Prezzi dell’energia alle stelle, obiettivi di decarbonizzazione e accelerazione delle fonti rinnovabili. Le preoccupazioni delle imprese crescono. RePowerEu è davvero un’opportunità o rappresenta un rischio per le nostre imprese? Ne parliamo con Maurizio Delfanti, per anni professore al Politecnico di Milano e con pluriennale esperienza sul sistema elettrico, oggi amministratore delegato di Rse, Ricerca Sistema Energetico, la società, controllata dal Gestore dei Servizi Energetici, per lo sviluppo di attività di ricerca nel settore elettro-energetico, con particolare riferimento ai progetti strategici nazionali.
RePowerEu, transizione accelerata
«Abbiamo capito, nel corso degli ultimi due anni, la centralità del tema dell’energia, partendo dalla questione dei prezzi. RePowerEu, complice il contesto di guerra, chiede un’accelerazione di traiettorie, già tracciate dall’Europa, verso una rapida indipendenza da forniture critiche, come il gas naturale importato dalla Russia. L’accelerazione di RePowerEu costituisce una grandissima opportunità per le imprese e per i cittadini. Provvedimenti importanti sono già in atto anche a livello nazionale, come, ad esempio, i recenti decreti in materia di semplificazione delle installazioni per l’energia rinnovabile. Siamo in presenza di un clima molto favorevole, già colto dalle imprese e dai cittadini».
L’Unione Europea, con il piano RePowerEu, accelera la transizione verde e riduce la dipendenza dalla Russia
Nuove regole e, auspicabilmente, nuovi incentivi. Quale sarà concretamente il nostro prossimo futuro?
«Nuovi incentivi monetari non sempre servono. Il nostro futuro nella produzione di energia sarà dominato certamente dalle rinnovabili, con la sola necessità di stabilizzare nel tempo i segnali di prezzo che ne permettono l’installazione. Serve, però, una riforma del disegno di mercato, su cui si sta ragionando a livello europeo. Lo stesso ragionamento vale per i sistemi di accumulo: la discesa dei costi delle batterie, trainata dal settore delle auto elettriche, ha permesso l’affermazione di sistemi di accumulo nelle recenti aste del “Capacity Market”, a discapito di impianti convenzionali. Grazie ai contratti di lungo termine, una nuova tecnologia si sta affermando senza aggravare la spesa pubblica, anzi ottenendo significativi ribassi rispetto alla base di gara. Sul tema dei consumi di energia, RePowerEu, tra le altre cose, prevede l’abbandono delle caldaie a gas nelle nuove case nel 2029: si prospetta un futuro “completamente elettrico” per le nostre case ma, al contempo, una grande espansione per la filiera italiana delle pompe di calore».
RePowerEu prevede l’abbandono delle caldaie a gas nelle nuove case nel 2029: espansione delle pompe di calore
Quanto conta lo sviluppo smart delle reti per favorire il successo del RePowerEu? Qual è la situazione italiana?
«Partiamo da una situazione certamente di vantaggio, anche a livello internazionale. Le reti di distribuzione e di trasmissione italiane sono decisamente avanzate e riescono ad accogliere grandi quantità di energia diffusa sul territorio senza, per questo motivo, peggiorare i livelli di qualità del servizio. La sfida per la rete di trasmissione è la connessione di nuovi impianti a fonte rinnovabile, per sfruttare al meglio l’energia prodotta, anche in siti off-shore, trasferendola lungo la penisola. Per le reti di distribuzione locali, la spinta verrà dalla elettrificazione dei consumi. Basti pensare alle abitazioni “totalmente elettriche”, ma soprattutto alla mobilità elettrica, per capire quanto sia da sviluppare la rete di distribuzione nei contesti urbani. La mobilità elettrica vedrà uno sviluppo più rapido nei contesti fortemente urbanizzati, dove i vincoli all’inquinamento ambientale sono più stringenti: qui le reti dovranno alimentare una buona fetta dei 6 - 7 milioni di veicoli elettrici previsti per il 2030 e dovranno farlo in modo intelligente. Già oggi, per un guidatore elettrico, è possibile usufruire della ricarica notturna a potenza aumentata. Infatti, installando una “wall box” intelligente, possiamo elevare gratuitamente gli usuali 3 kW di prelievo a 6 kW nelle ore notturne. È l’unico caso, a livello mondiale, in cui si sfrutta la capacità dei “contatori smart” di ammettere diversi livelli di potenza nel corso della giornata, grazie alla collaborazione tra Arera, distributori di energia elettrica e il Gse, oltre al contributo della nostra Rse in termini di ricerca e innovazione».
