Un traguardo considerato estremo, non solo per la difficoltà tecnica, ma anche per le implicazioni etiche e psicologiche che porta con sè: il trapianto di volto, effettuato per la prima volta nel 2005, è però stato realizzato negli ultimi dieci anni altre 35 volte. Ne ha parlato il chirurgo che ha effettuato lo storico intervento, Benoit Lengelé, ospite al teatro Donizetti di Bergamoscienza. Introdotto da Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell'istituto Mario Negri, il medico belga ha spiegato come negli anni si siano ampliate le possibilità dal punto di vista meramente chirurgico, mentre sono ancora tanti i problemi da risolvere dal punto di vista del rigetto, come avviene per altri tipi di trapianto. Davanti a un pubblico attento e coinvolto, Lengelé ha anche affrontato un aspetto più di altri delicato: l'accettazione psicologica da parte di un paziente che si trova ad avere un volto e un'espressione che non gli appartengono. Per questo, il chirurgo ha sottolineato più volte l'importanza di affrontare un percorso come quello che porta al trapianto di faccia con assoluto rispetto, e ha voluto tranquillizzare i timori sorti da più parti. "Sentendo parlare di trapianto del volto, qualcuno ha evocato miti come quello della Gorgone, o di Frankenstein. Non è questo che bisogna temere. Nella maggior parte dei casi, i tessuti trapiantati si adattano allo scheletro del volto del ricevente, e il nuovo volto tende ad assomigliare molto più a quello che il paziente aveva prima del trauma che lo aveva sfigurato, piuttosto che a quello del donatore. Il nostro obiettivo non è quello di creare Frankenstein".
Un traguardo considerato estremo, non solo per la difficoltà tecnica, ma anche per le implicazioni etiche e psicologiche che porta con sè: il trapianto di volto, effettuato per la prima volta nel 2005, è però stato realizzato negli ultimi dieci anni altre 35 volte. Ne ha parlato il chirurgo che ha effettuato lo storico intervento, Benoit Lengelé, ospite al teatro Donizetti di Bergamoscienza. Introdotto da Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell'istituto Mario Negri, il medico belga ha spiegato come negli anni si siano ampliate le possibilità dal punto di vista meramente chirurgico, mentre sono ancora tanti i problemi da risolvere dal punto di vista del rigetto, come avviene per altri tipi di trapianto. Davanti a un pubblico attento e coinvolto, Lengelé ha anche affrontato un aspetto più di altri delicato: l'accettazione psicologica da parte di un paziente che si trova ad avere un volto e un'espressione che non gli appartengono. Per questo, il chirurgo ha sottolineato più volte l'importanza di affrontare un percorso come quello che porta al trapianto di faccia con assoluto rispetto, e ha voluto tranquillizzare i timori sorti da più parti. "Sentendo parlare di trapianto del volto, qualcuno ha evocato miti come quello della Gorgone, o di Frankenstein. Non è questo che bisogna temere. Nella maggior parte dei casi, i tessuti trapiantati si adattano allo scheletro del volto del ricevente, e il nuovo volto tende ad assomigliare molto più a quello che il paziente aveva prima del trauma che lo aveva sfigurato, piuttosto che a quello del donatore. Il nostro obiettivo non è quello di creare Frankenstein".