Economia circolare, manager senza competenze sulla sostenibilità

Articolo. Un nuovo allarme sulla carenza di know-how proprio all’indomani del piano dell’Europa per la grande svolta della politica industriale. Mancano manager con le competenze per gestire la transizione energetica spinta dal Green New Deal

Lettura 3 min.

Manager d’impresa sempre più sul banco degli imputati di fronte alle conseguenze della trasformazione digitale dell’impresa. Impreparati a gestire l’innovazione, spesso in ritardo nella conoscenza delle tecnologie e nel guidare il loro ingresso in azienda e nei processi, manager lontani anche dalla nuova richiesta di capacità nel gestire le risorse umane e le loro nuove competenze (a cominciare dalle abilità più trasversali) e infine, ma non da ultimo, spesso manager e dirigenti molto distanti o addirittura recalcitranti anche nell’uso corretto dei social e dei loro profili sul web, oggi invece un passaggio cruciale della comunicazione e dei flussi di informazione spesso anche dentro l’azienda. Tutto questo non basta ancora. Ora si aggiunge un nuovo orizzonte di criticità che sta investendo in manager. Si chiama transizione energetica. O meglio Green New Deal. Peccato che mancano i manager capaci e con le competenze per gestire questa transizione. Tanto si è già iniziato a formare nuovi manager con le nuove capacità: saranno circa 100 i professionisti che verranno certificati entro la fine del 2020 come manager per la sostenibilità, attraverso il percorso di certificazione delle competenze manageriali «BeManager».

Il passaggio alle energie rinnovabili e al riuso dei rifiuti secondo i criteri dell’economia circolare (da rifiuto a nuova materia prima) è infatti stata definita la sfida del futuro lanciata dall’Europa, con il piano Green New Deal finanziato con 1.000 miliardi per i prossimi dieci anni.
E qui, di fronte a questo nuova sfida, emerge quello che potrebbe ostacolare questo grande progetto: un’altra volta ci si scontra contro la carenza di competenze specialistiche e la mancanza di know how, che in Italia, è l’altro grande ostacolo al fare impresa, con l’eccesso di burocrazia e la difficoltà di accesso al credito.

È questo il dato che più sottolinea il terzo rapporto Federmanager-Aiee, presentato dal presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla. Nel rapporto di legge che se venissero rimossi gli ostacoli atavici dell’Italia la produttività potrebbe aumentare del 6,5% in termini di valore aggiunto è un aumento di occupazione nel settore green del 11,4%.

«In uno scenario di trasformazione del sistema occupazionale - ha spiegato Cuzzilla nel presentare il Rapporto - che sia indirizzato verso la piena affermazione dell’economia circolare, potrebbero essere creati oltre 500mila posti di lavoro entro il 2030. Per questo chiediamo al governo di sostenere chi, come Federmanager, punta sullo sviluppo di competenze specifiche per la sostenibilità».

Un lavoro, per Federmanager, che significa formazione di nuove figure manageriali, che possano aiutare le piccole e medie aziende, lo zoccolo duro del Paese, per procedere verso questa transazione energetica.
«La Commissione von der Leyen ha presentato un piano da 1.000 miliardi di euro in 10 anni per un’Europa a impatto zero entro il 2050. Proponiamo che quota parte delle risorse destinate all’Italia sia vincolata a sostegno delle figure manageriali impegnate per la sostenibilità». Figure che Federmanager ha già iniziato a formare: saranno circa 100 i professionisti che saranno certificati entro la fine del 2020 come manager per la sostenibilità, attraverso il percorso di certificazione delle competenze manageriali.

 

Si tratta di figure manageriali che, al termine di un percorso di assessment e di aggiornamento rispetto agli eventuali gap formativi, sono valutate idonee a riconvertire i processi di produzione industriale e a realizzare in concreto gli obiettivi di economia circolare. «Le imprese italiane - ha proseguito Cuzzilla - stanno esprimendo una crescente consapevolezza delle opportunità e dei rischi legati alla questione ambientale, ma non è pensabile che l’imprenditore possa, da solo, far fronte alle nuove necessità».
La transazione significa cambiare culturalmente la mentalità degli imprenditori sia per l’approvvigionamento energetico che per la produzione e riciclo dei rifiuti prodotti, partendo con i processi di economia circolare: «L’Italia vanta grandi player nel settore energetico. Tuttavia più del 95% della nostra economia è costituito da micro e piccole imprese. L’obiettivo che ci dobbiamo porre, dunque, è quello di managerializzare le nostre Pmi, immettendo competenze che generino positivi sulla produttività italiana. Per agganciare la sfida ambientale serve più industria, non meno industria. E’ molto importante quale politica industriale si sceglie e come verranno allocate le risorse disponibili.

Invitiamo pertanto il governo ad attivare una leva fiscale premiante per chi investe nella sostenibilità», ha concluso Cuzzilla. L’economia circolare, in tutti i settori consentirà, all’EU un risparmio netto annuo fino a 640 miliardi di dollari sul costo di approvvigionamento dei materiali per il sistema manifatturiero dei beni durevoli. Il rapporto affronta nel dettaglio il tema dei rifiuti, sostenendo che gli attuali costi di esportazione dei rifiuti all’estero potrebbero essere compensati investendo in tecnologie e innovazioni di energy recovery, così da avere vantaggi economici, oltre che ambientali.

Un valido strumento è rappresentato dalla pirolisi, quel processo in grado di trasformare la plastica non riciclabile in energia.
Grazie al ciclo di trattamento dei materiali da rifiuto, il processo di pirolisi genera energia pulita utilizzabile per diversi impieghi. Uno su tutti, riutilizzare la plastica non riciclabile trasformandola in combustibile. Le stime riportate dal rapporto parlano chiaro: da 1 tonnellata di plastica si possono estrarre 800 litri di carburante al prezzo di un terzo del greggio. L’Italia, nota il dossier, se avesse utilizzato il Plastic to fuel, considerando le 1,3 milioni di tonnellate di plastica smaltite in discarica nel 2016, avrebbe conseguito un beneficio pari a circa 25 milioni.