I' MI SON UN CHE QUANDO AMOR MI SPIRA
24. 52 E io a lui: «I' mi son un che, quando
24. 53 Amor mi spira, noto, e a quel modo
24. 54 ch'e' ditta dentro vo significando».
24. 55 «O frate, issa vegg'io», diss'elli, «il nodo
24. 56 che 'l Notaro e Guittone e me ritenne
24. 57 di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!
24. 58 Io veggio ben come le vostre penne
24. 59 di retro al dittator sen vanno strette,
24. 60 che de le nostre certo non avvenne;
Anche nel canto XXIV, sempre a proposito di figure femminili, il goloso Bonagiunta Orbicciani, poeta originario di Lucca, accenna ad una tale Gentucca: una donna che ospiterà Dante esule, facendolo ricredere sulla pessima fama dei lucchesi. Insieme a Bonagiunta Orbicciani Dante si intratterrà parlando di poesia, chiarendo le ragioni della nuova poetica, qui denominata dallo stesso Bonagiunta “dolce stil novo”. A differenza dei poeti precedenti, Dante afferma di trarre ispirazione dall'Amore, il “dittator”, cioè colui che “detta” al cuore del poeta le parole da trascrivere. Si tratta della stessa immagine utilizzata per la Sacra Scrittura, ispirata da Dio-Amore all'autore sacro: anche Dante quindi, autore del “poema sacro”, è “scriba Dei”. Bonagiunta riconosce che proprio qui sta il “nodo” che ha trattenuto i poeti precedenti (Jacopo da Lentini e Guittone d'Arezzo) e lui stesso “di qua dal dolce stil novo ch'io odo” (vv. 56 ss.). Il “nodo” sarebbe, secondo alcuni commentatori, metafora di quello che trattiene il falco dal lanciarsi verso il logoro o la preda vera e propria: così questi poeti non hanno avuto ali sufficienti (cfr. le penne del v. 58) per volare alto, dietro al “dittator” celeste.
Enzo Noris