Le storie dimenticate / Bergamo Città
Giovedì 31 Ottobre 2013
San Lorenzo, in fondo al ponte
alla ricerca della porta più antica
di Paolo Aresi
È nel destino di questa porta il numero due. Due sono i suoi nomi: San Lorenzo e Garibaldi. Due sono le porte stesse: una sopra e l'altra sotto. Esattamente. Avete storie del vostro paese o luoghi dimenticati da segnalare? Scrivete a [email protected]
È nel destino di questa porta il numero due. Due sono i suoi nomi: San Lorenzo e Garibaldi. Due sono le porte stesse: una sopra e l'altra sotto. Esattamente. Non molti lo sanno, ma se si dà un'occhiata, quando si è sul «ponte» che raggiunge l'ingresso di Città Alta salendo da Valverde (anche qui una coincidenza, un «doppio», la via è dedicata a Maironi da Ponte, per l'appunto): se si presta attenzione si nota che in basso, esattamente in corrispondenza del varco, si trova una struttura che fa pensare a un'altra porta.
Allora si torna indietro di una cinquantina di metri e si prende il viottolo sulla destra (con la porta alle spalle), ci si inoltra nel prato che sta sotto il «ponte», in direzione del muraglione: sotto la strada, al termine delle arcate, ecco la porta murata. L'antica, originale porta di San Lorenzo, costruita nello stile di porta S. Agostino, S. Alessandro, San Giacomo.
Ma che cosa ci fa la porta originale qua sotto? E perché è stata murata? Per quale ragione sopra questo varco ne è stato costruito un altro?
La porta San Lorenzo venne costruita con le Mura Venete attorno al 1580 a opera della Serenissima. Una grande opera difensiva, della misura di sei chilometri e duecento metri, ventisette anni di lavoro, circa un milione di ducati d'oro spesi, case, cascine, conventi e chiese abbattute, tra le altre la grande basilica di S. Alessandro che conservava le spoglie del santo patrono della città. La porta di San Lorenzo aveva una particolare importanza perché da qui partiva la nuova strada voluta da Alvise Priuli, rettore della città, che diede concretezza a un orientamento politico ed economico della Serenissima: migliorare i traffici via terra verso il centro Europa. La nuova strada partiva da dove, ancora oggi, si trova una colonna di marmo, all'inizio della Boccola, nei pressi della chiesa di San Lorenzo.
Da questa colonna i tecnici facevano partire le distanze progressive lungo la strada. L'inaugurazione avvenne nel 1593, pochissimi anni dopo la realizzazione della cinta muraria e della porta San Lorenzo. Inaugurarono il nuovo percorso tre mercanti dei Grigioni, con la loro carovana di una ventina di muli e cavalli. La strada faceva risparmiare tempo rispetto alla precedente Via Mercatorum: affrontava direttamente la Valle Brembana superando gli orridi di Sedrina, evitando il lungo giro da Selvino a Zogno o quello che transitava per Trafficanti, Serina e Dossena. Anche la Via Priula superava la Valle Brembana al Passo di San Marco e scendeva verso Morbegno, nella Valtellina che al tempo faceva parte dei Grigioni.
Con la Priula, la porta di San Lorenzo assunse una speciale importanza.
Tuttavia, dal punto di vista militare, la porta poteva apparire come un punto debole. Non era esattamente così. La porta si trova in fondo a una valletta, una sorta di imbuto ed è protetta da bastioni temibili, dal baluardo di San Pietro e da quello di San Lorenzo, forse il più munito della città. Eventuali aggressori sarebbero finiti in una specie di vicolo cieco, sotto le bombe dell'artiglieria veneziana.
Ma allora perché la porta venne murata e poi ricostruita? In effetti il fatto che venne costruita troppo in basso era un punto debole, soprattutto in caso non di un attacco in forze, ben visibile, ma di un qualche silenzioso colpo di mano che avrebbe poi spianato la strada agli aggressori. Non era l'unico problema di porta San Lorenzo: il luogo è una sorta di «impluvium»; in caso di grandi piogge, l'acqua scorreva dai fianchi e alle spalle della porta che finiva per venire semi sommersa. Accadeva che in caso di acquazzoni un torrente di acqua e fango si abbattesse sulla porta. In queste condizioni la difesa diventava ancora più ardua. Nel 1605 i responsabili della città decisero di chiudere l'accesso, di murare la porta.
Non erano anni semplici, era il tempo di Galileo Galilei, per intenderci, di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. La Serenissima aveva avviato la sua lunga crisi, le rotte si spostavano sull'Atlantico. I bergamaschi protestarono per la chiusura della porta che consentiva l'accesso alla strada Priula. Ritenevano un errore far compiere alle carovana altri due chilometri di strada per raggiungere la porta S. Agostino che già doveva smaltire il traffico proveniente dall'est, lungo la via Pignolo.
Finalmente, nel 1627, la città affidò all'architetto militare Francesco Tensini, il progetto per una nuova porta. Tensini pensò che il problema poteva venire risolto abbastanza semplicemente utilizzando la vecchia porta come solida base e costruendo il nuovo ingresso esattamente sopra quello vecchio realizzando al contempo un accesso, un «viadotto» ad archi. I bergamaschi versarono una quota ingente, quattromila ducati d'oro per la costruzione. La nuova porta risultò tuttavia abbastanza modesta e senza spazi riparati per le operazioni di dazio che dovevano avvenire all'aperto, nel gelo, nella pioggia e nella neve. Ma così fu, le due porte rimasero, una invisibile e l'altra piccola cenerentola delle Mura Venete.
Paolo Aresi
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