Probabilmente all’alba dell’estate 2021 qualunque famiglia esiterebbe a programmare un lungo viaggio con meta ancora da definire e una compagnia numerosa; ma l’idea è venuta al Teatro del Vento. Il mezzo di trasporto è nientepopodimeno che una nave – e non una nave qualsiasi – la compagnia è multiforme e variegata e il viaggio è un viaggio teatrale attraverso una storia che la compagnia bergamasca propone a bambini e bambine dai 3 ai 6 anni.
Il viaggio potrebbe cominciare già da casa, con la sala teatrale come destinazione, perché a pensarci bene per alcuni bambini questa potrebbe essere una prima, o una delle prime, esperienze di teatro, visto il lungo periodo di assenza di molte attività. La prima meta del viaggio, quindi, è il Teatro di Loreto a Bergamo, una delle sedi di Pandemonium Teatro, e l’appuntamento è sabato 12 giugno alle ore 21:00 per il debutto de “L’Arca”. Chiara Magri, attrice e regista del Teatro del Vento, ci racconta come è nato “L’Arca” e dove condurrà bambini e bambine.
LD: Un’emozione per i bambini, un’emozione anche per voi: com’è tornare in scena?
CM: La cosa che colpisce di più è che il pubblico sembra più interessato di prima, ha un occhio più brillante e desideroso. Certo, bisogna seguire tante regole, ma la relazione col pubblico è più consapevole. Ad esempio, agli spettacoli per l’infanzia è sempre stata un’abitudine delle famiglie tenere il gruppo di bambini davanti mentre gli adulti stanno dietro, senza partecipare. Ora, con la questione dei posti assegnati e della prenotazione, bisogna stare tutti insieme e di conseguenza c’è una maggiore attenzione e condivisione dell’esperienza. Finora noi siamo andati in scena tre volte e abbiamo fatto alcune scolastiche all’aperto; la percezione è quella di grandi eventi condivisi. I bambini sono molto coinvolti. Questo è il lato positivo.
LD: Ci sono anche delle difficoltà.
CM: Protocolli, tamponi, entrate contingentate e di conseguenza lavoro moltiplicato. In più, a questo punto bisogna affrontare la situazione a livello finanziario. Non tutti i comuni, purtroppo, sono pronti o hanno i mezzi per erogare risorse in questo momento, anche se mai come ora il settore teatrale può portare avanti un’importantissima missione sociale.
LD: Quale?
CM: Il teatro è strategico per ricostruire, le persone hanno bisogno di qualcuno che racconti loro una storia. Noi siamo felicissimi di poter portare “L’Arca” in scena in questo momento: dopo un periodo di difficoltà come quello che abbiamo vissuto, non sarebbe stato possibile senza il preziosissimo contributo della Regione Lombardia, che ci ha selezionati all’interno dell’iniziativa “NEXT – Laboratorio delle idee” 2020. E, ovviamente, senza il sostegno di Pandemonium Teatro, che ci ospita all’interno della sua rassegna teatrale per l’infanzia e che ringraziamo.
LD: L’arca di Noè, un mito fecondo che, come tutte le storie antichissime, può parlare ai bambini in modo immediato. Com’è la vostra arca?
CM: Nasce da un’idea del nostro musicista Matteo Zenatti. Matteo è una figura poliedrica: tenore, arpista, ha lavorato, tra gli altri, con Davide Riondino ed è specializzato in musica antica. Ma è anche sempre stato impegnato nel teatro ragazzi. Con lui abbiamo condiviso tantissime cose, collaboriamo ormai da vent’anni. “L’Arca” è ispirato ad alcune canzoni con le belle parole di Vinícius de Moraes e l’arrangiamento musicale di Toquinho, diventate famose grazie all’interpretazione di Sergio Endrigo degli anni Settanta. È uno spettacolo con una semplice ossatura drammaturgica.
LD: Vinícius, Toquinho, Endrigo. Siamo all’interno di una grande tradizione di musica per bambini…
CM: Sì, e lo spunto iniziale sono alcuni pezzi di scenografia salvati da un magazzino, che vengono disposti sul palco da un narratore e da un musicista. Ci si trova quindi davanti il gioco della scena: una peculiarità dei nostri spettacoli è proprio quella di svelare il gioco teatrale, la dimensione del teatro fatto in diretta, il modo in cui si animano le cose. Qui, dunque, l’arca viene letteralmente costruita davanti agli occhi del pubblico, secondo le indicazioni di un vero e proprio direttore di scena. A questo punto, sull’arca salgono le sagome dei protagonisti delle canzoni, i famosi animali che affronteranno la traversata.
LD: Non sarà un viaggio senza intoppi.
CM: L’Arca di Noè è una storia universale che fa emergere con semplicità temi importantissimi, primo fra tutti quello del vivere insieme. L’arca è una “casetta troppo stretta”, simbolo di tanti luoghi di convivenza a volte forzata, come quelli in cui abbiamo vissuto in quest’ultimo anno. A bordo, un gruppo di animali della simbologia favolistica dovrà imparare le regole della convivenza pacifica a prescindere dalle differenze e dalle peculiarità che li contraddistinguono, e portare a termine un viaggio impegnativo.
LD: La convivenza civile attraverso colori, suoni, immagini.
CM: Da un punto di vista di composizione visiva, sul palco si vedono quattordici sagome di animali, un’arpa, una chitarra, insomma, un bell’ambaradan! Lo spettacolo si snoda su più livelli espressivi: la narrazione, la musica, la vocalità, le immagini. Dedichiamo sempre attenzione alla messa a punto di un linguaggio il più diretto ed efficace possibile nei confronti del nostro pubblico. In questo caso, l’allestimento si nutre dell’esperienza di laboratorio con bambini di scuole dell’infanzia: il loro sguardo ci ha aiutato molto a individuare le direzioni da prendere. Per molte canzoni, poi, abbiamo fatto delle rielaborazioni per adattarle meglio alla scena, a volte abbiamo aggiunto pezzi di testo per garantire un ritmo adeguato. Volevamo un risultato il più lieve e allegro possibile.
LD: Bambini e bambine rientrano in sala dopo molto tempo. Cosa ritrovano?
CM: Penso ai genitori che tornano a teatro coi loro bambini pensando “Proviamo!” e ho stampata in mente un’immagine di queste settimane, quella di un bambino che dopo uno spettacolo mi viene incontro esclamando: “Bello! Ci vediamo domani?”. Ecco, andare a teatro comporta prima di tutto delle relazioni umane e degli incontri sul piano artistico. Per un bambino, credo che significhi soprattutto che qualcuno si dedica a lui per farlo viaggiare con la fantasia. È vero, i nostri bambini e le nostre bambine vivono una sovrabbondanza di immagini; ma il problema è che ne sono letteralmente bombardati. Come teorizza Bruno Munari, la rapidità di esposizione rende impossibile un’elaborazione fantastica. Insomma, la velocità è nemica della fantasia.
LD: Un’avventura teatrale è un viaggio a tutti gli effetti, con i suoi tempi.
CM: È necessario un tempo per l’elaborazione, fondamentale per la crescita. Un altro aspetto essenziale dell’esperienza teatrale è l’educazione alla pazienza: rispetto a un video o anche alla televisione, il teatro non si può bloccare quando si vuole. Credo sia un ingrediente chiave del processo di ricostruzione dell’intelligenza emotiva. È un modo per sperimentare il gioco e il divertimento nel rispetto della relazione: bisogna stare in ascolto reciproco.