-Il confronto è aperto, le parti economiche, politiche, sociali e culturali della città e della provincia, nelle ultime settimane, si sono rincorse a suon di dichiarazioni. Bergamo, ancora una volta, sembra fare fatica a trovare la quadra per gettare basi condivise dello sviluppo, non solo economico, futuro. La scommessa, si sa, è di quelle che non si possono perdere. Ai primi di gennaio ci aveva pensato il rettore della nostra Università a risvegliare dal tradizionale torpore post festività: "Il territorio ci è stato molto vicino - aveva detto - ma non ha contribuito agli investimenti sulle infrastrutture". Questo il primo fronte aperto. Non più tardi di un paio di giorni fa è stata invece la politica, quella cittadina, rappresantata dal sindaco Gori a lamentare l'assenza di una cabina di regia capace di governare il sistema economico bergamasco, così come caldamente suggerito dal rapporto Ocse di quasi un anno fa. La politica che richiama l'impresa; una vera e propria inversione di ruolo alla quale non eravamo abituati. Ma si sa, negli ultimi tempi, le parti economico-imprenditoriali locali non si sono troppo amate; anzi. E questo è il secondo fronte aperto. C'è chi invece ha visto nel "Modello Bergamo", leggasi Confindustria, il metodo ideale per gestire il territorio, ma c'è anche stato chi lo ha immediatamente definito ormai sorpassato, è il caso del presidente della Camera di commercio Malvestiti che vede nell'ente camerale l'unica guida possibile. Ed ecco un terzo fronte. Indipendentemente da come andrà a finire l'auspicio è comunque quello che il dibattito in atto non porti alla creazione dell'ennesimo tavolo per consentire alle parti di confrontarsi sul confronto. Trovate l'accordo, ma risparmiateci il tavolo; ce ne sono già a sufficienza.
-Il confronto è aperto, le parti economiche, politiche, sociali e culturali della città e della provincia, nelle ultime settimane, si sono rincorse a suon di dichiarazioni. Bergamo, ancora una volta, sembra fare fatica a trovare la quadra per gettare basi condivise dello sviluppo, non solo economico, futuro. La scommessa, si sa, è di quelle che non si possono perdere. Ai primi di gennaio ci aveva pensato il rettore della nostra Università a risvegliare dal tradizionale torpore post festività: "Il territorio ci è stato molto vicino - aveva detto - ma non ha contribuito agli investimenti sulle infrastrutture". Questo il primo fronte aperto. Non più tardi di un paio di giorni fa è stata invece la politica, quella cittadina, rappresantata dal sindaco Gori a lamentare l'assenza di una cabina di regia capace di governare il sistema economico bergamasco, così come caldamente suggerito dal rapporto Ocse di quasi un anno fa. La politica che richiama l'impresa; una vera e propria inversione di ruolo alla quale non eravamo abituati. Ma si sa, negli ultimi tempi, le parti economico-imprenditoriali locali non si sono troppo amate; anzi. E questo è il secondo fronte aperto. C'è chi invece ha visto nel "Modello Bergamo", leggasi Confindustria, il metodo ideale per gestire il territorio, ma c'è anche stato chi lo ha immediatamente definito ormai sorpassato, è il caso del presidente della Camera di commercio Malvestiti che vede nell'ente camerale l'unica guida possibile. Ed ecco un terzo fronte. Indipendentemente da come andrà a finire l'auspicio è comunque quello che il dibattito in atto non porti alla creazione dell'ennesimo tavolo per consentire alle parti di confrontarsi sul confronto. Trovate l'accordo, ma risparmiateci il tavolo; ce ne sono già a sufficienza.