Il «Piero», in strada fino all’ultimo
Muore il tuttofare della Malpensata

Pietro Fornoni, 64 anni, era conosciuto nel quartiere: seguito da parrocchia
e Bonomelli, aveva cercato di superare la dipendenza dall’alcol. Venerdì la caduta fatale.

Alla Malpensata «il Piero» lo conoscevano tutti. «È lui, è lui», dicono i pochi passanti stringendosi nelle giacche. In via San Giovanni Bosco non ci sono le luci festose del centro ma i lampeggianti della polizia. Sono quasi le 17,30 e qui, su un marciapiede, «il Piero» ha chiuso gli occhi per sempre. Avrebbe compiuto 65 anni il 17 gennaio. Fatali sono state una sbronza e una caduta. Per strada, dove stava per non sentirsi solo. «Il Piero» - all’anagrafe Pietro Fornoni - nel quartiere infatti si sentiva a casa da almeno vent’anni. Anche nell’ultimo annetto, quando con la pensione di invalidità e il reddito di cittadinanza era riuscito a prendersi in affitto un appartamentino a Fiorine di Clusone. Era tornato in valle - originario di Ardesio (era devotissimo alla Madonna) - ma quasi solo per dormire.

Di giorno continuava a gravitare tra la parrocchia di Santa Croce e il Nap-Opera Bonomelli. I suoi punti di riferimento, da quando l’alcol e i problemi di salute lo avevano fatto deragliare dal matrimonio e dal lavoro. Faceva il muratore, e proprio grazie a quelle mani abili era stato chiamato in Libia a costruire la casa di Gheddafi, raccontava. Poi aveva perso tutto. Ci aveva provato a ricostruirsi il Piero, ma cadeva sempre. Ieri per l’ultima volta. Al calare della sera era lì, a camminare in via San Giovanni Bosco, preso chissà da quali pensieri. «Lo abbiamo visto appoggiarsi a un muretto – racconta Ivan Semperboni, il primo a soccorrerlo insieme al figlio –, gli abbiamo chiesto se avesse bisogno di aiuto, lo conosciamo il Piero, dava una mano in parrocchia. Ma a gesti ci ha fatto segno di andare via, faceva fatica a parlare dopo l’operazione alla gola». Una decina di passi, le gambe che barcollano, la testa che batte sull’asfalto freddo. Il Piero perde conoscenza e a nulla servono gli interventi di Croce Rossa e automedica.

Il primo a essere contattato è il parroco don Claudio Del Monte, c’era un rapporto solido tra i due. Per tre anni, fino al settembre 2018, il Piero era il factotum della parrocchia. «Abitava con me – racconta don Claudio – e si dava da fare: puliva il sagrato, il lunedì gestiva il parcheggino, apriva e chiudeva la chiesa. Era conosciutissimo e benvoluto». Gli avevano anche dedicato un mese del calendario: un ritratto intenso, con lo sguardo dolce e malinconico e il sombrero in testa. Una persona d’oro. Quando non beveva. Da anni, infatti, il Piero combatteva contro la dipendenza e con il cuore che faceva le bizze. Ci aveva provato a smettere, voleva sentirsi utile, con dei lavoretti qua e là. Ma alla fine ci cascava sempre, finendo anche a dormire sui treni. Più o meno un anno fa, a complicare le cose, era arrivata la laringectomia. Alla Bonomelli, dal 2001, contano sei accessi. «Aveva iniziato dei percorsi di autonomia – ricorda il direttore del Nap Giacomo Invernizzi –, era sempre composto anche quando si capiva che non era sobrio». Alla Malpensata passava spesso, dalla valle portava le formaggelle. Diceva che aveva iniziato a lavorare in un caseificio. «È venuto a pranzo anche il 31 dicembre, cordiale e allegro come sempre – racconta Antonia Sarzi Sartori, responsabile della comunità accoglienza dell’Opera Bonomelli –, confidava che aveva paura a dormire da solo a Clusone perché non poteva chiedere aiuto dopo l’operazione che lo costringeva a usare il laringofono». Si sentiva più sicuro tra la gente, in strada. E in strada, nella sua Malpensata, una sera d’inverno se l’è portato via.

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