Il nuovo rapporto dell’Onu sul cambiamento climatico non ammette più ritardi: sono necessarie «riduzioni immediate e profonde delle emissioni di gas serra in tutti i settori». Senza il calo sostanziale dell’uso di carbone, petrolio e metano e il ricorso alle fonti alternative, sarà impossibile limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi, che può essere raggiunta già nel 2031, e poi a 2 gradi, con gravissime conseguenze in tutto il mondo.
Energia, le fonti rinnovabili più convenienti
L’impatto sugli ecosistemi e sui sistemi economici e sociali sarà tremendo, con danni umanitari, ambientali e finanziari incalcolabili. Il principale alleato è l’innovazione tecnologica, che sta determinando una significativa riduzione dei costi, in primo luogo delle fonti energetiche rinnovabili. I flussi finanziari verso queste tecnologie stanno crescendo significativamente, ma si dovranno moltiplicare in misura ancora più rilevante. Qui entra in gioco la capacità della politica di definire contesti legislativi e regolatori favorevoli alla necessaria e urgente transizione.
I danni dell’inazione assai più rilevanti
Stefano Pareglio, independent senior advisor di Deloitte, l’azienda di servizi di consulenza e revisione per le imprese, la prima nel mondo in termini di ricavi e numero di professionisti, osserva: «Quello dell’Ipcc è un richiamo molto forte, ma con una vena di speranza, da cui nessuno può sentirsi escluso: istituzioni, governi, autorità di regolazione, imprese, organizzazioni non governative, cittadini. L’entità del cambiamento negli stili di vita, di produzione, di consumo è evidente, mentre il tempo per realizzarlo è assai poco, se vogliamo davvero evitare danni ecologici irreversibili e costi economici e sociali assai più rilevanti di quelli che dovremo comunque affrontare per ridurre le emissioni e adattarci al clima che cambia».
«Tecnologia e finanza sono leve decisive per sostenere il cambiamento, che rappresenta una straordinaria occasione di crescita economica e di sviluppo per nuove industrie, nuovi stili di vita, nuove aree del pianeta». «Le imprese italiane ed europee sono consapevoli della necessità del cambiamento – commenta Franco Amelio, team leader sustainability di Deloitte. – Da anni hanno avviato azioni di decarbonizzazione. Il Rapporto dell’Ipcc richiama a fare di più e più in fretta. Alle aziende è richiesta visione, competenza tecnica, capacità organizzativa, rigore procedurale e velocità di esecuzione. La tecnologia abiliterà i cambiamenti, mentre la finanza li sosterrà, perché più remunerativi e meno rischiosi».
Minacciato il benessere in tutto il mondo
Secondo Stefano Caserini, professore di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, socio fondatore e membro del consiglio direttivo di Italian Climate Network, il terzo volume del sesto rapporto dell’Ipcc dice chiaramente che «senza azioni di mitigazione urgenti, efficaci ed eque, il cambiamento climatico minaccerà sempre più il benessere delle persone in tutto il mondo, gli ecosistemi e la biodiversità».
D’altra parte, il rapporto dice chiaramente che agire per mitigare il cambiamento climatico offre molti benefici per il perseguimento dello sviluppo sostenibile e la transizione energetica molte opportunità per creare più posti di lavoro durevoli. Per quanto riguarda il tema della finanza sostenibile, secondo Caserini, il documento dell’Ipcc chiarisce che ci sono capitali e liquidità globali nel sistema finanziario sufficienti per colmare il divario tra gli investimenti globali necessari per politiche di mitigazione ambiziose e quelli previsti fino a oggi.
Accelerare la transizione è indispensabile
Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, osserva: «Questo rapporto mostra che, benché alcuni settori stiano andando nella giusta direzione, il cambiamento climatico si sta muovendo molto più velocemente di noi. Non possiamo più aggrapparci ai combustibili fossili inquinanti, che stanno rovinando il clima e distruggendo il mondo naturale da cui dipendiamo. Il Mediterraneo è tra le regioni del mondo più a rischio. Occorre investire su larga scala, ricorrendo alle fonti rinnovabili pulite, risparmiando e usando in modo più efficiente l’energia, ripristinando la natura, abbandonando le pratiche commerciali insostenibili e non lasciando nessuno indietro nella transizione».
Le soluzioni esistono: adottarle è urgente
«I combustibili fossili sono la causa principale della crisi climatica, dei conflitti e della guerra, che provocano immense sofferenze alle persone di tutto il mondo. Non c’è più spazio per nuove attività di ricerca ed estrazione di fonti fossili: smettiamo di investire denaro in questi combustibili per il profitto di pochi», afferma Martina Borghi, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace Italia. «Il rapporto indica ai governi locali che bisogna investire nell’energia pulita e ridurre le emissioni derivanti dai consumi. Le città possono giocare un ruolo chiave per salvare il clima, con una mobilità sostenibile accessibile a tutti e a basse emissioni e l’aumento degli spazi verdi urbani», dichiara Chiara Campione, coordinatrice del progetto Hack Your City di Greenpeace.
