Italia-Germania, un eco-sistema unico
Italia-Germania, una partnership che cresce, si rafforza e diventa sempre più interconnessa non solo in termini di interscambio commerciale, il 2022 ha segnato il record storico di scambio fra i due paesi con oltre 168,5 miliardi di valore con un +18,2%. Un record anche per l’interscambio della provincia di Bergamo con le imprese tedesche che anche nel primo trimestre 2022 segna un valore della bilancia commerciale oltre 930 milioni, con un aumento del 12% e concentrato soprattutto sui prodotti della meccanica e meccatronica, macchinari e automazione (177 milioni, +16,4%) e i prodotti chimici (171 milioni, +11,9%), seguono mezzi di trasporto (169 milioni, +25%) i prodotti del settore gomma-plastica (142 milioni con un + 12,3% di incremento).
Se questo in sintesi è il quadro, rafforzare questa relazione diventa non solo inevitabile, ma strategico per entrambe i paesi. E la direzione è di un ulteriore salto di qualità del modello e dello stato di relazioni economiche fra i due paesi, occorre fare diventare l’eco-sistema Italia-Germania «una cosa sola».Già Mario Draghi, da premier italiano, aveva sottolineato come l’eco-sistema italo-tedesco «sia sempre più spesso un’unica catena del valore». I sistemi industriali si compenetrano sempre più, le sfide sono le stesse e per molti aspetti anche le vulnerabilità dei due sistemi sono molto simili. Perché questa relazione non diventi quindi un rischio occorre accelerare l’interconnessione della partnership. Anche perché il rapporto industriale Italia-Germania è visto come un vantaggio per la stragrande maggioranza delle imprese, e molte di loro lo considerano un vero e proprio asset strategico e di leva competitiva soprattutto per la transizione ecologica, le catene di fornitura e la trasformazione digitale.
Sul tappeto le sfide sono molto chiare: accelerare gli investimenti per garantire la transizione digitale delle imprese, dentro le aziende e in relazione al proprio eco-sistema produttivo e di settore, a cominciare dalle proprie filiere. Ma poi, processo che invece si è un po’ fermato, nella trasformazione energetica e ambientale.
Presidente della Camera di commercio italo-germanica, Ahk Italien
I driver di questo percorso di crescita sono già tutti definiti. E sono emersi chiaramente sia dagli interventi in aula sia dalla fotografia scattata dall’indagine Ipsos per conto della Camera di Commercio italo-tedesca presentata questa mattina nel corso del Forum economico italo-tedesco dedicato alle “Sfide globali per l’ecosistema Italia-Germania”. «Transizione, energia e investimenti sono i temi su cui vogliamo focalizzarci per rafforzare la nostra partnership e sprigionare tutto il potenziale dei nostri sistemi produttivi rendendo sempre più vivo l’ecosistema che unisce Italia e Germania» ha spiegato la presidente della Camera di commercio italo-germanica, Ahk Italien, Monica Poggio, aprendo i lavori del Forum.
Sfide e interessi sono sempre più comuni fra i sistemi economici dei due paesi. «La recessione tecnica tedesca pone dei rischi anche al sistema italiano che ha in Berlino il partner principale – spiega Poggio -, soprattutto per settori nevralgici per la produzione italiana e per le aree più produttive. Per evitare che questa interconnessione diventi un rischio - secondo la presidente di Ahk Italien - occorre sfruttarla come una risorsa, pianificando politiche industriali coordinate e utilizzando tutto il peso della nostra partnership anche sul piano europeo». E in questa direzione allora «tutelare la nostra manifattura innovandola - aggiunge Poggio - sarà centrale per garantire un futuro ai nostri due Paesi e al sistema produttivo europeo».
Ministro delle Imprese e del Made in Italy
Una riflessione che ha trovato subito una prima risposta nel messaggio inviato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il quale ha annunciato che con il vice cancelliere della Germania Robert Habeck «abbiamo ribadito che le due potenze manifatturiere del Continente devono lavorare innanzitutto ad un’agenda positiva che stimoli la crescita e supporti le nostre imprese nei casi di palesi violazioni di regole di condotta o di norme stabilite in sede multilaterale da parte di altri attori globali». Urso, poi, nello stesso messaggio ha anticipato che nei prossimi giorni incontrerà di nuovo Habeck. Il confronto verterà su «come garantire approvvigionamenti sicuri alle nostre imprese e per concordare una strategia condivisa sul rafforzamento della cooperazione industriale bilaterale sulla via della doppia transizione climatica e digitale», ha concluso Urso.
