Tempo libero / Hinterland
Giovedì 15 Marzo 2018
Malattia e speranza si fanno arte
A Dalmine la mostra di Edi Fumagalli
Il nero della malattia, il bianco della speranza. Venerdì 16 marzo a Dalmine si inaugura la personale di Edi Fumagalli intitolata “Vi prego…a cuore aperto”.
All’interno della sala espositiva «Spazio Greppi», in piazza Caduti 6 luglio (inaugurazione venerdì 16 marzo alle 19), l’artista mette in mostra venti opere che raccontano il tema della malattia. Psoriasi, Hiv, fibrosi cistica, paraplegia, mielodisplasia: Fumagalli porta su tela la sofferenza di queste e altre patologie in un lavoro che colpisce per l’impatto emotivo. Non si tratta di quadri, ma di pittosculture: dipinti che escono dalla tela e si spostano nella terza dimensione. «In questo percorso artistico sono stato accompagnato da un amico malato, che mi ha aiutato a concepire le opere – racconta Edi Fumagalli –. Mi ha descritto il male, la sofferenza, io l’ho racchiusa nelle pittosculture con l’obiettivo di dare all’osservatore un pugno nello stomaco. Non manca ovviamente anche la cura, la speranza, che rappresento con il bianco». La mostra è patrocinata dal Comune di Dalmine e ha anche il sostegno dell’Avis.
Edi Fumagalli nasce a Bergamo nel 1977. Nel 1996 consegue il diploma all’istituto d’arte Andrea Fantoni, sezione decorazione pittorica. In seguito intraprende un quinquennio presso l’Art studio con la mansione di decoratore. Nel 2003 inizia un percorso come libero professionista. Crea un suo stile personale sperimentando vari materiali. Applica l’eleganza, la forza e la finezza dei tratti che lo contraddistinguono a ogni tipologia di struttura. Ha modo di collaborare al restauro e ripristino di dipinti affrescati nelle chiese di Brembate, Boltiere e altri edifici minori che lo condussero fino ai giorni nostri.
Fumagalli decide di accingersi, parallelamente, a un diverso percorso, più adatto all’animo artistico che gli appartiene. È un artista poliedrico che ama esprimere attraverso i suoi lavori la natura complessa e contradditoria dell’animo umano. In ogni suo quadro c’è sempre una tensione tra il lato razionale e quello irrazionale. La parte razionale è espressa dalle sue abilità e competenze decorative, che riescono a trasmettere una calma quasi fredda ai suoi lavori. Nello stesso tempo, però, si lascia sopraffare dall’irruenza travolgente del suo lato irrazionale, che lascia liberamente sfogare nelle sue opere attraverso le martellate, gli sfregi, i buchi e gli squarci.
I suoi lavori esprimono dunque questa continua lotta tra razionale ed irrazionale, tra positivo e negativo, senza voler trovare una sintesi o un’armonia tra questi due aspetti. Ad interessarlo infatti è proprio questo conflitto. Questa coesistenza è lasciata volutamente irrisolta di fronte allo spettatore, senza che ci sia possibilità di soluzione o scelta dei due aspetti in contrasto, ma anzi sperando di rinnovare la consapevolezza di tale contraddizione(e la sua piena accettazione). Il tema della malattia, a cui si è avvicinato per caso, ben rappresenta per lui questa tensione. A causa di quest’ultima il malato si trova immerso in conflitti, in cui la sofferenza si mescola a sprazzi di bellezza, la speranza a esplosioni di rabbia, la cura alla malattia, l’angoscia a momenti di sorprendente serenità.
Nelle sue trilogie, ogni malattia è da lui vista analiticamente e lucidamente, spesso in modo quasi scientifico. Ma la sensazione che ne permane è una tensione emotiva forte e rabbiosa, che fa entrare empaticamente nella contraddizione insita alla malattia: la bellezza della vita nella sofferenza. I lavori di Edi Fumagalli nascono inoltre dalla reale condivisione della malattia con il malato, con il quale l’artista è sempre in profonda relazione.
Inoltre, Edi utilizza le sue opere come catalizzatore, sfogando in esse la rabbia interiore che lo attanaglia. Il primo risultato è l’iniziazione del sodalizio Opera/Affezione, spinto e aiutato dal diretto legame con il “Paziente”, un tacito accordo che sfocia nella sua prima mostra personale.
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