominciato a imporsi con più forza nel dibattito pubblico, cosa significasse davvero essere caregiver. Quanto fosse ampio, complesso e poco raccontato (oltre che riconosciuto) l’identikit di chi presta cura, supporto, vicinanza a una persona che ha bisogno di aiuto.

La Federazione europea delle organizzazioni di caregiver e degli istituti di ricerca (Eurocarers) definisce questa figura come «una persona che fornisce assistenza a titolo – di solito – gratuito a qualcuno con una malattia o disabilità cronica o altra esigenza di cure durature, al di fuori di un rapporto professionale (e.g. lavorativo) o formale (e.g. nell’ambito di un’organizzazione di volontariato)». Spesso il caregiver è un familiare, che assiste un paziente fragile nelle sue esigenze quotidiane, cercando di conciliare queste esigenze con le proprie. Secondo i dati OECD (in italiano OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) i caregiver in Italia sono il 15% della popolazione sopra i 20 anni, per un totale di quasi 8 milioni. Nella bergamasca sono oltre 110 mila. Addirittura più di 5 mila sono “giovani caregiver” di età compresa tra i 15 e i 24 anni (il 7% della popolazione bergamasca in questa fascia d’età).

«Oltre a essere più di quanti si possa pensare, spesso i caregiver vivono l’esperienza di prendersi cura di un nonno o di un fratello senza parlarne con nessuno. Non sempre sono consapevoli del loro bisogno e del loro diritto di essere sostenuti nel lavoro di cura, che è faticoso dal punto di vista fisico, ma anche dal punto di vista psicologico, emotivo». A parlare è Giusi Andreini, psicologa, formatrice e socia fondatrice di « Abitare Le Età ETS », associazione nata nel 2016 dall’idea di sostenere le famiglie che presentano al loro interno soggetti fragili. «La nostra non è un’associazione che fa interventi diretti, non forniamo assistenza di tipo socio-sanitario, per esempio, ma ci occupiamo di “aprire lo sguardo”, in modo che questi temi diventino alla portata di tutti e quindi occasioni di riflessione».

Le iniziative di «Abitare Le Età» spaziano dagli interventi nelle scuole ai gruppi nati dopo il Covid per le persone particolarmente toccate dall’esperienza della pandemia, fino ai progetti di housing sociale, a cui l’associazione sta lavorando. E ancora, da quattro anni «Abitare Le Età» organizza il «Caregiver Day», una giornata interamente dedicata all’importanza, ma anche alle fatiche della cura.

Per l’edizione 2024, il «Caregiver Day» si amplia e diventa una settimana di iniziative dedicate ad adulti e bambini. La manifestazione si terrà da oggi, lunedì 13 maggio, fino a domenica 19, in sinergia con altre 13 associazioni del territorio, in collaborazione con Comune di Bergamo, ATS Bergamo, ASST Bergamo Est, ASST Bergamo Ovest, ASST Papa Giovanni XXIII, Collegio dei Sindaci, CSV Bergamo ETS, e con il contributo di Fondazione della Comunità Bergamasca.

«Ma allora anche tu!»

«Ci sono quattro tipi di persone al mondo: coloro che sono stati caregiver, coloro che sono caregiver, coloro che saranno caregiver, coloro che avranno bisogno di un caregiver». Così diceva Rosalynn Carter, moglie dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. Il Rosalynn Carter Institute for Caregivers da lei fondato nel 1987 sostiene tuttora i circa 53 milioni di americani che assistono persone malate, disabili o anziane, aiutandoli a prendersi cura dei loro cari e di sé stessi.

Giusi Andreini è stata a sua volta caregiver del padre. Lo racconta con emozione, senza tralasciare niente. «È un’esperienza che ho fatto con attenzione e cura, ma anche con tanti momenti di fatica, con i sentimenti anche negativi che spesso non ci si permette di ascoltare. Io, da psicologa, ero consapevole di questi pezzi che non mi piacevano, che facevo fatica ad accettare, ma che c’erano e di cui dovevo in qualche modo farmi carico. E non sempre le persone riescono a capire quanta fatica si prova, proprio perché si negano di dare ascolto anche a questi aspetti, che sono inevitabili».

L’obiettivo di momenti e iniziative come il «Caregiver Day» diventa quindi quello di chiedere sì «i servizi che servono, che sono urgenti e purtroppo sempre meno presenti», ma anche quello di «aiutare i caregiver a capire che anche loro hanno bisogno di essere sostenuti per poter far meglio quello che stanno facendo, più a lungo, e per star bene. I caregiver hanno tutto il diritto di vivere queste esperienze della vita il più serenamente possibile, senza troppi rimpianti o sensi di colpa e senza negarsi la possibilità di confrontarsi con qualcun altro».