Germania, più fiducia sulla situazione economica
L’indagine Ipsos si è quindi focalizzata sul ruolo, sui protagonismi e sulle attese delle aziende che guardano a questa stretta relazione. Ma passando prima da una survey per testare il livello di percezione delle popolazioni dei due paesi, sia come cittadini, sia come consumatori. Germania e Italia godono entrambe della migliore reputazione in un contesto europeo, Germania al primo posto, Italia al secondo (escludendo dall’Ue Giappone e Canada). Italia davanti anche a Francia e Regno Unito. Ma in Germania c’è un contesto più positivo che in Italia: la percezione della situazione economica è decisamente migliore a Berlino, 50,3% rispetto a Roma (43,8%, sesta posizione in Europa) su un valore medio globale di 46,2%. Valutazione che si ripercuote anche sulla soddisfazione dei consumatori, i tedeschi hanno un livello di fiducia più elevato (53%) e le persone sono più soddisfatte della propria situazione economica rispetto all’Italia (29%). Tuttavia, se si considerano le prospettive future, il divario tra Italia e Germania si riduce, e cresce al 35% in Italia (si pensa di “andare nella direzione giusta”) ma scende al 42% in Germania.
consigliere delegato AHK Italien
Un ultimo passaggio guarda al rapporto fra imprese e cittadini. Italia e Germania sono al di sopra della media per livello di fiducia espressa dai consumatori verso le proprie aziende e dei loro manager-imprenditori. «Tuttavia, c’è margine di miglioramento aumentando la credibilità – ha sottolineato Jörg Buck, consigliere delegato AHK Italien, nella presentazione dei dati -, e attraverso un maggiore impegno per garantire e creare imprese sempre più trasparenti rispetto a quello che fanno e a come lo fanno. Ma soprattutto, e questo vale come fattore ritenuto il più importante in Germania, per rendere più credibili le imprese e sentirsi più responsabili nel mantenere le promesse e i propositi fatte (38%)».
Investimenti a rilento nella eco-transizione
In questo scenario le imprese devono riconquistare la fiducia dei consumatori. E la richiesta di maggiore responsabilità d’impresa e degli imprenditori è un po’ la lettura di questa parte della ricerca.
Si guarda anche molto al futuro, con davanti le due grandi sfide, le due transizioni digitale ed energetica-ambientale. Due passaggi che le imprese dei due paesi stanno affrontando con investimenti, su due fronti in particolare: l’83% delle aziende ha investito nel corso dell’ultimo anno, soprattutto in formazione dei profili professionali, in maggiori competenze (50%) e in tecnologia, per accelerare soprattutto la trasformazione digitale (44%) delle imprese. In ambito digitale sono quattro le aree in cui si sono concetrati gli investimenti: cybersecurity, Servizi al cliente (Crm), strumenti e competenze per la data analisys, infrastrutture cloud aziendali. Subito dopo, con un 17% di aziende, resta il tema della tecnologia IoT.
Aziende invece meno dinamiche sul fronte della transizione ecologica, gli investimenti in questo ambito arrivano solo al quinto posto delle scelte: nell’ultimo anno solo tre aziende su dieci, il 32%, ha infatti investito in questa trasformazione. E chi lo ha fatto, si è concentrato nella maggior parte dei casi, per aumentare l’efficienza energetica dei propri siti produttivi o dei processi industriali, una scelta evidentemente spinta soprattutto dall’emergenza energetica legata al conflitto russo-ucraino. Un’emergenza che non ha comunque compromesso le performance aziendali: il 70% delle imprese ha registrato un aumento del fatturato, il 56% degli ordini e in oltre un’azienda su due (56%) sono cresciute anche le assunzioni. Non sono manate le criticità: otto aziende su dieci hanno visto crescere i costi di produzione.
Il limite della burocrazia, soffoca investimenti
A questa difficoltà, e sotto la spinta delle transizioni, il 29% delle aziende ritiene che la trasformazione ecologica comporti difficoltà in entrambi i Paesi, anche se il 39% del campione riscontra condizioni più favorevoli in Germania rispetto all’Italia. Pesano moltissimo il limite della burocrazia, denunciata dal 72% delle imprese, il peso del fisco (59%) e, ancora, il costo dell’energia è troppo alto (51%). Elementi di difficoltà che in Germania hanno una differente attenzione: i costi di produzione e del lavoro sono denunciati solo dal 20% delle imprese, il costo dell’energia dal 14% mentre di ferma 20% la difficoltà a trovare personale qualificati o già formato. Anche per questi motivi, il 58% delle aziende consiglierebbe di investire in Italia e il 74% raccomanderebbe di investire in Germania
Ma ci sono anche altri dati di confronto, visto dall’altra parte, dall’Italia. I principali punti di forza della Germania indicati dalle imprese sono la poca burocrazia (per il 39%), la facilità di trovare personale qualificato (per il 31%), il fisco non salato e la facilità di accesso al credito (indicati tutti e due dal 18% del campione).
Il percorso è quindi tracciato, in un’ottica di rafforzamento delle relazioni commerciali e di collaborazione industriale. Sullo sfondo restano le due transizioni. «Non si può più prescindere da questa trasformazione epocale – commenta il consigliere delegato di Ahk Italien, Jörg Buck -. In ottica bilaterale, serve più cooperazione tra Italia e Germania sui temi della transizione, con strategie comuni, da armonizzare su diversi livelli: dai governi alle associazioni di settore, fino al mondo della ricerca».
E Buck conclude precisando che «centrali sono anche le sinergie sul tema delle competenze: se a livello nazionale è necessario formare profili sempre più in linea con il mercato del lavoro, a livello binazionale diventa sempre più determinante l’introduzione di percorsi formativi e titoli armonizzati tra i nostri due Paesi». E su questo percorso dei modelli formativi l’Italia potrebbe effettivamente trarre vantaggio dall’esperienza storica del modello tedesco.