Le storie dimenticate
Giovedì 22 Agosto 2013
Valle Imagna, alla Roncaglia
il mistero del «Sacro Graal»
di Paolo Aresi
Si trova su una casa torre questa minuscola finestra, la cui sommità è chiusa da una curiosa pietra triangolare. Avete storie del vostro paese o luoghi dimenticati da segnalare? Scrivete all'indirizzo [email protected]
Si trova su una casa torre questa minuscola finestra, la cui sommità è chiusa da una curiosa pietra triangolare. Forse risale al XII secolo, forse è ancora precedente. Al centro della pietra triangolare troviamo incisa una croce greca. In fondo al braccio sinistro della croce (destro per chi guarda) è disegnato un contenitore e due gocce che cadono.
Dice Antonio Carminati, presidente del Centro studi Valle Imagna: «Abbiamo scoperto questo particolare pochi mesi fa. La finestrella è lì da sempre, è stata mantenuta anche quando la casa torre è stata rimaneggiata, probabilmente negli anni '80. Ma è una piccola finestra, nessuno si era accorto di quel particolare inciso al centro della pietra triangolare, nel luogo della chiave di volta. Quella specie di bicchiere che raccoglie le gocce che scendono dalla croce altro non è che la versione semplice, montanara direi, del Sacro Graal. Ecco, noi pensiamo che quella pietra e che quella casa torre risalgano al XII secolo, cioè stiano all'origine della contrada. Questo significa che fin quassù, in questo mondo rurale, la leggenda del Graal era arrivata, la leggenda del calice, della coppa che raccolse il sangue di Gesù e che quindi ha un valore religioso, simbolico straordinario».
Ma secondo la leggenda a questo valore del Graal si aggiungevano poteri straordinari, in grado di portare chi lo avesse rintracciato sulla soglia del mistero di Dio e dell'eternità. Il Sacro Graal è alla Roncaglia, una delle contrade più antiche della Valle Imagna, contrada che di recente è stata in parte recuperata con un restauro filologico, attento alla sua realtà medievale, dal Centro studi Valle Imagna.
Chi ha scolpito il Graal su quella pietra? Per quale ragione? Racconta Antonio Carminati qui, in questo pugno di case di pietra arroccate sul pendio, sotto un cielo di temporale: «Noi pensiamo che si debbano riscoprire le contrade per recuperarle, per ridare loro il vecchio valore. La contrada era un modo di vivere, non soltanto un gruppo di case. Le contrade precedono la formazione dei primi Comuni, che in Valle Imagna avviene attorno al 1250 quando Strozza, S. Omobono e S. Antonio di Berbenno si staccano dalla pieve di Lemine, cioè da Almenno. Questi nuclei di case in pietra probabilmente esistevano già nell'XI, forse nel X secolo, non sappiamo».
Alcuni particolari della casa torre rimandano a elementi di stile carolingio, epoca in cui la leggenda del Graal conobbe in effetti una forte espansione. La contrada ospitava 70/80 abitanti, una decina di famiglie. Era un luogo rurale, ma anche una sorta di fortezza. C'erano case, stalle, fienili, pollai, essiccatoi per le castagne... La gente viveva soprattutto di latte, castagne, segale, animali da cortile, uova. Le case erano in pietra, le stalle dovevano avere la copertura in paglia o in frascame.
Spiega Carminati: «Le case avevano un unico ingresso che portava al locale dotato di camino; quell'ingresso serviva anche la stalla. Animali e uomini entravano dalla stessa porta, i locali erano divisi, ma cucina e stalla erano comunicanti. Al primo piano stavano le camere, una o due, ed era il luogo dove si essiccavano i frutti, le castagne». Il cielo minaccia acqua, Carminati indica le pietre antiche, la mulattiera che arriva alla contrada e che poi continua per l'abitato di Corna, spiega che questa, fino ai primi del '900, era la strada principale della valle.
Il presidente del Centro studi entra nell'osteria, racconta: «Qui si trovava la piccola osteria della contrada. Nel nostro restauro abbiamo deciso di riproporla, con gli arredi tipici di allora. Abbiamo anche preparato quattro camere al piano superiore. Pensiamo sia importante che questi nuclei storici ritornino a palpitare, qui ci sono le nostre origini, la nostra identità. Dobbiamo rimediare allo sfacelo prodotto dagli anni '50 del secolo scorso in poi». L'osteria è semplice, ripropone i vecchi tavoli, i credenzini. Il menù è ghiotto, tipicamente di questi luoghi: formaggi, erbe, ripieni... La contrada era un mondo, con i suoi orti, i suoi campi, i suoi boschi. Ciascuna contrada tendeva ad avere una specializzazione. Per esempio, la Roncaglia era agricola, la contrada Canito era invece di boscaioli, la contrada Regorda di tagliapietre «picaprede»... Della Contrada Roncaglia il primo documento riguarda un tale «Lanfranco della Roncaglia» per via di alcuni possedimenti del figlio, confinanti con le terre del vescovo di Bergamo. Nel XIII secolo un documento cita «Albertus de la Roncalia» mentre nel XV secolo appaiono i Roncalli Quattrini. A proposito, si ritiene che il casato dei Roncalli (quello di Papa Giovanni XXIII) abbia potuto avere origine proprio in questo luogo. Ma il personaggio più antico conosciuto della Roncaglia è quel Lanfranco che si ritiene essere nato qui attorno al 1150.
Ma prima? Quando davvero nacque questo nucleo fortificato? Certi elementi architettonici che si riscontrano nella casa torre davvero possono essere definiti altomedievali o carolingi? E quindi il riferimento al Sacro Graal a che epoca potrebbe risalire? E perché qui? Le domande sono tante. Anche la decorazione delle pietre della finestrella è enigmatica. Che cosa indicano quelle linee oblique? Sembrerebbero raggi, raggi che partono dal croficisso, come a dire che lì si trova lo splendore della vita. E, guarda caso, finestra e crocifisso guardano a sud, il punto dove il sole lungo la giornata tocca il suo massimo splendore...
Paolo Aresi
9 - Continua
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