SULLA GROPPA DI GERIONE
XVII, vv. 79 ss.
Trova' il duca mio ch'era salito
già su la groppa del fiero animale,
e disse a me: «Or sie forte e ardito.
Omai si scende per sì fatte scale:
monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male».
Qual è colui che sì presso ha 'l riprezzo
de la quartana, c'ha già l'unghie smorte,
e triema tutto pur guardando 'l rezzo,
tal divenn'io a le parole porte;
ma vergogna mi fé le sue minacce,
che innanzi a buon segnor fa servo forte.
I' m'assettai in su quelle spallacce;
sì volli dir, ma la voce non venne
com'io credetti: "Fa che tu m'abbracce".
Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne
ad altro forse, tosto ch'i' montai
con le braccia m'avvinse e mi sostenne;
e disse: «Gerion, moviti omai:
le rote larghe e lo scender sia poco:
pensa la nova soma che tu hai».
Dopo aver ascoltato lo sfogo di Reginaldo Scrovegni, Dante ritorna da Virgilio che lo attende sulla groppa di Gerione. Virgilio raccomanda al discepolo di farsi coraggio: il momento è delicato e pericoloso ed occorre mostrarsi forti ed arditi. Per evitare che con la coda velenosa il mostro ferisca Dante, Virgilio gli cede il posto anteriore e si mette dietro. Dante ancora una volta non nasconde la sua paura e si paragona ad un febbricitante che trema per i brividi della quartana; desidererebbe essere abbracciato dal maestro ma non c'è bisogno di parlare: Virgilio lo ha già intuito ed abbraccia il discepolo, rassicurandolo. La scena, di grande tenerezza, ricorda i passeggeri che saliti sulla motocicletta abbracciano il conducente per sentirsi più sicuri, facendo un tutt'uno con lui. Anche Dante e Virgilio in questo caso fanno un tutt'uno, sono in piena sintonia per raggiungere il loro obiettivo comune. Poi, preso posto, il maestro ordina a Gerione di muoversi e di procedere con cautela, pensando alla nova soma, al carico delicato che porta sulle sue spallacce: descriva ampie volute e moderi la velocità. Il mostro volante si discosta dal ciglio retrocedendo, poi si gira e si libra nell'aria nuotando.
Enzo Noris