Piario, chiusura del punto nascita
«Non siamo dei numeri, sabato in piazza»

Martedì mattina 13 dicembre 30 sindaci della Valle Seriana e alcuni esponenti politici regionali in piazza per protestare contro la chiusura del punto nascite dell’ospedale di Piario.

«Alla chiusura non ci stiamo». Erano circa una trentina di fronte all’ospedale di Piario martedì mattina 13 dicembre per protestare contro la chiusura del punto nascite della struttura sanitaria seriana. Con loro anche alcuni esponenti politici regionali Silvana Saita Santisi e Roberto Anelli della Lega Nord, Dario Violi del Movimento 5Stelle, Jacopo Scandella del Partito Democratico e Lara Magoni della Lista Maroni.

Insieme hanno dato l’appuntamento a tutti i cittadini a sabato 17 dicembre alle 10 fuori dall’ospedale per un’altra iniziativa di protesta contro una decisione che definiscono un «fatto grave». «Facciamo fronte unico: andiamo in Regione, e, se non basta, andiamo direttamente a bussare a Roma». L’appello è del sindaco di Piario, Pietro Visini, che chiama a raccolta i primi cittadini delle valli Seriana e di Scalve per opporsi alla chiusura. «Ci dobbiamo muovere tutti insieme – dice Visini - e dobbiamo farlo in fretta. Non è possibile che in alcune regioni d’Italia ci siano reparti che contino non più di cento nascite all’anno che non vengono toccati mentre noi, che superiamo i 400 bimbi all’anno, siamo costretti a chiudere. Ma questa è l’Italia e il buonsenso non sta certamente al governo, ne abbiamo la dimostrazione. Spero si possa lavorare con tutti i sindaci perché non venga davvero chiuso un servizio essenziale come questo: coinvolge tutto il territorio da Gazzaniga fino all’Alta Valle Seriana, ma anche la Valle di Scalve».

A sostegno del territorio anche il presidente della Provincia Matteo Rossi che ha subito telefonato al sindaco Pietro Visini e al presidente della Comunità montana Danilo Cominelli, confermando la sua partecipazione alla manifestazione annunciata per sabato mattina, la convocazione degli amministratori della Valle all’interno del Consiglio provinciale del prossimo 20 dicembre e una lettera al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e all’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera per invitarli a venire in valle a toccare con mano la realtà. «Sì tratta di una decisione assurda e sbagliata fatta da burocrati che non conoscono il territorio - dichiara Rossi -. Le nostre valli e i loro abitanti non possono essere considerati solo come numeri statistici. I politici romani e milanesi vengano a conoscerci, a toccare e vedere cosa sono i nostri territori e quanto risultino importanti servizi come questo. La Provincia insieme ai sindaci si adopererà concretamente affinché la deroga già ben motivata dalle argomentazioni dell’Ats sia effettivamente concessa dal ministero».

Sulla questione anche Cgil è intervenuta: «Nonostante si sapesse da tempo (dall’Accordo Stato-Regioni del 2010) che lo standard per i Punti nascita fosse di almeno 500 parti/anno, a garanzia della sicurezza dei nascituri e delle madri, poco o nulla è stato fatto per evitare di giungere, alla fine, in una situazione di estrema difficoltà. Nel caso della Valle Seriana, anziché favorire una convergenza della media valle su Piario, si è continuato ad investire su Alzano (che a pochi chilometri ha le opportunità di Seriate e Bergamo). Una scelta programmatica ormai irreversibile, ma che inevitabilmente riduce il bacino di utenza verso l’Alta Valle» sottolineano Orazio Amboni (Cgil Bergamo dipartimento Welfare), Roberto Rossi (Cgil Funzione Pubblica comprensorio di Bergamo) e Giacomo Bonomelli (Cgil Funzione Pubblica comprensorio Valle Camonica Sebino).

«Trovare una soluzione ora è più complesso: non si può certamente ridimensionare Alzano, su cui, anzi, l’Azienda sta ulteriormente investendo spostandovi i ricoveri pediatrici da Seriate, e nemmeno pare razionale ed economico sopprimere il punto nascita di Piario dopo che si è appena provveduto a raddoppiare l’organico del reparto e vista la notevole distanza, in particolare della Val di Scalve, da altre strutture idonee». E da Cgil Bergamo ancora una considerazione: «La stessa Regione Lombardia, che ora tuona contro il Governo nazionale, aveva più volte ribadito nelle proprie delibere annuali sulle Regole di sistema la necessità di dare applicazione allo standard dei 500 parti/anno attraverso piani pluriennali che, evidentemente, non si sono visti, o si sono visti solo per chiudere San Giovanni Bianco».

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