-14anni, col rito abbreviato, alla 36enne accusata di aver ucciso un 30enne affetto da distrofia muscolare, la notte di Capodanno del 2015 a Trescore Balneario. Rahma El Mazhouzi, marocchina, aveva colpito a morte con un coltello il connazionale Hassan Mahsouri, costretto dalla distrofia su una carrozzina. Il delitto si era consumato in una stanza d'albergo di Trescore. La donna, sottoposta a perizia psichiatrica su richiesta del difensore, era stata dichiarata totalmente capace di intendere e di volere. Era stato evidenziato soltanto una sorta di disagio sociale e culturale nella sua storia. La vittima aveva preso la stanza insieme alla 36enne. Qualche ora dopo lei era scesa alla reception chiedendo ai titolari di chiamare i carabinieri. Uno di loro aveva raggiunto la camera per controllare e aveva scoperto il cadavere dell'uomo. Dagli accertamenti i carabinieri avevano dedotto che era stato accoltellato e rivestito. Nella borsetta dell'imputata era stato trovato un indumento intriso di sangue e altri abiti col sangue dell'uomo erano nella camera. Lei aveva ammesso subito le proprie responsabilità spiegando di aver colpito il connazionale con un coltello da cucina per una trentina di volte a causa di un raptus d'ira perché, convintasi che l'avrebbe sposata, si era sentita respingere e sbeffeggiare. Un racconto fatto senza la presenza di un avvocato e quindi inutilizzabile ai fini processuali. Interrogata poi in carcere si era limitata ad ammettere l'uccisione senza entrare nel dettaglio delle motivazioni. E successivamente aveva reso delle dichiarazioni che avevano fatto dubitare della sua capacità di intendere e di volere.
-14anni, col rito abbreviato, alla 36enne accusata di aver ucciso un 30enne affetto da distrofia muscolare, la notte di Capodanno del 2015 a Trescore Balneario. Rahma El Mazhouzi, marocchina, aveva colpito a morte con un coltello il connazionale Hassan Mahsouri, costretto dalla distrofia su una carrozzina. Il delitto si era consumato in una stanza d'albergo di Trescore. La donna, sottoposta a perizia psichiatrica su richiesta del difensore, era stata dichiarata totalmente capace di intendere e di volere. Era stato evidenziato soltanto una sorta di disagio sociale e culturale nella sua storia. La vittima aveva preso la stanza insieme alla 36enne. Qualche ora dopo lei era scesa alla reception chiedendo ai titolari di chiamare i carabinieri. Uno di loro aveva raggiunto la camera per controllare e aveva scoperto il cadavere dell'uomo. Dagli accertamenti i carabinieri avevano dedotto che era stato accoltellato e rivestito. Nella borsetta dell'imputata era stato trovato un indumento intriso di sangue e altri abiti col sangue dell'uomo erano nella camera. Lei aveva ammesso subito le proprie responsabilità spiegando di aver colpito il connazionale con un coltello da cucina per una trentina di volte a causa di un raptus d'ira perché, convintasi che l'avrebbe sposata, si era sentita respingere e sbeffeggiare. Un racconto fatto senza la presenza di un avvocato e quindi inutilizzabile ai fini processuali. Interrogata poi in carcere si era limitata ad ammettere l'uccisione senza entrare nel dettaglio delle motivazioni. E successivamente aveva reso delle dichiarazioni che avevano fatto dubitare della sua capacità di intendere e di volere.