«Apriamo lo sguardo verso gli emarginati»
Il grande insegnamento di don Fausto

Sulla scrivania di don Fausto Resmini, alla comunità don Milani di Sorisole, pile di testi, di libri sacri e una montagna di foglietti su cui annotava numeri e nomi di persone che chiedevano un aiuto. Madri di detenuti, parenti di uomini o donne persi per strada, inghiottiti dalla dipendenza da alcol e droghe.

Lui, don Fausto Resmini, li chiamava tutti e a tutti offriva un supporto. «Prima o poi dovrò mettere ordine - mi diceva -, ma entrambi sapevamo che proprio in quel disordine c’era l’essenza del suo essere accanto agli emarginati». E allora socchiudeva quella porta e usciva dalle mura rassicuranti della sua comunità per incontrare i poveri tra i poveri e in quel percorso a piedi fino al cancello incontrava altri figli. Ragazzi sotto la sua tutela giudiziaria , esponenti di baby gang, autori di misfatti, ma per quel sacerdote di Lurano ,allievo di don Bepo Vavassori, erano solo bambini cresciuti in fretta senza regole,senza affetti.

Nel refettorio ogni ospite era impegnato in una mansione e i pranzi e le cene erano occasioni di incontro di una grande famiglia. Si ringraziava Dio per quel cibo e poi ci si raccontava . Buon padre è stato per questi giovani, don Fausto. Di ognuno conosceva il nome e la storia e molte di quelle vicende hanno avuto un lieto fine. Bulletti diventati uomini e padri amorevoli. Giovanotti destinati alla discarica umana capaci di cogliere i suoi insegnamenti e di ritrovare il senso della vita. La retta via.

Ma erano gli ultimi i suoi figli prediletti,quelli che gli altri rinunciavano a seguire perché senza speranza. Le telecamere di Bergamo Tv hanno più volte immortalato quella deriva. Attraverso le testimonianze dirette e i suoi racconti , abbiamo più volte acceso i riflettori sull’altra Bergamo, quella degli anfratti, delle case abbandonate e della paura del vivere. «Qui regna la rabbia - diceva -, basta un niente per accendere una lite». E allora lui ci accompagnava in quei luoghi più nascosti della nostra città e ci invitava ad osservare i suoi abitanti senza pregiudizi e paure.

Le giornate di don Fausto duravano settimane. Perché anche quando rientrava a notte fonda, a Sorisole, non era ancora tempo del riposo, ma della preghiera. «Bisogna aprire lo sguardo . Siamo responsabili di questa umanità ai margini. Non possiamo dimenticarci di loro, solo perché mostrano una città che fa fatica a vivere».

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