Si riparte da capo. Come un disco già sentito dall'inizio alla fine ma che vuoi memorizzare per fissare i dettagli. Già, perchè nella vicenda legata all'uccisione di Daniela Roveri, sgozzata nell'andone del palazzo di Colognola in cui la donna viveva con la mamma, sono i dettagli a mancare. Ogni pista sembra monca, sembra priva di quel dettaglio che possa dare la svolta. E allora ecco che gli inquirenti ritornano sugli elementi già acquisiti per provare a dare una lettura più completa. L'unico dato certo è costituito dalle tracce di Dna trovate su una guancia e sull'indice destro della donna, rimasti quando verosimilmente Daniela ha provato a difendersi. Sapere a chi appartiere varrebbe la soluzione del caso. Ma per arrivare gioverebbe individuare l'alibi che ha spinto l'assassino ad un delitto così efferato. Si ritorna quindi a scandagliare l'ambiente di lavoro di daniela, che aveva un ruolo di responsabilità nell' ufficio amministrativo della Icra Italia Spa di San Paolo d' Argon. Donna determinata e che godeva della piena fiducia dei titolari, e che si era opposta fermamente all'assunzione di una persona che riteneva non meritevole. Nell' autunno 2016, quindi nei mesi prima dell' omicidio si era fatta concreta l'ipotesi di assumere una colf rumena, da anni in Italia e in parte già conosciuta all' interno della Icra, con un ruolo da segretaria. La colf saregbbe entrata nello stesso ufficio di Daniela Roveri che parlando esplicitamente alla proprietà disse: «Se lei viene assunta mi dimetto io». La colf quindi non fu assunta. Chi indaga si soffermò subito sul fatto scoprendo che la donna, proprio in quei giorni natalizi, era tornata in Romania. Rientrata in Italia, era stata interrogata. La pista non aveva fornito molti elementi concreti su cui muoversi e venne accantonata. Ma visto lo stallo si riparte e nei giorni scorsi la colf è stata nuovamente sentita. Simona Befani
Si riparte da capo. Come un disco già sentito dall'inizio alla fine ma che vuoi memorizzare per fissare i dettagli. Già, perchè nella vicenda legata all'uccisione di Daniela Roveri, sgozzata nell'andone del palazzo di Colognola in cui la donna viveva con la mamma, sono i dettagli a mancare. Ogni pista sembra monca, sembra priva di quel dettaglio che possa dare la svolta. E allora ecco che gli inquirenti ritornano sugli elementi già acquisiti per provare a dare una lettura più completa. L'unico dato certo è costituito dalle tracce di Dna trovate su una guancia e sull'indice destro della donna, rimasti quando verosimilmente Daniela ha provato a difendersi. Sapere a chi appartiere varrebbe la soluzione del caso. Ma per arrivare gioverebbe individuare l'alibi che ha spinto l'assassino ad un delitto così efferato. Si ritorna quindi a scandagliare l'ambiente di lavoro di daniela, che aveva un ruolo di responsabilità nell' ufficio amministrativo della Icra Italia Spa di San Paolo d' Argon. Donna determinata e che godeva della piena fiducia dei titolari, e che si era opposta fermamente all'assunzione di una persona che riteneva non meritevole. Nell' autunno 2016, quindi nei mesi prima dell' omicidio si era fatta concreta l'ipotesi di assumere una colf rumena, da anni in Italia e in parte già conosciuta all' interno della Icra, con un ruolo da segretaria. La colf saregbbe entrata nello stesso ufficio di Daniela Roveri che parlando esplicitamente alla proprietà disse: «Se lei viene assunta mi dimetto io». La colf quindi non fu assunta. Chi indaga si soffermò subito sul fatto scoprendo che la donna, proprio in quei giorni natalizi, era tornata in Romania. Rientrata in Italia, era stata interrogata. La pista non aveva fornito molti elementi concreti su cui muoversi e venne accantonata. Ma visto lo stallo si riparte e nei giorni scorsi la colf è stata nuovamente sentita. Simona Befani