39 indagati che rischiano ora di andare a giudizio per come hanno condotto la gestione di Ubi, la quarta banca italiana, nata dalla fusione tra le banche di Brescia e Bergamo. Le accuse sono di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, illecita influenza sull'assemblea, truffa, inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto d'interesse, illeciti tributari e illeciti formali previsti dalla normativa antiriciclaggio. Tra di loro nomi di spicco: Giovanni Bazoli, Victor Massiah, Emilio Zanetti, Mario Cera, Andrea Moltrasio, Giampiero Pesenti, Rossano Breno, Ettore Ongis, Angelo Ondei, Antonella Bardoni, Giovanni D'Aloia. Secondo il documento di chiusura delle indagini, Bazoli era "tra i componenti della cabina di regia che sul lato bresciano decideva le nomine degli organi della banca e delle sue partecipate in condivisione con quelle decise dalla 'commissione Zanetti' costituita sul lato bergamasco". La novità è che ad essere indagata è anche la banca come persona giuridica. E per banca si intende l'ente precedente la fusione del 12 ottobre 2015. Secondo gli inquirenti, nella sostanza, la banca era priva di un modello organizzativo che consentisse di prevenire i (presunti) reati commessi dai suoi vertici. Chi ha indagato è arrivato alla conclusione che tutti in concorso tra loro erano a conoscenza dell'esistenza di un patto, direttamente riconducibile a Bazoli e Zanetti, che permetteva di decidere l'alternanza negli organi di governo della banca, dirigendo con i loro voti l'assemblea dei soci. L'atto giunge al termine delle indagini avviate dalla procura di Bergamo nel 2014 dopo la presentazione di alcuni esposti da parte dell'Adusbef e di alcuni consiglieri di minoranza.
39 indagati che rischiano ora di andare a giudizio per come hanno condotto la gestione di Ubi, la quarta banca italiana, nata dalla fusione tra le banche di Brescia e Bergamo. Le accuse sono di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, illecita influenza sull'assemblea, truffa, inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto d'interesse, illeciti tributari e illeciti formali previsti dalla normativa antiriciclaggio. Tra di loro nomi di spicco: Giovanni Bazoli, Victor Massiah, Emilio Zanetti, Mario Cera, Andrea Moltrasio, Giampiero Pesenti, Rossano Breno, Ettore Ongis, Angelo Ondei, Antonella Bardoni, Giovanni D'Aloia. Secondo il documento di chiusura delle indagini, Bazoli era "tra i componenti della cabina di regia che sul lato bresciano decideva le nomine degli organi della banca e delle sue partecipate in condivisione con quelle decise dalla 'commissione Zanetti' costituita sul lato bergamasco". La novità è che ad essere indagata è anche la banca come persona giuridica. E per banca si intende l'ente precedente la fusione del 12 ottobre 2015. Secondo gli inquirenti, nella sostanza, la banca era priva di un modello organizzativo che consentisse di prevenire i (presunti) reati commessi dai suoi vertici. Chi ha indagato è arrivato alla conclusione che tutti in concorso tra loro erano a conoscenza dell'esistenza di un patto, direttamente riconducibile a Bazoli e Zanetti, che permetteva di decidere l'alternanza negli organi di governo della banca, dirigendo con i loro voti l'assemblea dei soci. L'atto giunge al termine delle indagini avviate dalla procura di Bergamo nel 2014 dopo la presentazione di alcuni esposti da parte dell'Adusbef e di alcuni consiglieri di minoranza.