Consumo di suolo, dispersione dell’acqua, agricoltura e allevamenti intensivi, inquinamento dell’aria, dell’acqua, del sottosuolo. In Italia, nel 2022, è il 15 maggio il giorno dell’«overshoot», del sovrasfruttamento delle risorse naturali rinnovabili dagli ecosistemi in un anno. Le emergenze ambientali, a partire dalla crisi climatica, si aggravano e continuano a distruggere le risorse naturali di tutto il mondo, anche se oggi le preoccupazioni maggiori sono suscitate dalla guerra e dalla pandemia non ancora debellata.
L’uomo ha vissuto per troppi anni senza preoccuparsi di quantificare il livello di consumo delle risorse e il pericolo di erosione del capitale naturale. Anche in Italia, a partire dal boom economico degli anni ’60 del secolo scorso, l’incremento costante del consumo delle risorse, la perdita della biodiversità, l’aumento delle emissioni hanno condotto a una situazione di sovrasfruttamento sempre più grave.
Ogni anno, dal 1987, il Global Footprint Network , l’organizzazione internazionale, con sedi negli Stati Uniti, in Belgio e in Svizzera, impegnata nella promozione di stili di vita sostenibili, calcola l’ Earth Overshoot Day, il giorno del sovrasfruttamento mondiale e dei singoli Paesi. In questo modo determina il giorno dell’anno da cui l’umanità e i vari Stati entrano in deficit ecologico, perché la domanda di risorse naturali e la capacità di assorbimento delle emissioni rilasciate in atmosfera superano quanto gli ecosistemi sono in grado di sostenere in un anno.
L’Earth Overshoot Day globale è annunciato, di norma, il 5 giugno, nell’occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente. I dati già elaborati offrono indicazioni significative in anticipo, come, appunto, la data dell’Overshoot Day dell’Italia. L’umanità intacca il capitale naturale, accumulando un enorme debito ambientale, ormai dal 1971, quando il livello rinnovabile di consumo di risorse fu oltrepassato per la prima volta. Da quell’anno la tendenza è sempre stata negativa e, soprattutto, ha continuato a peggiorare e ad arrivare in anticipo. Bisogna adeguarsi ai limiti imposti dalla natura e intraprendere davvero la strada dello sviluppo sostenibile. Il deficit dei Paesi ricchi è colmato importando risorse a basso costo dal Terzo mondo, costretto alla povertà ecologica, con gravi conseguenze per il 72 per cento della popolazione mondiale.
Se ogni Paese dovesse cavarsela solo con le risorse prodotte all’interno dei propri confini, agli italiani servirebbero più di 5 Italie, 5,3 per l’esattezza. In questa classifica l’Italia è seconda solo al Giappone e supera la Svizzera, terza, mentre Cina e Regno Unito sono appaiate al quarto posto. Nella classifica del consumo complessivo di risorse, interne ed esterne, gli Stati Uniti sono al primo posto: non basterebbero 5 Terre se tutto il mondo seguisse i loro consumi. Con quelli dell’Australia 4,5, della Russia 3,4. Per la Germania servirebbero tre pianeti, per l’Italia poco di meno, 2,7. Un italiano, per esempio, produce 488 kg di rifiuti e consuma 200 kg di carta in media in un anno. Genera 5,5 tonnellate di anidride carbonica usando ancora percentuali molto alte di combustibili fossili, all’origine di tre quarti dell’incremento globale di gas serra degli ultimi vent’anni. Si calcola che gli italiani, per rendere sostenibile il proprio impatto sull’ambiente, dovrebbero ridurre i consumi di almeno il 50 per cento.
Per spostare in avanti la data che segna la fine delle risorse annuali a disposizione, secondo il giudizio del Global Footprint Network, è necessario trovare soluzioni sostenibili in tutti i settori: alimentazione, edilizia, infrastrutture, trasporti, beni di consumo, servizi. Se prorogassimo la data del sovrasfruttamento di cinque giorni ogni anno, l’umanità tornerebbe ad essere in armonia con il pianeta già prima del 2050. Per esempio, la sostituzione del 50 per cento di consumo di carne con una dieta vegetariana contribuirebbe a spostare la data di 15 giorni. La riduzione delle emissioni di anidride carbonica della metà posticiperebbe la data di ben 93 giorni.
Lo spensierato consumismo
Lo spensierato consumismo, cioè l’idea che l’obiettivo dell’economia debba essere una crescita senza limiti, sta portando a un collasso planetario che, in breve tempo, se non si decide di cambiare direzione, può diventare irrimediabile. Gli esperti insistono sull’importanza di razionalizzare il modo di produzione e di consumo degli alimenti, di salvaguardare la natura, il suolo, le foreste, l’acqua, l’aria. Per raggiungere basse emissioni di carbonio, l’economia circolare è uno strumento importante, perché frena il depauperamento delle risorse. I governi devono agire rapidamente per non mettere a rischio la biodiversità e la vita umana.
L’unica specie che non rispetta le regole ecologiche del pianeta è proprio l’uomo, che da tempo consuma in modo smodato, deteriorando le risorse naturali a tal punto che, ogni anno, il budget annuale disponibile si esaurisce sempre più in anticipo. Nei mesi successivi l’uomo vive con il conto in rosso, indebitandosi con la natura. La fine anticipata delle risorse può innescare una serie di fenomeni, il primo dei quali è il cambiamento del clima a causa dell’ulteriore accumulo di anidride carbonica per la deforestazione e l’aumento dell’erosione del suolo. L’Europa, per esempio, consuma in un anno il 20 per cento delle risorse del pianeta, ben più di quanto dovrebbe.
Un futuro sostenibile è ancora possibile se saranno sempre più utilizzate le tecnologie economicamente ed ecologicamente vantaggiose già disponibili, a partire dalle fonti energetiche rinnovabili. Un’economia efficiente, senza un ambiente sano, non è possibile.
L’impronta ecologica italiana
più del triplo della disponibilità
L’impronta ecologica è un concetto introdotto da Mathis Wackernagel, svizzero, e William Rees, canadese, nel 1996. Il Wwf, a partire dal 1999, aggiorna periodicamente il calcolo dell’impronta ecologica nel Living Planet Report . L’impronta ecologica permette di raffigurare, in termini di superficie, l’impatto sull’ecosistema terrestre e di capire quando si oltrepassa la quantità di risorse messa a disposizione dalla natura. L’impronta ecologica del cittadino italiano medio, secondo i calcoli degli esperti, corrisponde a 3,11 ettari, mentre la disponibilità è valutata tra 0,82 e 1 ettaro pro capite. Gli italiani, in pratica, consumano più di tre volte quanto potrebbero.
Il Global Footprint Network calcola sia il giorno del sovrasfruttamento sia l’impronta ecologica. Ogni italiano, poi, produce un’impronta di carbonio di 7 tonnellate all’anno, grande 23 metri, come quella del piede di un gigante. E.On, la società delle energie rinnovabili, ha creato sulla spiaggia di Termoli, in Molise, un’installazione di sabbia per rendere visibile l’orma.