Dice di essere un bergamasco doc e di essere nato con la camicia, ma soprattutto di essere innamorato pazzo dell’Atalanta. Ecco Antonio Gavazzeni, imprenditore di Città Alta nel mondo della moda. «Nel 1975 è nato Bagutta, in una stamperia: guardando tessuti mio padre pensò a un marchio da lanciare, il nome arriva da una via milanese, ma l’azienda produce anche per molte griffe della moda».
Il suo cognome Gavazzeni? Importante. «Mi fanno sempre la stessa domanda: “Gavazzeni delle Cliniche Gavazzeni o Gavazzeni di Gianandrea Gavazzeni?”». Nipote del grande musicista, «mi piace ricordarlo soprattutto per la sua intelligenza e umanità».Con lui anche allo stadio: «Una volta per Atalanta-Brescia e una volta anche a Modena nel 1977 quando vincemmo 1-0». Un amore folle quello per l’Atalanta: «Ho iniziato ad andare allo stadio a 4-5 anni con mio padre, poi in Curva: è stata la mia vera scuola. Gli ultras? I miei amici».. Poi all’età di 30 anni è stato catapultato nella Tribuna d’onore. Con un aneddoto: «Allo stadio mi chiamavano “pantera”». Sorride Antonio Gavazzeni che gioca pure a calcio: «Con gli amici, in Città Alta, da ragazzo. Oggi sono nella Nazionale Stilisti – e ammette -. Essendo scarso, ho fatto tutti i ruoli, dal centravanti al portiere». Il sogno di Antonio Gavazzeni? «In ambito professionale aprire un mondo Bagutta a Bergamo come gli amici Trussardi hanno fatto a Milano. E poi c’è il sogno da atalantino: che vinca lo scudetto». Perché lo ammette: «Bisogna sempre sognare: è una libertà che dobbiamo sempre avere».