La 41esima edizione di Bergamo Jazz entra nel vivo nel fine settimana. Direttamente da New York è arrivato anche il direttore artistico Dave Douglas. «Unità nella diversità e nella creatività, ho cercato di mettere insieme persone diverse di diverse comunità che non erano mai state sentite qui e volevo far passare l'idea che il jazz fosse una musica da sperimentare, da vivere e condividere come esperienza collettiva».
Sono le parole di Dave Douglas
alla quarta direzione di Bergamo Jazz, forse l’edizione più varia e più matura, non solo per i nomi che si alterneranno sul palco, ma anche e soprattutto per la varietà degli stili e degli spazi scelti per ospitare i concerti.
«Il più grande cambiamento attuato in questi quattro anni, infatti, -continua Douglas- è quello di aver spalmato il Festival in molti luoghi diversi e nelle strade della città e aver presentato giovani artisti locali. Il festival penso avrà futuro perché può far parte del sangue della città». Tra le peculiarità a cui tiene di più c’è anche la folta presenza femminile sul palco: «Ho percepito come cosa importante portare le donne al festival perché, soprattutto nel jazz, ci sono molte donne che fanno musica ad altissimo livello e noi dobbiamo riconoscerlo e farle esibire sui palchi più importanti».
Douglas in questi anni ha imparato qualche parola d'italiano anche se non si sente ancora in grado di conversare, dichiara di amare Bergamo: «È una città unica, con una parte alta e bassa molto vicine e collegate tra di loro, provo un senso di libertà e di ospitalità quando vengo qui da voi, un senso di gratitudine che mi fa sentire speciale». Roberto L. Vitali
La 41esima edizione di Bergamo Jazz entra nel vivo nel fine settimana. Direttamente da New York è arrivato anche il direttore artistico Dave Douglas. «Unità nella diversità e nella creatività, ho cercato di mettere insieme persone diverse di diverse comunità che non erano mai state sentite qui e volevo far passare l'idea che il jazz fosse una musica da sperimentare, da vivere e condividere come esperienza collettiva».
Sono le parole di Dave Douglas
alla quarta direzione di Bergamo Jazz, forse l’edizione più varia e più matura, non solo per i nomi che si alterneranno sul palco, ma anche e soprattutto per la varietà degli stili e degli spazi scelti per ospitare i concerti.
«Il più grande cambiamento attuato in questi quattro anni, infatti, -continua Douglas- è quello di aver spalmato il Festival in molti luoghi diversi e nelle strade della città e aver presentato giovani artisti locali. Il festival penso avrà futuro perché può far parte del sangue della città». Tra le peculiarità a cui tiene di più c’è anche la folta presenza femminile sul palco: «Ho percepito come cosa importante portare le donne al festival perché, soprattutto nel jazz, ci sono molte donne che fanno musica ad altissimo livello e noi dobbiamo riconoscerlo e farle esibire sui palchi più importanti».
Douglas in questi anni ha imparato qualche parola d'italiano anche se non si sente ancora in grado di conversare, dichiara di amare Bergamo: «È una città unica, con una parte alta e bassa molto vicine e collegate tra di loro, provo un senso di libertà e di ospitalità quando vengo qui da voi, un senso di gratitudine che mi fa sentire speciale». Roberto L. Vitali