L’Italia presenta segni evidenti di desertificazione, che si manifesta con caratteristiche diverse in circa il 28 per cento del territorio. Le condizioni meteorologiche e climatiche, connesse con il riscaldamento globale di origine antropica, contribuiscono fortemente all’aumento della desertificazione, alla perdita di qualità degli habitat, all’erosione del suolo. La frammentazione del territorio e la densità delle coperture artificiali, con peggioramenti significativi in Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, aggravano la situazione. Intanto nasce CO2alizione Italia, l’iniziativa a cui hanno aderito oltre sessanta aziende italiane per accrescere il livello di impegno verso un’economia a zero emissioni di gas climalteranti.
Il 70 per cento delle aree libere da ghiacci, secondo le stime del Global Land Outlook, è stato alterato dall’uomo, con conseguenze dirette e indirette su circa 3,2 miliardi di persone. Si prevede che entro il 2050 questa quota possa raggiungere il 90 per cento. Oggi circa 500 milioni di persone vivono in aree dove il degrado ha raggiunto il suo massimo livello, ovvero la perdita totale di produttività, definita come desertificazione.
Tutto il pianeta è soggetto a fenomeni di degrado del territorio e del suolo rapidamente crescenti che, causando il declino della fertilità e della biodiversità, minano la fornitura dei servizi ecosistemici sui cui si fonda la vita umana.
Il dramma dell’Africa a sud del Sahara
L’Africa, in particolare, l’area a sud del Sahara, è la più colpita: il 73 per cento delle terre aride coltivabili sono già degradate o completamente desertificate. Anche Asia, Medio Oriente, Sudamerica presentano un alto rischio di degrado del suolo. Persino Paesi fortemente sviluppati, come gli Stati Uniti o l’Australia, hanno aree con alto rischio di desertificazione, come ad esempio gli stati centrali e occidentali degli Usa.
Nell’Unione Europa, i Paesi più coinvolti da effetti della siccità e fenomeni di desertificazione sono, innanzitutto, quelli del bacino del Mediterraneo: oltre l’Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Croazia, Cipro e Malta. Non sono immuni da fenomeni analoghi l’Ungheria, la Slovenia e la Romania.
Siccità inaudita nella pianura lombarda
La pianura lombarda, secondo l’Arpa Lombardia e il Centro Meteo Lombardo, è assetata come non è mai avvenuto. Quest’anno, in oltre metà delle località di pianura dotate di pluviometri, non si sono raggiunti nemmeno i 150 millimetri di precipitazioni, ovvero meno di un terzo delle piogge cumulate che cadono mediamente tra gennaio e giugno. La situazione più grave riguarda la pianura risicola, tra la provincia di Pavia e quella di Lodi. Non va meglio sui rilievi appenninici dell’Oltrepò, dove i torrenti sono in secca: in diversi centri della valle Staffora si sta iniziando a razionare la fornitura idrica.
Assenza di rifornimento dai bacini alpini
Ciò che è più grave è l’assenza di rifornimento dai bacini alpini, che in questo periodo dovrebbero beneficiare ancora delle acque del disgelo: la neve è scomparsa da tempo anche alle quote più alte. Il caldo spinge lo zero termico ad altitudini superiori ai 4000 metri: ora stanno fondendo, con un anticipo di un mese e mezzo, le nevi e i ghiacci ormai non più perenni. In ogni caso si tratta di apporti largamente insufficienti a far fronte alla sete dei campi.
Fermare e recuperare il degrado del suolo
L’Ispra, nell’occasione della Giornata mondiale, indetta il 17 giugno dalle Nazioni Unite, per la lotta alla desertificazione e alla siccità, ha presentato le azioni programmate a livello europeo e nazionale per raggiungere gli obiettivi di neutralità nella degradazione dei suoli e i principali risultati della Cop 15 sul tema, tenutasi ad Abidjan, in Costa d’Avorio, dal 9 al 20 maggio, cui hanno partecipato, nella delegazione italiana, anche rappresentanti dell’Ispra.
La convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione e agli effetti della siccità (Unccd) è il quadro di riferimento globale, avendo assunto come focus delle azioni il raggiungimento della neutralità nella degradazione dei suoli. L’Italia si è impegnata a definire i traguardi operativi previsti per conseguire un tasso di degrado netto pari a zero.
La Cop 15 di Abidjan ha ribadito l’urgenza di garantire azioni coordinate e di investire per fermare e recuperare il degrado del territorio e del suolo, lanciando un appello globale e unitario ai governi ad agire per invertire i processi in corso.
La strategia europea per il suolo al 2030
I fenomeni sono crescenti anche nei Paesi dell’Unione europea: di fronte alla minaccia occorre rafforzare le misure per fermare e recuperare il degrado del suolo. Nel novembre 2021, in collegamento con la Strategia europea per la biodiversità, è stata presentata un’articolata e ricca Strategia europea per il suolo al 2030, che contiene iniziative concrete per proteggere e ripristinare i suoli e garantire che siano utilizzati in modo sostenibile, definendo obiettivi per i terreni sani entro il 2050 ed azioni entro il 2030. La strategia è il primo passaggio verso la definizione di una nuova legge europea sulla salute del suolo entro il 2023, per garantire parità di condizioni e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute, per la cui si sono impegnati tutti i 27 Paesi dell’Ue.
I dati allarmanti della Lombardia
I bacini montani dei grandi fiumi, da cui dipende la gran parte dei fabbisogni agricoli e industriali, presentano un inedito deficit di precipitazioni, secondo i dati periodicamente aggiornati da Arpa Lombardia. Da inizio anno nel bacino montano dell’Adda sono caduti 270 mm di pioggia, mentre è andata un po’ meglio nella catena orobica, in cui mediamente si sono misurati 340 mm. La precipitazione misurata nello stesso periodo negli ultimi quattro anni era pari a circa 460 mm nel bacino dell’Adda e a 660 in quelli di Brembo e Serio. Il deficit pluviometrico accumulato complessivamente da inizio anno nei bacini alpini è valutabile in circa 4 miliardi di metri cubi d’acqua.
Il grave deficit idrico si ripercuote, in primo luogo, sui laghi prealpini, che funzionano da enorme serbatoio, il cui rilascio è gestito dagli enti regolatori che manovrano le dighe degli emissari modulando la portata dei grandi fiumi (Ticino, Adda, Oglio, Chiese e Mincio) per rispondere ai fabbisogni dei grandi utilizzatori idrici e, in particolare, dei consorzi irrigui.
Il Garda è l’unico che dispone ancora di oltre la metà del volume di invaso, mentre la situazione è critica per il Maggiore, il cui livello è ormai sotto lo zero idrometrico e che sta riducendo i rilasci di portata, ed anche per il Como, in cui il livello sta scendendo al ritmo di 7 centimetri al giorno.
Legambiente: proteggere la vita nei fiumi
«Oggi quello che da anni si paventava per il futuro sembra già essere la realtà. Si preannuncia una battaglia dell’acqua tra i grandi utilizzatori, anche se la coperta è corta per tutti: non ci sono grandi margini di contesa di una risorsa idrica mai così scarsa», constata Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. «Anche i fiumi devono essere rappresentati nei tavoli istituzionali, “legittimi proprietari” dell’acqua prelevata a scopi produttivi. Occorre assicurare che il deflusso sia garantito lungo tutte le aste fluviali, per evitarne la morte biologica: derogare all’obbligo di deflusso vitale porta pochissimi vantaggi in termini di disponibilità idrica in agricoltura, ma causa danni ambientali potenzialmente irreparabili».
