RIME D'AMOR DOLCI E LEGGIADRE
26. 92 son Guido Guinizzelli; e già mi purgo
26. 93 per ben dolermi prima ch'a lo stremo».
26. 94 Quali ne la tristizia di Ligurgo
26. 95 si fer due figli a riveder la madre,
26. 96 tal mi fec'io, ma non a tanto insurgo,
26. 97 quand'io odo nomar sé stesso il padre
26. 98 mio e de li altri miei miglior che mai
26. 99 rime d'amore usar dolci e leggiadre;
Nel canto XXVI avviene l'incontro tra Dante ed i lussuriosi. Costoro, divisi in due schiere (quelli che peccarono secondo natura o contro natura), cantano nel fuoco e camminano in due direzioni opposte. Quando si incontrano si abbracciano e si salutano festosamente. Uno di loro si fa riconoscere: è il poeta Guido Guinizzelli, bolognese, fodatore di quella corrente poetica che Dante stesso definirà Dolce stil novo. Dante considera Guinizzelli “padre” suo e degli altri poeti appartenenti alla stessa corrente e trovarlo qui lo commuove al punto che rimane in silenzio per qualche istante, poi si mette a sua disposizione. Guinizzelli parlerà con Dante di poesia e citerà, in conclusione, un altro poeta indicandolo: è il provenzale Arnaut Daniel, definito “miglior fabbro del parlar materno” (v. 117), vale a dire eccellente artista nell'uso della lingua naturale che si apprende dalla madre, dalla nascita. Dante, che lo ammirava, si ispirò ad Arnaut nella composizione delle sue rime petrose. Il canto si conclude con Arnaut Daniel che si esprime nella sua lingua nativa, il provenzale, e canta della felicità celeste alla quale -dopo la sua passata follia amorosa- spera di giungere presto; prima di congedarsi chiede a Dante, come aveva fatto anche Guinizzelli, di pregare per lui. Come già era successo nel canto di Paolo e Francesca (il canto V dell'Inferno), poesia e lussuria sono in stretta relazione: una certa concezione dell'amore cantato da una certa poesia -che Dante stesso aveva conosciuto nella sua giovinezza- conduce al traviamento; da questo traviamento ora si esce attraversando il fuoco.
Enzo Noris