Trattare la crisi climatica come tale
Martina Comparelli, di Fridays for future, rileva «l’incapacità di personaggi di spicco della vecchia generazione di trattare la crisi climatica come tale. Forse non si tratta di incapacità, ma di semplice mancanza di volontà, che è ancora più grave. La maggioranza della classe politica italiana dimostra una grave miopia. Continua a vedere il clima come un tema isolato, quando in realtà contiene molte altre questioni, come la geopolitica e i diritti umani. Mancano analisi profonde e ragionate. Se l’obiettivo fosse davvero fare proposte politiche serie, non si affronterebbe il tema del clima con un tweet».
Auto a idrogeno e biocarburanti? Meglio elettriche
Leonardo Setti, docente della facoltà di Chimica Industriale all’Università di Bologna, ribatte a chi sostiene, per esempio, che l’auto elettrica rappresenti solo una delle soluzioni, ma non l’unica, e che l’idrogeno e i biocarburanti possano dare un proprio contributo. «Le auto a idrogeno sono elettriche con una batteria al litio e mantengono la dipendenza dall’approvvigionamento della materia prima dalla Cina. In più, però, richiedono il triplo delle rinnovabili di un’auto elettrica a batteria, perché la produzione dell’idrogeno è tre volte più energivora. Non riusciremo neppure a produrre l’idrogeno necessario in Italia e saremo costretti a importarlo con gli stessi gasdotti o navi “hydrogen liquefied”, come oggi il metano».
«I biocombustibili? Per alimentare tutte le auto, in Italia avremmo bisogno di coltivare 7,5 milioni di ettari di terreno agricolo per produrre biodiesel o biometano, quando ne abbiamo a disposizione solo 6,5 milioni. Saremo così costretti a importare biometano o olio di palma attraverso la deforestazione di altri Paesi. In un caso o nell’altro avremo bisogno delle raffinerie, delle pipeline, delle navi e dei distributori, ma anche delle miniere di materiali più rari del litio».
Carbone, riduzione prima dell’uscita
Il carbone, com’è noto, è la fonte fossile più inquinante e climalterante, così che la Conferenza sul clima di Glasgow, nel novembre scorso, ne ha deciso la «riduzione» entro il 2040: si ricorderà che fu l’India a imporre di usare, per ora, il termine «riduzione» e non «uscita». «Nei prossimi vent’anni – osserva ancora il professor Stefano Caserini – l’Italia deve azzerare le emissioni nel settore energetico. Lo farà con le rinnovabili. L’Agenzia internazionale dell’energia dimostra come le riduzioni avverranno con queste fonti e con l’efficienza energetica».
La fusione nucleare? Per ora non esiste
«Trent’anni fa la fusione nucleare era prevista per oggi», aggiunge Caserini. «Non si sa se, quando arriverà, sarà disponibile a prezzi convenienti. Il costo delle fonti rinnovabili, competitive rispetto a quelle fossili, è diminuito moltissimo. Quando arriverà il nucleare di nuova generazione dovrà essere conveniente rispetto al chilowattora prodotto con le rinnovabili. Confidiamo che tra vent’anni le rinnovabili saranno ancora più convenienti. Non investirei su una centrale nucleare, perché è uno sviluppo tecnologico di cui non conosciamo il prezzo».
Confindustria: 60 GW di rinnovabili in tre anni
Molto più conveniente puntare decisamente sulle fonti rinnovabili che accanirsi su quelle fossili o aspettare la fusione nucleare. Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, l’organizzazione di Confindustria i cui associati rappresentano la metà della potenza installata rinnovabile in Italia, ricorda: «Installare 60 GW di rinnovabili nei prossimi tre anni è la soluzione per aumentare la sicurezza e l’indipendenza energetica. E in questo modo si può ridurre drasticamente la bolletta elettrica. I nuovi impianti rinnovabili faranno risparmiare 15 miliardi di metri cubi di gas ogni anno, ovvero il 20% del gas importato . O, in altri termini, oltre 7 volte rispetto a quanto il governo stima di ottenere con l’aumento dell’estrazione di gas nazionale». Il settore è pronto a investire 85 miliardi di euro, creando 80mila nuovi posti di lavoro e offrendo un grande slancio all’economia italiana.
La transizione ecologica è una necessità
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha ricordato, alla Youth4Climate del settembre scorso a Milano, che la «transizione ecologica non è una scelta, è una necessità». L’ideologia, insomma, non è perseguirla con convinzione, ma pensare che si possa continuare a investire sulle fonti fossili, che conducono solo all’ulteriore aumento dei gas serra e, quindi, alla catastrofe climatica. L’economia, senza l’ambiente, è impossibile.
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