Dal territorio arrivano già numerose testimonianze della sofferenza dei fiumi lombardi, dovuta alla scarsa portata e ai suoi effetti sulla concentrazione di inquinanti, l’eutrofizzazione e il surriscaldamento dell’acqua. Esiste il rischio, procedendo la stagione, di morie generalizzate della fauna ittica.
«Al punto in cui siamo, occorre compiere ogni sforzo per limitare i danni all’agricoltura. Ma il problema vero, come ripetiamo da anni, non è la scarsità di acqua, ma il fatto che ne utilizziamo troppa in un quadro climatico cambiato», afferma Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. «Da sempre la nostra è la regione italiana di gran lunga più dotata di riserve idriche. Già da due decenni queste riserve non sono più una garanzia di disponibilità illimitata. Occorre introdurre tecniche irrigue più efficienti e modificare gli ordinamenti colturali, diversificando le colture, oggi dominate dalle due specie in assoluto più esigenti in termini irrigui, il riso e soprattutto il mais».
Le imprese per la neutralità climatica
Intanto il mondo delle imprese scende in campo per tagliare le emissioni di gas climalteranti, all’origine del riscaldamento globale e dei conseguenti cambiamenti climatici. Nasce CO2alizione Italia, l’iniziativa a cui hanno aderito oltre sessanta aziende italiane per aumentare il livello di impegno verso la neutralità climatica attraverso l’adozione di una pratica di governance innovativa, che vede lo statuto societario come strumento della formalizzazione dell’impegno. Le aziende aderenti si impegnano a evolvere progressivamente il proprio modello di business e il modello operativo verso un’economia a zero emissioni di gas climalteranti. L’obiettivo è integrato all’interno dello statuto societario, così che diventi una vera e propria finalità dell’impresa, oltre a quella di generare utili, protetta nel tempo, anche in caso di aumenti di capitale, cambi di management, passaggi generazionali, quotazione in borsa. CO2alizione Italia ha l’obiettivo di diffondere questa pratica affinché venga adottata dal numero più ampio possibile di aziende, così da contribuire al raggiungimento del traguardo della neutralità climatica fissato dall’Unione Europea al 2050 e contrastare il riscaldamento globale, in linea con l’Accordo di Parigi sul clima e il principio della transizione ecologica.
L’iniziativa è stata presentata con l’Associazione Civita, alla presenza della segretaria generale, Simonetta Giordani, del presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, e degli esponenti delle aziende aderenti. La recente integrazione della tutela dell’ambiente nella Costituzione ha formalizzato l’impegno dell’Italia. L’inserimento della neutralità climatica tra le finalità statutarie delle aziende rappresenta la volontà formale del settore privato al raggiungimento dell’obiettivo di protezione del clima.
Alcune delle aziende aderenti
Hanno aderito a CO2alizione Italia: Aboca, Acetificio De Nigris, Adr Center, Antica Erboristeria, Arkage, Beste, Cef Publishing, Chiesi Group, Damiano, Danone Italia, Davines, E’ambiente, E80, Emsibeth, Enetec, Engine, Erbolario, Erbolario Franchising, Eurotherm, Evogy, Fedabo, Feudi San Gregorio, Fileni, Florim, Garc Ambiente, Garc, Gelit, Grassi, Green Future Project, Gruppo Hera, Gustibus Alimentari, Illycaffè, Intexo, Irritec, Jonix, Kerakoll, Lazzerini, Lenet Group, Lundbeck Italia, Mine Studio, Mutti, Nativa, Nespresso Italiana, Nwg Energia, Nwg Italia, Onde Alte, Palm, Panino Giusto, Pattern, Perlage Winery, Fratelli Piacenza, Polimi Graduate School Of Management, Redo, Renovit, Reti, Sales, Save The Duck, Siav, Slowear, Snam, The Id Factory, Vicook, Way2global.
