IL SUICIDIO IF XIII, 70 ss.
L'animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.
Dante racconta che i suicidi, avendo rinunciato alla condizione di uomini, sono trasformati in piante, come se fossero condannati ad una forma inferiore di vita: «Uomini fummo, e or siam fatti sterpi» (v. 37).
In questa vera e propria selva intricata e spinosa, Dante ha un incontro straziante con Pier delle Vigne, un uomo di umili origini che era riuscito a far carriera alla corte di Federico II di Svevia, meritandosi la fiducia del sovrano grazie alle sue doti personali. Diventato uno dei funzionari più autorevoli della corte, la Magna Curia come veniva chiamata allora, cadde vittima di una congiura ordita dai cortigiani invidiosi per screditarlo agli occhi dell'imperatore. Pier delle Vigne finì così per essere arrestato sulla base di false accuse. Non riuscendo a sopportare l'umiliazione subita si tolse la vita in carcere.
E' il dramma – purtroppo ancora attuale - di chi pensa con la morte di porre fine alla vergogna e al disonore per sé e per i suoi cari, di farla finita una volta per tutte. Dante ascolta il racconto di Pier delle Vigne in silenzio. Profondamente turbato non riesce a chiedergli altro, per rispetto, per pietà.
Enzo Noris