Nove milioni di Euro. È il primo sequestro disposto da un Tribunale italiano per una falsa voluntary disclosure. La decisione del Gip di Bergamo (confermata dal tribunale del Riesame) è il frutto dell'inchiesta della Guardia di Finanza con il supporto della procura. Riguarda il tentativo di una casalinga sessantenne di Arcene, vedova di un imprenditore orobico morto nel 2007 e condannato per bancarotta fraudolenta, di rimpatriare dalla Svizzera una parte del tesoro occultato dal defunto marito, a suo tempo ribattezzato dai cronisti il «nullatenente con la Ferrari». La richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria di rimpatrio dei capitali è di per sè del tutto legittima, ma in questo caso si trattava di denaro, tanto, accumulato dal marito muratore e frutto di attività illecita. La donna nella richiesta aveva sottaciuto l'origine del denaro, pari a 9 milioni 994mila e 600 euro detenuto presso al Banca Svizzera Italiana di Lugano, e aveva negato che tale denaro fosse collegato ad altre persone. Dalle indagini invece è emerso che tale somma era invece da ricondurre al marito ed era il profitto del reato di bancarotta fraudolenta commesso dall'uomo prima di morire. I 9 milioni e 100 richiesti con la voluntary erano infatti perfettamente compatibili con quelli derivati dagli illeciti.
Nove milioni di Euro. È il primo sequestro disposto da un Tribunale italiano per una falsa voluntary disclosure. La decisione del Gip di Bergamo (confermata dal tribunale del Riesame) è il frutto dell'inchiesta della Guardia di Finanza con il supporto della procura. Riguarda il tentativo di una casalinga sessantenne di Arcene, vedova di un imprenditore orobico morto nel 2007 e condannato per bancarotta fraudolenta, di rimpatriare dalla Svizzera una parte del tesoro occultato dal defunto marito, a suo tempo ribattezzato dai cronisti il «nullatenente con la Ferrari». La richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria di rimpatrio dei capitali è di per sè del tutto legittima, ma in questo caso si trattava di denaro, tanto, accumulato dal marito muratore e frutto di attività illecita. La donna nella richiesta aveva sottaciuto l'origine del denaro, pari a 9 milioni 994mila e 600 euro detenuto presso al Banca Svizzera Italiana di Lugano, e aveva negato che tale denaro fosse collegato ad altre persone. Dalle indagini invece è emerso che tale somma era invece da ricondurre al marito ed era il profitto del reato di bancarotta fraudolenta commesso dall'uomo prima di morire. I 9 milioni e 100 richiesti con la voluntary erano infatti perfettamente compatibili con quelli derivati dagli illeciti.