I CORPI AEREI
25.103 Quindi parliamo e quindi ridiam noi;
25.104 quindi facciam le lagrime e ' sospiri
25.105 che per lo monte aver sentiti puoi.
25.106 Secondo che ci affiggono i disiri
25.107 e li altri affetti, l'ombra si figura;
25.108 e quest'è la cagion di che tu miri».
Il canto XXV si apre con i tre pellegrini che salgono, lungo una stretta scalinata, alla settima cornice, quella dei lussuriosi. Dante è assillato da un dubbio ma teme di importunare i due poeti: si paragona ad un cicognino che vorrebbe volare ma non osa abbandonare il nido, dopo aver alzato le ali subito le riabbassa. Vorrebbe sapere come mai le anime dei golosi possano dimagrire se non hanno necessità di nutrirsi. Virgilio gli fornisce una prima spiegazione, rifacendosi al mito di Meleagro e all'esperienza comune dell'immagine riflessa nello specchio. Tuttavia Virgilio non sembra molto convinto della sua spiegazione perché è quella di un pagano, che può contare solo sulla sapienza umana. Chiederà gentilmente al collega Stazio di fornire a Dante una spiegazione esauriente ed egli, dopo uno scambio di cortesie con il suo “vecchio” maestro, inizierà ad illustrare la teoria della generazione dei corpi. La descrizione della generazione è molto interessante perché ci rivela quali erano le conoscenze di Dante in fatto di anatomia e di biologia. Alcuni autori sostengono che Dante avesse studiato medicina, pur non esercitando poi di fatto la professione di medico. Attraverso le parole di Stazio veniamo a sapere come nasce l'essere umano, fin dal suo concepimento e come, dopo la morte, qualcosa della sua identità corporea rimanga a rivestimento dell'anima: è la dottrina dei “corpi aerei”. Si mantiene in sostanza una stretta e continua comunicazione tra l'anima e ciò che rimane del corpo. Dante non è né uno spiritualista né un materialista ma crede che l'essere umano -la persona- mantenga anche dopo la morte la sua integrità psicofisica, la sua unidualità di corpo ed anima. In attesa della resurrezione finale, le anime -dette “ombre”- sono rivestite del loro “corpo aereo” che permette loro di percepire la fame e la sete, il freddo ed il caldo, di ridere e di piangere.
Enzo Noris