LA FORTUNA
IF VII, 88 ss.
Le sue permutazion non hanno triegue:
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.
Arrivati nel quarto cerchio dell'Inferno, Dante e Virgilio incontrano gli avari e i prodighi, due categorie di dannati accomunati dallo stesso cattivo rapporto con il denaro ed i beni materiali. Non è un caso che, rispondendo ad una precisa domanda del discepolo, Virgilio inserisca qui una interessante digressione sulla Fortuna.
A differenza della concezione classica, per Dante la Fortuna è una intelligenza angelica, ministra di Dio e da lui incaricata di sovrintendere alla distribuzione dei beni terreni. Gli uomini non possono conoscere i criteri in base ai quali opera nelle sue continue ed imprevedibili mutazioni, girando la sua sfera, cioè la ruota, simbolo di instabilità.
Agli uomini è chiesto di credere che queste sue azioni imprevedibili sono volte a nostro vantaggio, dal momento che molto spesso è proprio la mancanza di beni materiali a rivelarsi per noi il vero bene. In questa «logica» paradossale Fortuna non sarebbe vincere alla lotteria ma non vincere.
Enzo Noris