"Ho giurato a me stessa che non avrei più pronunciato la parola 'odio', se non per dire cosa si può fare per contrastarlo: l'unico antidoto all'odio è l'amore". E' questo uno dei passaggi della "lectio magistralis" della senatrice a vita Liliana Segre, cui in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università, è stato conferito il Dottorato honoris causa in Studi umanistici transculturali. L'aspetto dominante della sua "seconda vita" è la sorpresa: "Come è possibile che io, la stessa cittadina cui da bambina sono stati negati tutti i diritti per il solo fatto di essere nata", ha raccontato al pubblico riunito nell'Aula Magna in Sant'Agostino, "sia stata accolta in Senato, mi trovi qui, per un così prestigioso riconoscimento?". Idealmente la risposta è arrivata nella prolusione del Rettore, Morzenti Pellegrini, che ha parlato di Liliana Segre come "senatrice della vita". La neo-dottoressa ha raccontato la difficoltà di parlare della sua esperienza nel campo di Auschwitz, nel quale fu deportata ancora bambina, e dove perse gli affetti più cari. Per anni non era nemmeno stata in grado di nominare quello che le era accaduto. Poi, l'incontro con il futuro marito, la nascita dei figli, un nuovo inizio: una ripartenza avvenuta nell'incontro con i giovani, gli studenti, "quelli che considero miei nipoti", ha raccontato ancora la senatrice a vita. E poi, i tempi più recenti: l'arrivo in Senato dopo la nomina del presidente Mattarella, la proposta di istituzione di una Commissione contro le "parole di odio", la necessità di una scorta per proteggerla dagli attacchi sempre più violenti. Eppure, dopo 89 anni di una vita così drammaticamente intensa, in Liliana Segre, testimone della memoria, resta lo stupore, che si unisce al costante appello perchè all'odio si sotituisca l'amore.
"Ho giurato a me stessa che non avrei più pronunciato la parola 'odio', se non per dire cosa si può fare per contrastarlo: l'unico antidoto all'odio è l'amore". E' questo uno dei passaggi della "lectio magistralis" della senatrice a vita Liliana Segre, cui in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università, è stato conferito il Dottorato honoris causa in Studi umanistici transculturali. L'aspetto dominante della sua "seconda vita" è la sorpresa: "Come è possibile che io, la stessa cittadina cui da bambina sono stati negati tutti i diritti per il solo fatto di essere nata", ha raccontato al pubblico riunito nell'Aula Magna in Sant'Agostino, "sia stata accolta in Senato, mi trovi qui, per un così prestigioso riconoscimento?". Idealmente la risposta è arrivata nella prolusione del Rettore, Morzenti Pellegrini, che ha parlato di Liliana Segre come "senatrice della vita". La neo-dottoressa ha raccontato la difficoltà di parlare della sua esperienza nel campo di Auschwitz, nel quale fu deportata ancora bambina, e dove perse gli affetti più cari. Per anni non era nemmeno stata in grado di nominare quello che le era accaduto. Poi, l'incontro con il futuro marito, la nascita dei figli, un nuovo inizio: una ripartenza avvenuta nell'incontro con i giovani, gli studenti, "quelli che considero miei nipoti", ha raccontato ancora la senatrice a vita. E poi, i tempi più recenti: l'arrivo in Senato dopo la nomina del presidente Mattarella, la proposta di istituzione di una Commissione contro le "parole di odio", la necessità di una scorta per proteggerla dagli attacchi sempre più violenti. Eppure, dopo 89 anni di una vita così drammaticamente intensa, in Liliana Segre, testimone della memoria, resta lo stupore, che si unisce al costante appello perchè all'odio si sotituisca l'amore.