LE METAMORFOSI DEI LADRI
IF XXV, 94 ss. E 130 ss.
A proposito del contrappasso dei ladri nella settima bolgia, colpisce la centralità che ancora una volta Dante riserva al corpo umano. E' proprio il corpo umano a trasfigurarsi in queste metamorfosi mostruose descritte con straordinario virtuosismo. Dante, consapevole delle sue doti, descrivendo le metamorfosi dei ladri in serpenti e viceversa, nomina espressamente due poeti antichi, Lucano (autore del poema epico intitolato Pharsalia) e Ovidio (autore delle Metamorfosi), invitandoli a tacere e a riconoscere la sua arte:
94 Taccia Lucano ormai là dove tocca
95 del misero Sabello e di Nasidio,
96 e attenda a udir quel ch'or si scocca.
97 Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio;
98 ché se quello in serpente e quella in fonte
99 converte poetando, io non lo 'nvidio;.
Dante mostra tutta la sua bravura nel descrivere la sequenza della doppia metamorfosi, sequenza che sembra materializzarsi davanti ai nostri occhi con una tecnica quasi cinematografica:
130 Quel che giacea, il muso innanzi caccia,
131 e li orecchi ritira per la testa
132 come face le corna la lumaccia;
133 e la lingua, ch'avea unita e presta
134 prima a parlar, si fende, e la forcuta
135 ne l'altro si richiude; e 'l fummo resta.
136 L'anima ch'era fiera divenuta,
137 suffolando si fugge per la valle,
138 e l'altro dietro a lui parlando sputa.
La trasformazione del corpo umano in essere mostruoso e viceversa, dice quanto Dante fosse colpito dagli effetti che il peccato aveva non solo sulla società e sulle relazioni ma soprattutto sulla struttura stessa dell'uomo nella sua integrità psicofisica.