L'INCONTRO CON FORESE
23. 64 Tutta esta gente che piangendo canta
23. 65 per seguitar la gola oltra misura,
23. 66 in fame e 'n sete qui si rifà santa.
23. 67 Di bere e di mangiar n'accende cura
23. 68 l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo
23. 69 che si distende su per sua verdura.
23. 70 E non pur una volta, questo spazzo
23. 71 girando, si rinfresca nostra pena:
23. 72 io dico pena, e dovrìa dir sollazzo
Uno dei golosi guarda Dante negli occhi e gli rivolge un commosso saluto. Il viso lo rendeva irriconoscibile ma la voce era familiare: si tratta dell'amico e compagno di gioventù Forse Donati, appartenente ad una illustre e chiacchierata famiglia fiorentina, alla quale appartenevano anche il fratello di Corso, uomo politico spregiudicato nemico di Dante, e la sorella Piccarda, che il nostro incontrerà nel Paradiso. Tra l'altro la moglie di Dante, Gemma Donati, era terza cugina di Forese. I commentatori ricordano che tra Dante e Forese c'era stato uno scambio di sonetti ingiuriosi, la cosiddetta “Tenzone”, risalente alla loro gioventù; se questo è vero, qui, nel Purgatorio, non c'è traccia di alcuna ostilità o vecchia polemica, anzi: l'incontro avviene all'insegna di una ritrovata e sincera amicizia. Dante, prima di parlare di sé e del viaggio che sta compiendo insieme a Virgilio e a Stazio, chiede a Forese la causa della loro impressionante magrezza; Forese, rispondendo, spiega che i golosi dimagriscono a causa del profumo dei frutti appesi agli strani alberi che Dante a visto lungo la cornice; i golosi sono costretti a passarvi davanti più volte ma la loro pena è accettata e vissuta con gioia (v. 72: sollazzo= dal latino solatium, consolazione) perché prepara alla beatitudine eterna. Gli espianti infatti -aveva detto Virgilio all'inizio del viaggio- “sono contenti / nel foco, perché speran di venire / quando che sia a le beate genti” (cfr. If I, 118 ss.).
Enzo Noris