Voci dalle imprese aderenti
«In assenza di leggi e piani regolatori coraggiosi – afferma Paolo Di Cesare, cofondatore di Nativa, tra i promotori di CO2alizione – è essenziale adottare strumenti innovativi capaci di liberare le energie creative dei singoli e dare vita a processi collaborativi mai sperimentati prima. Per questo motivo è necessaria una condizione abilitante in grado di rendere permanente e istituzionalizzare, come parte integrante della governance aziendale, l’azione delle imprese verso il raggiungimento della finalità di neutralità climatica, affiancandola alla finalità di profitto. È giunto al termine il tempo delle promesse generiche. Comincia il tempo dell’impegno elevato a finalità stessa dell’impresa».
«Innovare al fine di eliminare il proprio contributo alla crisi climatica è un imperativo per qualsiasi impresa e per tutte le attività umane. Queste prime 60 aziende hanno scelto di innovare la propria governance in maniera innovativa. Confidiamo che la leadership che esprimono dia inizio alla diffusione di questa pratica su scala nazionale, continentale e planetaria», commenta Eric Ezechieli di Nativa.
«La decisione di un gruppo di imprese di diventare leader dell’azzeramento delle emissioni di gas serra – aggiunge Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – offre un contributo importante all’aumento dell’impegno nazionale contro la crisi climatica. Dimostrare che un gruppo di imprese può avere successo nel percorso della neutralità climatica, senza costi eccessivi e con buoni risultati anche economici, porta un contributo significativo al taglio delle emissioni di gas serra. È ancora più importante perché genera un effetto di trascinamento a livello nazionale e internazionale».
«Siamo il più grande gruppo farmaceutico internazionale certificato B Corp», commenta Maria Paola Chiesi, del gruppo farmaceutico Chiesi di Parma. «Per noi standard e quadri di misurazione completi e duraturi sono essenziali per incoraggiare e tracciare i progressi verso una società a zero emissioni, poiché permettono alle aziende di pianificare e implementare azioni specifiche, aiutando i cittadini e i decisori politici a identificare misure di mitigazione che facciano davvero la differenza. Appoggiamo CO2alizione Italia per stimolare un cambio di paradigma verso un modello di business misurato e certificato, che abbia un impatto positivo su persone, società, territorio e pianeta».
Salvatore Castiglione di Danone Italia dice: «Fare parte di CO2alizione Italia per Danone, già “società benefit” e certificata B Corp dal 2020, significa integrare nel nostro statuto societario, oltre agli impegni già assunti, anche l’impegno di neutralità climatica. Per questo motivo abbiamo progetti interni all’azienda come ZERO3, un piano che rappresenta già una parte della risposta a questo cambiamento, rendicontando anno per anno la riduzione delle emissioni di CO2 e non solo».
«Per Fileni, l’adesione a CO2alizione è un ulteriore tassello di un percorso sostenibile che, iniziato più di vent’anni fa, ci ha portato oggi ad essere il punto di riferimento per le proteine biologiche in Italia. Un percorso che si concretizza ogni giorno con gli impegni che ci siamo assunti nel nostro Manifesto di Sostenibilità che, non a caso, si intitola Scegliamo di difendere il futuro», spiega Roberta Fileni, vicepresidente del gruppo Fileni.
«In vent’anni di storia, il gruppo Hera ha messo al centro della strategia un impegno crescente per la responsabilità sociale d’impresa e la sostenibilità, evolutosi e maturato nel tempo con l’introduzione di un approccio strategico volto alla creazione di valore condiviso. L’inserimento, l’anno scorso, del concetto di “corporate purpose” (scopo aziendale, ndr) nello statuto di Hera e la recente trasformazione in “società benefit” della controllata Hera Luce hanno confermato l’impegno del gruppo in questo percorso, a beneficio dell’ecosistema territoriale di riferimento e delle generazioni future», commenta Alessandro Battistini, direttore generale di Hera Luce.
- Desertificazione in quasi il 30 per cento del territorio italiano. La risposta delle imprese
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