LA SECONDA BELLEZZA CHE TU CELE
31.133 «Volgi, Beatrice, volgi li occhi santi»,
31.134 era la sua canzone, «al tuo fedele
31.135 che, per vederti, ha mossi passi tanti!
31.136 Per grazia fa noi grazia che disvele
31.137 a lui la bocca tua, sì che discerna
31.138 la seconda bellezza che tu cele».
31.139 O isplendor di viva luce etterna,
31.140 chi palido si fece sotto l'ombra
31.141 sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,
31.142 che non paresse aver la mente ingombra,
31.143 tentando a render te qual tu paresti
31.144 là dove armonizzando il ciel t'adombra,
31.145 quando ne l'aere aperto ti solvesti?
Nel canto XXXI Beatrice continua a rimproverare Dante di essersi lasciato traviare e distogliere dalle “cose fallaci” (v. 56); a partire dall'esperienza della morte di lei il poeta avrebbe dovuto volgere lo sguardo alle realtà ultime, quelle celesti ed eterne, invece di volgersi ai piaceri materiali. Dante, come un bambino sgridato dalla madre, tiene gli occhi bassi ma la donna lo invita ad alzare il viso. E' un Dante imbarazzato ed impacciato quello che abbiamo davanti ma nello stesso tempo consapevole delle proprie fragilità e mancanze. Le riconoscerà apertamente, prima timidamente poi in un vero e proprio atto di autoaccusa che prelude alla sua purificazione definitiva, descritta come una sorta di svenimento (“caddi vinto”, v. 89). Una volta ripresosi, Matelda lo immerge nelle acque del Letè, il fiume dell'oblio del peccato, e lo conduce alla riva opposta dove lo affida alle quattro fanciulle che rappresentano le virtù cardinali. Le virtù accompagnano Dante fino al grifone, l'animale mezzo leone e mezzo aquila simbolo di Gesù Cristo, accanto al quale si trova Beatrice. A questo punto Dante può contemplare gli occhi verde smeraldo di Beatrice nei quali, come in uno specchio, si riflette l'immagine di Cristo. Mentre Dante gusta la dolcezza di questa visione, le tre virtù teologali, danzando, invitano Beatrice a svelarsi (davanti “al tuo fedele che, per vederti, ha mossi passi tanti!” (vv. 34 s.). Finalmente Beatrice si manifesta in tutta la sua sfolgorante bellezza. Il canto si chiude con una anticipazione del tema dell'ineffabile, che sarà uno dei temi dominanti nel Paradiso: Dante ammette che anche il poeta più dotato si sentirebbe incapace di descrivere a parole lo splendore di Beatrice, illuminato “di viva luce eterna” (v. 139).
Enzo Noris