SOVRA CANDIDO VEL CINTA D'ULIVA
30. 22 Io vidi già nel cominciar del giorno
30. 23 la parte oriental tutta rosata,
30. 24 e l'altro ciel di bel sereno addorno;
30. 25 e la faccia del sol nascere ombrata,
30. 26 sì che per temperanza di vapori
30. 27 l'occhio la sostenea lunga fiata:
30. 28 così dentro una nuvola di fiori
30. 29 che da le mani angeliche saliva
30. 30 e ricadeva in giù dentro e di fori,
30. 31 sovra candido vel cinta d'uliva
30. 32 donna m'apparve, sotto verde manto
30. 33 vestita di color di fiamma viva.
Preparata dalla solenne processione mistica, evocata dagli austeri personaggi del corteo, in un'atmosfera rosata e dentro una nuvola di fiori, ecco apparire Beatrice. La donna è descritta vestita di un abito rosso fuoco, sotto un manto verde, con un candido velo sul capo e cinta di una corona d'ulivo. Le vesti di Beatrice alludono (oltre ai colori della nostra bandiera nazionale) alle sue virtù: la carità, la speranza e la fede; la corona d'ulivo è simbolo della sua sapienza divina (per gli antichi l'ulivo era l'albero sacro alla dea Minerva: ancora una volta Dante reinterpreta un mito pagano in chiave cristiana). Tradizionalmente l'ulivo è anche simbolo di pace ma la donna la concederà al poeta solo dopo averlo umiliato e indotto ad un sincero pentimento. Il poeta, riconoscendo i segni de l'antica fiamma (espressione divenuta proverbiale), si volge a Virgilio ma questi -evocato per ben tre volte nella stessa terzina (vv. 49 ss.)- non c'è più e a Dante, nonostante fosse nel Paradiso terrestre, non rimane che piangere. A questo punto Beatrice, chiamandolo per nome (v. 55: è la prima ed unica volta in tutta la Commedia), lo rimprovera aspramente dicendogli che dovrà piuttosto piangere per le colpe commesse: quelle di essersi traviato e concesso ad amori vani, volgendo i suoi passi per via non vera (v. 130). Agli angeli che provano compassione per Dante, Beatrice ricorda che costui cadde tanto in basso che non le rimaneva che condurlo a vedere le anime dei dannati; per questo decise di scendere nel Limbo, da Virgilio, per affidargli l'incarico di accompaagnare il suo amato nel regno dei morti. Ora non può attraversare il Letè senza versare lacrime di pentimento.
Enzo Noris