Cronaca / Val Calepio e Sebino
Venerdì 18 Marzo 2022
Mamme e bambini in fuga dalle bombe. «Scappati per proteggere i bambini, accolti a Fonteno»
Fonteno Il viaggio di Yana Ohol e Anastasiya Nakonechnaya, 41 e 27 anni, con i figlioletti Yaroslav e Masha. Partite da Krivoy Rog in auto: 2.300 chilometri in 30 ore. Accolte all’Hotel Panoramico: «Grate ai proprietari».
Nelle orecchie ancora il fragore dei bombardamenti, negli occhi l’incredulità di chi è dovuto scappare lasciandosi alle spalle casa, famiglia e amici senza sapere se potrà riabbracciarli. «Un sentimento che non si può descrivere». A raccontarlo sono Yana Ohol e Anastasiya Nakonechnaya, due madri di 41 e 27 anni partite da Krivoy Rog con i figli - Yaroslav e Masha, rispettivamente di otto e un anno e dieci mesi - senza nemmeno sapere dove andare ma che grazie alla collaborazione di più persone sono riuscite ad arrivare a Fonteno, dove da sabato sera sono ospiti all’Hotel Panoramico. È stato un viaggio lunghissimo il loro, oltre 2.300 chilometri percorsi con l’angoscia nel cuore per aver dovuto salutare i loro mariti, entrambi chirurghi e colleghi di reparto, per non mettere a rischio la vita dei figli.
«Mio marito e quello di Yana hanno trovato una macchina che ci ha portato da Krivoy Rog a Leopoli, tragitto per il quale normalmente ci vogliono dodici ore, ma noi ce ne abbiamo impiegate trenta»
«Sono stata svegliata il 24 febbraio da mio marito che mi diceva che era iniziata la guerra - racconta Anastasiya -. Non volevamo andarcene, ma lui ha insistito per proteggere nostra figlia. Sentivamo notizie di persone che sono morte cercando di lasciare il Paese, ma per salvare Masha era necessario rischiare. Mio marito e quello di Yana hanno trovato una macchina che ci ha portato da Krivoy Rog a Leopoli, tragitto per il quale normalmente ci vogliono dodici ore, ma noi ce ne abbiamo impiegate trenta». A Leopoli un’attesa incessante, tre giorni bloccati senza sapere dove andare. «Non conoscevamo nessuno e non riuscivamo a trovare un alloggio, pensavamo di andare in Polonia ma c’erano troppi fuggitivi. Abbiamo creduto di dover tornare indietro», continua Anastasiya. Ma è proprio nel momento più critico che dall’Italia si accende una speranza, quando Svetlana Yakovlyeva, amica d’infanzia di Yana trasferitasi in Italia 17 anni fa, riabbraccia i suoi genitori fuggiti dal conflitto. «La mamma di Yana è madrina di mia sorella, io non la vedevo da quando avevo 12 anni. Mia madre, che è invalida e in Ucraina era stata curata dal marito di Yana, mi ha detto che lei e Anastasiya erano disperate e in quel momento ho deciso che avrei fatto tutto il possibile per aiutarle». Con un tetto a Brescia e il cuore in Ucraina, Svetlana ha contribuito a organizzare il loro viaggio grazie al suo datore di lavoro che tramite il suo dottore ha contattato Giuseppe Bertoletti del Panoramico che senza esitare si è messo a loro disposizione.
La paura dei bambini
«Prima di partire Yaroslav aveva tanta paura negli occhi, ha otto anni e capisce la situazione. Partire senza il suo papà è stata la parte più difficile - racconta Yana -. A Krivoy Rog la guerra non è ancora arrivata, ma abbiamo sentito le esplosioni e siamo dovuti partire prima che la situazione degenerasse fino ad impedirci di scappare». Dopo un altro viaggio estenuante, finalmente l’arrivo in pullman a Brescia e quindi a Fonteno.
Catapultate in una nuova realtà, lo smarrimento iniziale in pochi giorni ha lasciato il posto a un senso di gratitudine verso l’Italia e tutti coloro che le stanno aiutando a non arrendersi in questo momento così difficile
Catapultate in una nuova realtà, lo smarrimento iniziale in pochi giorni ha lasciato il posto a un senso di gratitudine verso l’Italia e tutti coloro che le stanno aiutando a non arrendersi in questo momento così difficile. «Siamo partiti senza neanche sapere dove andare, non ci aspettavamo questo affetto. Siamo grate all’Italia e ai proprietari del Panoramico dal profondo del cuore», raccontano all’unisono. Inevitabile, però, che il pensiero resti costantemente rivolto verso chi è rimasto in Ucraina. «Nelle nostre famiglie siamo tutti medici, vogliamo tornare a casa e aiutare i nostri mariti. Abbiamo parenti in Ucraina e in Russia, è come un fratricidio. Se non ha ammazzato il Covid, ammazza la guerra. L’Ucraina è solo una moneta per risolvere i problemi politici di altri Paesi. Prego per la pace e la vittoria dell’Ucraina», chiude Yana
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