Fase 2 senza contagiati in 50 Comuni
Ma l’emergenza non è finita - Mappa

Dal 4 maggio zero positivi in molti paesi della Bergamasca, ma è ancora troppo presto per esultare. Il numero di tamponi ancora altalenante non consente di monitorare con precisione l’andamento del virus.

Quanto è delicato parlare di dati dopo tutto quello che è successo. Subdoli nella prima fase dell’emergenza, incompleti nel vivo della tragedia, altalenanti ora nel tempo della ripartenza. Sono gli unici pilastri su cui poggiano le decisioni della politica e le aspettative degli italiani desiderosi di tornare alla vita di prima. Oggi, nonostante le premesse e i 144 nuovi casi registrati ieri, quei dati ci dicono che la situazione è sotto controllo. Anche e soprattutto in provincia di Bergamo, cuore dell’epidemia.

Qui, dove il coronavirus ha decimato piccole e grandi comunità, l’andamento dei positivi ha subìto un forte rallentamento. Vuoi perché la Bergamasca è stata tra le prime province ad essere colpite, vuoi per il senso di responsabilità dei cittadini rispettosi delle distanze (salvo casi isolati) e bardati con mascherine, fatto sta che nella fase 2 i numeri dei contagi non sono nemmeno paragonabili al mese di marzo.

Oltre al bilancio complessivo lombardo, su cui è ancora (doverosamente) puntata la lente dell’istituto superiore di sanità, è bene focalizzarsi anche sui dati delle province e dei Comuni. In provincia di Bergamo sono 50 quelli in cui dall’inizio della fase 2, il 4 maggio scorso, non si è registrato nemmeno un contagio. E tra questi ci sono anche 17 Comuni in cui la casella dei positivi è vuota dal 20 aprile, quindi da 28 giorni, pari a due cicli di incubazione del Sars-CoV-2: il tempo richiesto dall’organizzazione mondiale della sanità per dichiarare conclusa una pandemia. I paesi «virus free» sono Barbata, Bariano, Barzana, Corna Imagna, Costa Serina, Cusio, Locatello, Pagazzano, Presezzo, Roncola, Suisio, Torre de Roveri, Solza, Mozzanica, Torre Pallavicina. A questi Comuni vanno aggiunti anche i paesi sotto i quattro casi totali, che la Regione non comunica, e le piccolissime realtà come Blello e Vedeseta che fin dall’inizio della pandemia non hanno registrato nemmeno un contagio.

Interessante anche l’evoluzione in alcuni dei Comuni più colpiti nella prima fase: se Albino, con 78 contagi nella fase 2, deve continuare a fare attenzione, più incoraggianti sono i dati di Nembro (solo 10 casi) e Alzano Lombardo (30). Sempre in Valle Seriana, da segnalare i 24 nuovi casi a Vertova, sempre dal 4 maggio ad oggi, mentre in tutti gli altri paesi la frenata è brusca: 2 a Gazzaniga, 4 a Cene, 5 a Colzate, 1 a Casnigo, 1 Premolo, 2 a Parre, zero a Gorno e Ponte Nossa.

Ovvio che è ancora presto per esultare, perché l’analisi riguarda territori molto piccoli, ma questi dati sono indicativi dell’andamento positivo in Bergamasca soprattutto rispetto ad altre province - Pavia, Varese e Como su tutte - dove sono stati evidenziati aumenti marcati nelle ultime due settimane. Tornando ai dati bergamaschi: nell’intera provincia sono stati certificati 915 contagiati durante la fase 2, dal 4 al 18 maggio, pari solo al 7% dei 12.607 totali. Negli ultimi 28 giorni invece i casi positivi sono stati 1.581.

Uno dei limiti di questi dati è il tempo. La fotografia attuale infatti deriva da uno scatto di più di una settimana fa, perché il tempo di incubazione del Sars-CoV 2 è tra i 5 e i 7 giorni. Solo dalla fine di maggio quindi sarà possibile capire gli effetti della riapertura totale di lunedì. L’altro limite dei dati sono i dati stessi, che derivano dalla capacità di fare tamponi. In Lombardia, dopo una incoraggiante risalita, questa capacità rimane limitata a un massimo di 15 mila tamponi al giorno, con un andamento sempre altalenante (lunedì sono stati comunicati i risultati di soli 5.078 tamponi, ieri di 14.918). E se si considera che una larga fetta di questi 15 mila al giorno riguarda persone che devono confermare la negativizzazione dopo la guarigione, si può capire quanto sia circoscritta la mappatura dei nuovi positivi e dei loro contatti. Dovrebbe essere l’unico modo - dicono gli esperti: testare, tracciare, trattare - per limitare la diffusione del contagio.

Un problema che in alcune Regioni è rilevante, come dimostra il primo report di monitoraggio settimanale rilasciato dall’Iss il 14 maggio. In cui si legge, ad esempio, che «per tenere conto dei ritardi nella notifica dei casi, la stima di Rt (il tasso di contagiosità dopo l’applicazione delle misure atte a contenere il diffondersi della malattia, ndr) è stata calcolata alla data del 26 aprile con i dati disponibili in piattaforma al 12 maggio. Dopo il 26 aprile il dato è da considerarsi incompleto». Un altro dato molto importante riguarda l’analisi dei positivi dalla data di inizio di sintomi. Le prescrizioni richiedono che questo parametro sia disponibile per almeno il 50% dei casi analizzati, ma non tutte le Regioni arrivano alla soglia minima.

In provincia di Bergamo la svolta, almeno sui tamponi, è attesa a giorni, quando nel laboratorio creato nell’ospedale di Calcinate sarà operativo il primo macchinario donato dal Rotary e capace di processare circa duemila tamponi al giorno contro i 1.500 attuali distribuiti su otto laboratori. A questo robot se ne aggiungerà un altro in arrivo dagli Stati Uniti nei prossimi giorni, donato da una cordata di 18 imprenditori. Grazie a questo aiuto la Bergamasca potrà contare su quasi seimila tamponi al giorno, un numero sufficiente a capire come si sta muovendo l’epidemia anche in una fase così delicata come quella della riapertura. Che porta con sé l’entusiasmo del ritorno al lavoro e le incertezze di un’emergenza troppo vicina da dimenticare in così poco tempo.

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