ERRAR POTREBBESI PER POCO
25.112 Quivi la ripa fiamma in fuor balestra,
25.113 e la cornice spira fiato in suso
25.114 che la reflette e via da lei sequestra;
25.115 ond'ir ne convenia dal lato schiuso
25.116 ad uno ad uno; e io temea 'l foco
25.117 quinci, e quindi temeva cader giuso.
25.118 Lo duca mio dicea: «Per questo loco
25.119 si vuol tenere a li occhi stretto il freno,
25.120 però ch'errar potrebbesi per poco».
Dopo che Stazio ha concluso la spiegazione riguardo ai corpi aerei, i tre pellegrini arrivano all'ultima cornice, quella dei lussuriosi. Lungo la cornice si alzano delle fiamme che si protendono verso l'esterno mentre dal basso sale un vento che le respinge verso l'interno, lasciando solamente uno stretto passaggio, percorribile in fila indiana. Virgilio ammonisce il discepolo a prestare attenzione perchè il cammino è rischioso ed anche una piccola distrazione potrebbe rivelarsi fatale. Questo suo avvertimento può riferirsi allegoricamente all'atteggiamento di particolare vigilanza e prudenza necessario per non cadere nella tentazione della lussuria, colpa che consiste nell'abbandonarsi ai piaceri della carne senza alcuna moderazione. Il riferimento agli occhi, che -dice Virgilio- vanno tenuti a freno, lascia intendere quanto il senso della vista debba essere educato e controllato per evitare comportamenti lussuriosi. Dante ascolta alzarsi dalle fiamme l'inno “Summae Deus clementiae” (Dio di grande clemenza, attribuito a S. Ambrogio): sono proprio le anime dei lussuriosi che cantano nel fuoco, ricordando esempi di castità, la virtù opposta al peccato che vanno espiando. Il primo esempio è quello di Maria Vergine, che risponde all'angelo “Virum non cognosco” cioè ”Non conosco uomo” (cfr. l'episodio famoso dell'annunciazione); il secondo è quello della dea Diana che, dal gruppo delle sue sacerdotesse tenute alla verginità, cacciò via Elice perché aveva ceduto ai piaceri di Venere; ed infine quello di mariti e mogli che fuor casti (v. 134): anche nel matrimonio si può vivere l'amore in modo “casto”, vale a dire nel rispetto reciproco e nel dono di sé, superando la ricerca egoistica del piacere fine a se stesso che finisce per trasformare l'altro in un oggetto.
Enzo Noris