«Il dialetto è il territorio, è poesia». Ecco il Bepi, all’anagrafe Tiziano Incani, nato a Lovere, ma rovettese doc. Tra un po’ di bergamasco, una cantata e qualche battuta, ecco il personaggio che tutti noi conosciamo: «Faccio ciò che mi piace, faccio il Bepi, tra spettacolo, tv, musica fino all’intrattenimento». E se il primo palco lo ha calcato a 12 anni, lui è da sempre un autodidatta: «Non sono mai stato attratto da quelli bravi, credo che la spontaneità si perda con la tecnica». Cosa ama di più fare? «Cantare in assoluto», con maestri presi da tutti i generi musicali. Ma è pur sempre un personaggio televisivo: «Quel ruolo è sempre inamidato, io sono più wild e selvaggio». E fa una riflessione su chi in Italia discrimina il dialetto: «Nemmeno vede o ascolta, neanche se sei bravo». Poi un’ammissione: «Soffro della sindrome di Peter Pan... e mentre ingrigiscono i capelli la mia testa resta quella di un ventenne… anzi di un trentenne». E da grande? «Rimanere così, come sono oggi. Vorrei non diventare grande mai».