Ricarica notturna a potenza aumentata delle auto con una “wall box” intelligente: da 3 kW a 6 kW nelle ore notturne
Quale può essere concretamente il contributo delle Comunità Energetiche Rinnovabili per contrastare il fenomeno crescente della povertà energetica tra le famiglie?
«A livello di norme e regole, si sta completando il passaggio dalla fase sperimentale a quella a regime, avendo già la certezza che la potenza degli impianti potrà andare fino a 1 MW per ciascuna singola installazione, sempre mantenendo lo “schema virtuale” già in vigore. È fondamentale il ruolo della Pubblica Amministrazione affinché le Comunità Energetiche Rinnovabili si concentrino proprio nei contesti che possano trarne maggiori benefici, non solo di tipo energetico, ma anche sociale, fino alla formazione di filiere corte dell’energia sui territori locali. Il governo è già tempestivamente intervenuto in termini di sussidi alle famiglie più fragili, ma è tempo di pensare a rimedi strutturali: le Cer sono certamente una possibilità per la lotta alla povertà energetica. Concentrando gli investimenti in contesti sociali di difficoltà, per esempio l’edilizia popolare, o in contesti territoriali meno fortunati, la spesa pubblica del Pnrr troverà una sua piena valorizzazione. Ma c’è di più: il ruolo complementare tra Stato e Regioni sta funzionando in maniera esemplare. Infatti, si assiste all’emanazione di molte leggi regionali, di cui la Lombardia dà un esempio, proprio per focalizzare il supporto pubblico alle Cer secondo le specificità locali, in maniera da risolvere strutturalmente le difficoltà dei territori. Con il supporto del Pnrr dovrebbero installarsi circa 2 GW di impianti rinnovabili, mentre la libera iniziativa privata supportata dal modello delle Cer dovrebbe portare, da qui al 2030, a ulteriori 5 GW di installazioni».
Le Comunità energetiche rinnovabili sono una possibilità concreta per la lotta alla povertà energetica
Riciclo delle batterie dei veicoli elettrici: potrebbe essere un’opportunità di economia circolare per l’industria dei nostri territori?
«Alla luce dell’incremento dei veicoli elettrici, è importante gestire al meglio le batterie al termine del loro impiego principale, quello per la mobilità. In questa prospettiva, sono in corso iniziative per la creazione di una filiera nazionale – con forte radicamento in Lombardia – che ci permetta di conferire una seconda vita alle batterie, qualora l’invecchiamento abbia compromesso le loro prestazioni. L’idea, già sperimentata in alcuni casi in Europa, è quella di riutilizzarle per accumulare energia rinnovabile, a vantaggio delle reti, ricombinando opportunamente i pacchi di batteria e dotandoli, ove occorra, di una nuova elettronica di controllo. Una volta esaurito anche questo utilizzo, si immagina di riciclare i materiali preziosi ancora presenti nelle batterie in modo da sostituire una parte delle materie prime critiche, in Europa importate oggi dall’estero».
Seconda vita delle batterie delle auto elettriche nell’accumulo, poi riciclo dei materiali preziosi
Idrogeno verde, altra sfida importante delle politiche europee, con una potenziale forte ricaduta sulle imprese. Che cosa serve per far nascere una filiera italiana?
«Se guardiamo oltre il 2030, allora il ruolo dell’idrogeno può diventare fondamentale: è un vettore pulito a cui si può affidare la decarbonizzazione di alcune tipologie di usi finali. Vale, ad esempio, per i trasporti su lunga distanza – aerei o marittimi – e per i settori industriali le cui emissioni sono difficili da abbattere, come la siderurgia, tanto importante nel contesto lombardo. In questo caso, la soluzione verde è certamente quella da preferire, perché ci permette di sfruttare il vettore idrogeno sotto due diversi e complementari punti di vista. Da un lato, la crescente quantità di energia elettrica da rinnovabile che risulterà eccedente rispetto al carico, in alcuni momenti dell’anno, potrà essere convertita in idrogeno e da lì magari in carburanti ad emissioni zero, garantendo quella quota di accumulo tra le stagioni che difficilmente potremmo conseguire in modi diversi. Dall’altro lato, la disponibilità di idrogeno e di carburanti sintetici ci permetterà di decarbonizzare settori altrimenti problematici. Solo sfruttando questa doppia valenza – nella produzione e nel consumo di energia – è possibile comprendere la convenienza dell’idrogeno verde rispetto ad altri combustibili convenzionali. E questo giustifica gli sforzi in corso, come le “Hydrogen Valley” che il governo promuove nel contesto del Pnrr, per le quali in Lombardia si è registrato già molto interesse».
Decarbonizzare i settori industriali come la siderurgia e i trasporti aerei e marittimi con l’idrogeno verde