QUEL CHE VEDI, RITORNATO DI LÀ, FA TU CHE SCRIVE
32.100 «Qui sarai tu poco tempo silvano;
32.101 e sarai meco sanza fine cive
32.102 di quella Roma onde Cristo è romano.
32.103 Però, in pro del mondo che mal vive,
32.104 al carro tieni or li occhi, e quel che vedi,
32.105 ritornato di là, fa che tu scrive».
32.106 Così Beatrice; e io, che tutto ai piedi
32.107 d'i suoi comandamenti era divoto,
32.108 la mente e li occhi ov'ella volle diedi.
La mistica processione, che si era interrotta per fare spazio allo svelamento di Beatrice e alla confessione-purificazione di Dante, nel canto XXXII riprende il suo corso. I soggetti che compongono questo corteo sono simboli che alludono alla storia della salvezza, preparata nell'Antico Testamento, realizzata nel Nuovo ed attesa nel suo compimento definitivo. Dante assiste a vicende oscure e di difficile interpretazione: il grifone (che rappresenta Gesù Cristo) lega il carro (che rappresenta la Chiesa) ad un albero che, da spoglio, torna a fiorire: si tratta dell'albero della conoscenza del bene e del male, dal quale i progenitori avevano colto il frutto proibito; dopo la redenzione operata da Cristo, che cancella il peccato originale, l'albero torna a fiorire. L'albero però è anche immagine della croce ed allude al sacrificio che Cristo compie per salvare l'umanità; a questo albero Cristo-grifone vuole che la Chiesa rimanga legata, cioè fedele, nonostante molti pericoli la minaccino: l'aquila (simbolo del potere imperiale), la volpe (simbolo dell'eresia), il drago (figura di Satana, ripresa dall'Apocalisse). Beatrice ricorda a Dante che la loro permanenza nel Paradiso terrestre è temporanea in quanto entrambi sono attesi nel Paradiso vero e proprio, quello celeste, dove saranno insieme cittadini di “quella Roma onde Cristo è romano” (v. 102). Segue la raccomandazione ad osservare attentamente quanto accadrà ed a scriverlo, una volta ritornato sulla terra. L'ultima scena, alla quale Dante assiste, rappresenta una “puttana” ed un gigante: dopo gesti lascivi il gigante (simbolo del re di Francia, Filippo il bello) flagella selvaggiamente la donna (simbolo della Chiesa corrotta) e la trascina nella selva. Queste figurazioni allegoriche alludono al traviamento della Chiesa e al trasferimento della Curia pontificia ad Avignone nel 1309.
Enzo Noris