PER TE POETA FUI, PER TE CRISTIANO
22. 67 Facesti come quei che va di notte,
22. 68 che porta il lume dietro e sé non giova,
22. 69 ma dopo sé fa le persone dotte,
22. 70 quando dicesti: "Secol si rinova;
22. 71 torna giustizia e primo tempo umano,
22. 72 e progenie scende da ciel nova".
22. 73 Per te poeta fui, per te cristiano:
Nel canto XXII Dante Virgilio e Stazio procedono dalla quinta alla sesta cornice. Qui Dante incontra l'angelo della giustizia che gli cancellerà dalla fronte un'altra delle sette P, mentre le anime proclamano la beatitudine “Beati qui sitiunt”, “Beati quelli che hanno sete di giustizia”.
Virgilio vuole sapere se davvero Stazio fu avaro, perché è in questa cornice che lo hanno incontrato.
Stazio chiarisce che la sua colpa fu la prodigalità e non l'avarizia. Poi racconta grazie a quali letture potè convertirsi al Cristianesimo: fu proprio la IV Egloga ad illuminarlo, là dove Virgilio aveva cantato l'arrivo di un bambino che avrebbe portato nel mondo la giustizia e la pace. Secondo una leggenda medievale, che anche Dante accoglie, questa poesia veniva interpretata come una profezia riferita alla nascita di Gesù.
Grazie a questa lettura Stazio si convertì al Cristianesimo ma, per paura delle persecuzioni, non professò apertamente la sua fede: per questo motivo rimase per quattrocento anni nella cornice degli accidiosi prima di salire a quella degli avari e dei prodighi, dove rimase altri cento anni.
Commovente la similitudine che Stazio utilizza per spiegare il ruolo avuto da Virgilio nella sua conversione: quello di un “apripista”, uno che porta la lampada dietro le spalle per illuminare la strada a chi segue senza però riuscire a far luce davanti a sé.