Sono riemerse dal fango che le aveva sepolte per mesi. E ora le Cinque Terre sono tornate ad essere le perle di vertiginosa bellezza del Levante. Come ninfe uscite dal mare, avvolte dal luccichio del sole irradiato dalle acque, Monterosso e Vernazza - uniche località delle Cinque Terre colpite dall'alluvione del 25 ottobre scorso (nell'entroterra hanno subìto danni Brugnato, Borghetto e Pignone) - si mostrano in tutto il loro splendore agli occhi di turisti. Sulle vetrine dei negozi, alle pareti dei bar, sotto i menu dei ristoranti è tutta una galleria di foto del disastro.
La gente è basita nel vedere quelle immagini di dieci mesi fa e con sguardo stranito non sa come capacitarsi del fatto che i luoghi sono tornati come quelli di un tempo. Come se il Gigante di Monterosso con un'enorme spugna fosse riuscito nell'impresa titanica di cancellare fango e detriti in un batter d'occhio. Non è stato così. E' stata solo la gente delle Cinque Terre che notte e giorno ha voluto rianimare vicoli, piazzette, case e stradine, porticcioli e spiagge che tutti avevano dati ormai per morti e persi per sempre.
Pala e piccone, minuscole ruspe e tanto olio di gomito, solo così le Cinque Terre sono risorte. E a dieci mesi di distanza, i turisti non si sono fatti pregare per tornare a vedere il Parco Nazionale delle Cinque Terre e la rinascita dei borghi danneggiati. «A marzo, aprile e maggio - dice Luca Natale, responsabile dell'ufficio stampa del Parco - avevamo accusato un calo vertiginoso rispetto all'anno prima, del 30 - 40%, e per quanto riguarda marzo del 50%. Da metà maggio l'affluenza è andata in crescita, in giugno rispetto all'anno precedente c'era ancora una leggera flessione, ora siamo in linea con luglio 2011. Disponiamo di dati precisi perché ricavati dalle 5Terre card».
A tenere lontani i visitatori, che mediamente nel Parco sono 2 - 2,5 milioni l'anno, questa primavera, secondo Natale è stato il ricordo dell'alluvione, insieme al cattivo tempo. «Ora - precisa Natale - Monterosso e Vernazza sono tornati belli e agibili come prima. Rispetto al passato sono in forte aumento i visitatori dall'Estremo Oriente, compensano il calo degli italiani, trattenuti dalla crisi». Il panorama dunque è sempre quello: sulla collina i vigneti a terrazza che danno quel meraviglioso Schiacchetrà, i muretti a secco, i sentieri che si stanno recuperando, i frantoi, le piante di limoni; in riva la spiaggia di Monterosso, le piccole baie e insenature che corrono oltre Vernazza, le barche dei pescatori.
E poi le torri, le case storiche, la villa di Montale e quella via dell'Amore che lega del Cinque Terre come cinque sorelle. Certo c'è ancora molto da fare. A Monterosso, lungo una delle strade centrali, la pavimentazione è ancora in legno. A Vernazza, dove i detriti hanno raggiunto il primo piano delle case, mancano ancora porte e infissi su alcuni edifici. «Buongiornomonterosso» e «Vernazzafutura» (onlus) si occupano con i loro siti internet di trovare risorse per la rinascita, per il finanziamento di piccoli progetti, come gli arredi, l'illuminazione, i parchi gioco. Tutti possono rendersi protagonisti della rinascita.
«E' infatti la nota ostinazione della gente di queste parti, con il sostegno di tanti, italiani e stranieri, ad aver fatto il miracolo - ha commentato Vittorio Alessandro, dal 1° settembre presidente del Parco delle Cinque Terre -. E per impedire che gli eventi del 25 ottobre si ripetano tutti propongono la stessa ricetta. Il parco è fortemente legato al territorio circostante: con l'alluvione è emerso chiaramente che ciò che si abbatte a valle, sulla zona abitata, è determinato dalle zone a monte. Se manca la cura dei contenuti, con il tempo la rendita di immagine potrebbe esaurirsi. È ora di compensare l'attività turistica con la necessaria e determinante cura del territorio».
Una cura che dovrà salvaguardare le peculiarità della collina e al tempo stesso i suoi prodotti, i suoi sapori, per evitare appunto che la montagna di fango si abbatta sulla gente e sulla storia a valle fino a trascinarla nel golfo. Anche il mare sembra rigenerato. Il fondale marrone è rimasto sulle foto, le acque sono tornate limpide. Si specchiano le nuvole. Le barche tornano a riva dopo una buona battuta di pesca. Non si avverte più l'odore acre di terriccio e fango. Sulla riviera è tornato a soffiare il profumo dei limoni.
Emanuele Roncalli
DOVE MANGIARE
E' stato il primo locale a riaprire i battenti dopo l'alluvione. Ma di fatto, il ristorante Miky a Monterosso non ha mai chiuso. I proprietari - Miky Defina chef, la moglie Simonetta e la figlia Sara - e tutto lo staff si sono prodigati per servire pranzi e cene agli operai e ai soccorritori. «I primi giorni - ricorda Simonetta Defina - i rifornimenti non arrivavano e abbiamo svuotato tutto l'acquario, abbiamo così servito persino le aragoste». La stagione ora pare decollata. E i palati più fini corrono ad assaporare i piatti di Miky: la conchiglia di pane con le trenette alla pescatrice, pesce della costa e della tradizione, le crudité e per finire le zeppole e le chizzette calde al limone. Il tutto annaffiato da ottimo vino: la cantina ha 250 etichette (www.ristorantemiky.it via Fegina 104, tel. 0187.817608). E per chi volesse rimanere un paio di notti Monterosso offre location interessati. Ad iniziare dalla locanda Ca' du Gigante, a due passi da Miky, un'oasi nel centro del paese, a soli 50 metri dal mare: ogni stanza (alcune vista mare) è personalizzata e ha un nome preso dalla toponomastica locale: un modo anche questo per salvaguardare la storia di una delle perle delle Cinque Terre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA