Volontariato / Bergamo Città
Giovedì 29 Giugno 2023
Dare voce ai giovani di origine straniera: «Non siano invisibili»
IL PROGETTO. La Fondazione Serughetti La Porta con l’Università e gli Istituti superiori Mamoli e Pesenti. Racconti, laboratori artistici e momenti di discussione.
Il 20% della popolazione che risiede nella città di Bergamo è di origine straniera. La percentuale aumenta, fino ad arrivare al 40%, se si considera la fascia d’età che va dagli 0 ai 18 anni. Una fetta di popolazione che spesso non viene vista e che rischia di rimanere «impermeabile» al resto della cittadinanza. È a partire da questi dati che la Fondazione Serughetti La Porta nella primavera del 2022 si è chiesta che voce ha questa popolazione e chi la ascolta, e ha quindi dato vita al progetto «Non darci la (tua) voce. Ascoltaci!» che si è concluso nel mese in corso.
Il percorso ha visto la collaborazione dell’Università degli Studi di Bergamo, dell’Istituto superiore Pesenti e dell’Istituto superiore Mamoli dove la presenza di studenti e studentesse di origine straniera è molto significativa. L’obiettivo è dare una voce a queste persone, rendendo visibile la normalità della presenza dei ragazzi e delle ragazzi di origine straniera nella nostra città e lasciando che fossero proprio loro a prendere la parola e a raccontarsi. «Perché abbiamo organizzato questa impresa? Perché la democrazia di un Paese - spiega Gabriella Cremaschi, Presidente della Fondazione Serughetti La Porta - si può considerare in buona salute se tutte le componenti della popolazione hanno uguali diritti. Da noi così non è, l’assenza di una legge sullo ius soli viola i diritti di cittadini e cittadine italiane. Ma la salute di una democrazia si misura anche con altri indicatori: uno di questi è la visibilità, l’ascolto, l’attenzione che i diversi gruppi sociali ricevono. In Italia ci sono molte categorie di invisibili. Chi è invisibile vive sotto traccia, spesso non ha nemmeno la possibilità di comprendere quali siano i suoi diritti. Per questo abbiamo voluto dare visibilità a chi non ne ha».
Il progetto ha coinvolto giovani cittadini e cittadine figli di migranti e ai loro coetanei di origine bergamasca, attraverso gruppi di scrittura autobiografica, esperienze narrative, laboratori artistici e di videomaking, momenti di lettura e discussione pubblica.
Momenti formativi
Oltre alle attività rivolte direttamente ai ragazzi e alle ragazze, la Fondazione ha realizzato momenti formativi per gli insegnati, affinché le generazioni adulte siano adeguatamente formate e capaci di guardare alla pluralità che si trovano di fronte. Una classe dell’Istituto Mamoli e una dell’Istituto Pesenti, guidate dalla formatrice Alessia Gotti, hanno intrapreso un laboratorio di scrittura condotto da Adriana Lorenzi, che è poi esitato in un reading pubblico. Due classi dell’Istituto Mamoli e due classi dell’Istituto Pesenti hanno, invece, seguito un laboratorio di scrittura musicale e riprese video, condotto dal formatore Stefano Fogliata e supportato da esperti competenti; ogni classe ha scritto e musicato una canzone. Esito concreto del progetto sono due quaderni: il primo raccoglie i racconti scritti dagli studenti nel corso del Laboratorio di scrittura, il secondo raccoglie i testi delle canzoni. Questi prodotti, oltre ad essere stati presentati sul territorio nel corso di diverse iniziative, sono disponibili sul sito www.laportabergamo.it.
Dentro il loro quotidiano
«Siamo entrati nelle scuole con la prospettiva di fare domande rispetto al loro essere adolescenti provenienti da tanti Paesi diversi. I ragazzi e le ragazze, attraverso i testi e le voci, ci portano invece dentro il loro quotidiano, una realtà che spesso fatichiamo ad intercettare in modo tangibile se non come istantanee di passaggio. Da quelle aule usciamo senza risposte, ma con tanti interrogativi rispetto alle nostre città e province di oggi e di domani. Siamo sempre più convinti che solo una città fatta delle mille voci delle persone che la vivono, fatta dei mille volti delle persone che la attraversano, è una città che gode di buona salute. Un piccolo sforzo il nostro, ma oggi i risultati di questo lavoro ci dicono quanto ancora manca per raggiungere anche solo lontanamente l’obiettivo».
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