A Giusi Andreini è capitato di tenere dei gruppi di auto-mutuo aiuto. «Una delle cose che mi colpiva è quando sentivo la frase “Ma allora anche tu!”, come fosse una scoperta, come se quello che si prova fosse assolutamente specifico, privato, e nessun altro potesse provare invece un’esperienza simile. Condividere con qualcuno la preoccupazione di avere un figlio disabile e di non sapere quale sarà il suo futuro, oppure la fatica fisica di farsi in quattro durante la giornata… permette di non sentirsi diversi, sbagliati, speciali, incapaci, impotenti».

Il programma della settimana del caregiver

La settimana del caregiver prenderà il via oggi, lunedì 13 maggio alle 15 allo spazio Daste (via Daste e Spalenga 15) con il convegno «Accanto a chi si prende cura. Il progetto Caregiver Bergamo tra Case di Comunità e Terzo Welfare» a cura di Laboratorio Caregiver, ATS Bergamo, Collegio dei Sindaci, CSV Bergamo ETS, ASST Papa Giovanni XXIII, ASST Bergamo Est, ASST Bergamo Ovest. Seguirà alle 20, presso Lo Schermo Bianco, la proiezione del film «Tutto quello che vuoi» di Francesco Bruni. Il lungometraggio, con uno straordinario Giuliano Montaldo, tratta in modo divertente e delicato al tempo stesso l’incontro tra due mondi: l’Alzheimer e la gioventù precaria.

Gli appuntamenti proseguiranno venerdì 17 maggio alle 14.30 alla Social Domus con l’Assemblea cittadina promossa dalla Campagna per la Salute Mentale con la partecipazione di don Virginio Colmegna. Si tornerà infine allo spazio Daste domenica 19 maggio, con un’intera giornata dedicata ai caregiver: si parte alle 9 con un incontro che prende spunto dalla domanda che l’associazione si è posta alla luce di tutti i vincoli, i pesi, le fatiche che affronta quotidianamente un caregiver: «Ma ci si può sentire liberi nella cura?».

«Non abbiamo le risposte – ammette Andreini – però sappiamo che quando ci si sente un po’ più liberi anche nello svolgimento di un impegno a cui non ci si può sottrarre, si sta un po’ meglio. Ci siamo chiesti che cosa potesse aiutarci a sentirci un po’ più liberi nella cura e quindi a star meglio. Mi viene da dire che uno si sente un po’ più libero se si permette di chiedere, se pensa che può prendersi un po’ di spazio, per esempio, se può dire: “adesso fai un po’ tu”».

Spesso pensiamo al caregiver come a “un pezzo” del percorso. Quando si trova davanti all’operatore, al fisioterapista, tanto per fare un esempio, fatica ad assumerne il punto di vista. E viceversa. «C’è sempre l’idea che l’altro debba fare qualcosa – spiega Andreini – L’operatore per definizione ha il desiderio di migliorare la qualità della vita o risolvere il problema. Anche per lui confrontarsi con il peggioramento di una malattia, con i risultati che non sono quelli che si aspetta, è difficile». A volte capita che caregiver diventino operatori oppure che operatori si trovino a diventare caregiver, come è successo a Giusi Andreini. Ecco perché l’incontro del 19 maggio accoglierà contributi diversi. Si alterneranno testimonianze di operatori, volontari, caregiver e anche di persone che sono bisognose di cura. «Proprio l’intreccio tra questi tanti punti di vista può aiutare a svolgere meglio il lavoro di cura, a stare meglio nel lavoro di cura». Da non perdere, l’intervento conclusivo del dottor Fulvio Tagliagambe, psicoanalista SPI.

La giornata proseguirà, dalle 14.30 alle 16.30, con una serie di laboratori e attività aperte a tutti, tra yoga, campane tibetane e fotolinguaggio, mentre alle 17 il gruppo «La Voce dei Tamburi», composto da persone con disabilità e volontari di Spazio Autismo Bergamo, coinvolgerà i partecipanti in un Drum Circle con strumenti a percussioni. La giornata si concluderà alle 18.15 con lo spettacolo «All’Osteria del ragno», curato da Teatrattivo con le canzoni di Lucio Dalla.

Per informazioni è possibile consultare il sito di «Abitare Le Età ETS».

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