-Il pm Raffaella Latorraca ha chiesto il rinvio a giudizio per l'unico indagato, il medico curante della donna, il dottor Gianluigi Blini. Secondo il sostituto procuratore, «benché sapesse che la donna fosse allergica al ceftriaxone», aveva lo stesso prescritto il Rocefin, un farmaco che contiene il principio attivo che si è rivelato la causa della morte. Sono risultati, invece, estranei a ogni responsabilità la vicina di casa della vittima, che aveva praticato l'iniezione e il personale dell'ospedale di Treviglio, dove la donna era arrivata in arresto cardiaco e dove era morta 72 ore dopo, il giorno di Natale. Nessuno di loro è mai stato indagato. Una prova delle responsabilità del medico curante, secondo l'accusa, sarebbe stata trovata fra la documentazione sequestrata dagli agenti del commissariato di Treviglio nello studio del dottore e all'ospedale di Treviglio. In base alle carte acquisite, gli inquirenti hanno potuto stabilire che Gianna Mossali aveva già accusato nel settembre 2015 uno choc anafilattico dovuto alla somministrazione di antibiotico. La pensionata era stata ricoverata all'ospedale di Treviglio, da cui era stata dimessa con l'indicazione di rivolgersi al medico curante perché le prescrivesse una visita dall'allergologo. I medici del pronto soccorso, infatti, sospettavano che a causare lo choc anafilattico fosse stato il ceftriaxone e per questo avevano consigliato approfondimenti. Dunque, secondo il Pm, il dottor Blini doveva quantomeno sospettare che la paziente potesse essere allergica al principio attivo ed evitare così la somministrazione del Rocefin. Resta però anche da capire se si sia trattato di un equivoco. Perché all'inizio la vittima pareva allergica alla penicillina.
-Il pm Raffaella Latorraca ha chiesto il rinvio a giudizio per l'unico indagato, il medico curante della donna, il dottor Gianluigi Blini. Secondo il sostituto procuratore, «benché sapesse che la donna fosse allergica al ceftriaxone», aveva lo stesso prescritto il Rocefin, un farmaco che contiene il principio attivo che si è rivelato la causa della morte. Sono risultati, invece, estranei a ogni responsabilità la vicina di casa della vittima, che aveva praticato l'iniezione e il personale dell'ospedale di Treviglio, dove la donna era arrivata in arresto cardiaco e dove era morta 72 ore dopo, il giorno di Natale. Nessuno di loro è mai stato indagato. Una prova delle responsabilità del medico curante, secondo l'accusa, sarebbe stata trovata fra la documentazione sequestrata dagli agenti del commissariato di Treviglio nello studio del dottore e all'ospedale di Treviglio. In base alle carte acquisite, gli inquirenti hanno potuto stabilire che Gianna Mossali aveva già accusato nel settembre 2015 uno choc anafilattico dovuto alla somministrazione di antibiotico. La pensionata era stata ricoverata all'ospedale di Treviglio, da cui era stata dimessa con l'indicazione di rivolgersi al medico curante perché le prescrivesse una visita dall'allergologo. I medici del pronto soccorso, infatti, sospettavano che a causare lo choc anafilattico fosse stato il ceftriaxone e per questo avevano consigliato approfondimenti. Dunque, secondo il Pm, il dottor Blini doveva quantomeno sospettare che la paziente potesse essere allergica al principio attivo ed evitare così la somministrazione del Rocefin. Resta però anche da capire se si sia trattato di un equivoco. Perché all'inizio la vittima pareva allergica alla penicillina.