Terribile boato a Piazza Brembana
Crollati 50 metri di strada in centro - Video

Mezza carreggiata di via Locatelli, a Piazza Brembana, scivolata all’improvviso di otto metri. Trecento metri cubi di terra e cemento su via Tiro a Segno. In azione anche i nuclei cinofili: nessun ferito.

Piazza Brembana

Svanita, sbriciolata sulla sottostante via che era il vecchio sedime della ferrovia, ora pista ciclabile. Paura e trepidazione, nella tarda serata di lunedì 25 novembre a Piazza Brembana, dove a un enorme boato è seguito il crollo di 50 metri di strada, la via Locatelli in zona stazione. Il timore che ha tenuto in scacco i numerosi soccorritori giunti sul posto era che sotto le macerie potesse esserci qualcuno: per questo è stato richiesto anche l’intervento del gruppo «Cinofili Alpini Argo». Il cane Layla ha lavorato a lungo sui detriti, fino alle 23, con il suo fiuto a caccia di presenze umane, ma prima della mezzanotte si è ritenuto di sospendere l’intervento.

Al lavoro, da subito, i vigili del fuoco arrivati dal Comando provinciale di Bergamo per mettere in sicurezza la zona, mentre è stato chiesto l’intervento dell’impresa Doro per liberare la strada dai detriti e per spostare il materiale franato. A crollare, all’improvviso, è stato il pezzo di carreggiata di via Locatelli che letteralmente «poggia» su un muro realizzato negli anni Sessanta, in cemento armato, e che era stato realizzato sul manufatto di contenimento più antico che costeggiava il tracciato della vecchia ferrovia.

Su L’Eco in edicola tutti i dettagli, i commenti dei residenti della zona e degli amministratori. Ecco il tratto di strada interessato dal crollo in questa immagine tratta da Google Street View.

Rimane intanto fermo il maxi piano di manutenzioni ai ponti della Bergamasca: sono in stand-by 5 progetti su 6. Ancora senza risposta le richieste di finanziamento al ministero per i viadotti di Brembate, Sedrina e Ponte San Pietro: rimangono ancora bloccati 6,5 milioni di euro.

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LUCA RONCHI

5 anni, 5 mesi

Ci sarà anche l'incompetenza delle classi dirigenti ma anche nostra, che non ci rendiamo conto che la casa ci sta franando sotto i piedi e che la prospettiva, non è l’invasione degli immigrati ma la desertificazione e l’abbandono dei 7.275 Comuni classificati ad alto rischio per il combinato disposto tra frane e inondazioni. Chi volete sia disposto a restaurare una casa invasa dal fango che fra un anno o due sarà nuovamente devastata? Chi credete che possa tenere aperta un’azienda sotto la minaccia dell’ennesima esondazione?

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