Il dialogo come molla per osare di più
La paura di sbagliare è il solo nemico dell’imprenditore che si lancia nel futuro. La grande mole di conoscenze necessarie oggi per fare impresa e la complessità del contesto globale può spaventare anche i più forti. « È un freno enorme. Spesso perdiamo elasticità e non osiamo, solo per paura di sbagliare e per non essere giudicati». Valentina Trevaini, cofondatrice dell’azienda di software Sostanza di Gorle, lo confessa candidamente.
Del resto solo chi è in grado di superare queste paure può fregiarsi del titolo di imprenditore. In Italia quasi la metà delle persone non se la sente di avviare un’impresa, pur trovandosi di fronte ad un’opportunità favorevole, per timore di fallire. Una percentuale più alta di quella di Francia, Germania, Stati Uniti.
Danilo Mattellini
Come vincere questa paura? Gli imprenditori che abbiamo interpellato nei nostri forum si sono mostrati concordi: «Parlando tra di noi, aiutandoci a capire che cosa manca al socio o al collega per finalizzare il processo. Ascoltare la persona, capire come ragiona e cercare di entrare in empatia per dare quel plus che io ho e lui no, oppure viceversa». Così risponde Danilo Mattellini, contitolare di The Pole, azienda meccanica di Terno d’Isola. Il confronto tra chi lavora in azienda è centrale sotto ogni aspetto, lo abbiamo visto anche nella scorsa puntata dei nostri forum
Imparare dagli errori e da chi ce l’ha fatta
Giacinto Giambellini
Ma anche il dialogo con gli altri imprenditori è un elemento essenziale per affrontare le difficoltà. «Il confronto con gli altri imprenditori è innovazione e formazione continua – ribadisce Giacinto Giambellini, impiantista idraulico e presidente di Confartigianato Bergamo -. Anni fa una marca importante aveva messo sul mercato un giunto a T difettato, ma nessuno lo sapeva. Noi lo abbiamo scoperto da dei colleghi artigiani e questo ci ha evitato un sacco di guai».
Valentina Trevaini
Il confronto con chi ce l’ha fatta e anche con chi ha sbagliato. «Quando sviluppo un software – racconta Trevaini – imparo dagli errori. Mi piace conoscere anche i fallimenti famosi, dietro a ogni fallimento c’è qualcosa che aiuta a capire». Concorda con lei Sergio Cocco Engineer mba di Iterchimica: «È utile sapere che cosa è successo a chi non ha innovato e perciò è sparito dal mercato. Ma ancora di più. Le storie di aziende in bilico salvate: perché sono state acquisite? Perché sono diventati modelli per le altre? Che cosa è successo?».
«Io invece imparo studiando quelli che hanno fatto successo, ma non i grandi, mi interessa di più l’imprenditore di Gandino», taglia corto Mattellini. E la discussione si sposta su un caso di successo, come esempio di Chimiver in Amazon, che è stato raccontato nel nostro forum e che illustriamo di seguito.
Come abbiamo fatto a diventare best seller di Amazon
Best practice. Il racconto di Oscar Panseri della Chimiver. Che cosa significa la logica del clic.
Oscar Panseri
Digitalizzazione è una parola che tutti credono di capire ma che spaventa molti. La storia di come la Chimiver di Pontida è diventata best seller di Amazon ha incuriosito tutti i partecipanti al nostro forum. Il suo racconto è un modello di confronto di buone pratiche di chi ha superato degli scogli che ancora intimoriscono gli altri. Oscar Panseri, presidente del gruppo chimici di Confindustria Bergamo, è il managing director dell’azienda che è leader italiano dei prodotti di incollaggio, trattamento e manutenzione dei pavimenti in legno. Racconta: «Siamo molto attenti alle esigenze dei nostri clienti, analizziamo le nuove generazioni, prefiguriamo i loro desideri, mediamente i nostri progetti sono proiettati tre anni in avanti. Stiamo attenti a tutti i segnali.Alla fine il nostro centralino era sempre intasato».
Competenze specializzate
Hanno perciò creato un’app dedicata al dialogo con i clienti. Poi hanno deciso di entrare in Amazon. In tre mesi hanno raddoppiato le vendite. E sono diventati “best seller”, una qualifica che porta ai primi posti nell’elenco che Amazon propone quando un compratore digita una certa merce.
«In Amazon bisogna capire la logica del clic - spiega Panseri -. I compratori vogliono digitare il meno possibile e quindi bisogna agevolarli. Magari ci sono 3 o 4 rivenditori, alcuni anche miei autorizzati, che vendono in Amazon i nostri stessi prodotti. Però noi siamo best seller perché i clienti possono comprare i nostri prodotti con un clic».
Gli altri imprenditori presenti al forum chiedono: «Come avete fatto?». Panseri è didattico: «Bisogna attivare la piattaforma, fare la domanda, poi Amazon fa uno screening dell’azienda per gli articoli che tu puoi proporre, alla fine sono loro che ti dicono se vai bene e quali prodotti puoi vendere».
Chi vuole entrare nel mondo dell’e-commerce sa che non è semplice. «Abbiamo assunto una persona dedicata – risponde Panseri -, perché mi è arrivato il primo curriculum con scritto “specializzazione Amazon”». La presenza sulla piattaforma va gestita con molta attenzione: «Noi siamo best seller, una recensione negativa ci ucciderebbe, ci impieghi poi mesi e mesi per recuperare. Se scrivi che i tempi di spedizione sono due giorni, li devi rispettare, perché il terzo giorno sono guai, l’algoritmo ti penalizza».
Salvare i rivenditori
«L’anno scorso – racconta Panseri - abbiamo visitato il centro di distribuzione Amazon a Castel San Giovanni. Mi sembrava di essere tornati alla rivoluzione industriale. Una gigantesca catena di montaggio. Nastri trasportatori che si incrociano, che vanno alla velocità della luce. È un magazzino fantastico: lettori, codici a barre, ovuli in cui mettono di tutto».
Per Panseri è un processo irreversibile: «Se siamo attenti, le logiche di Amazon sono entrate in tutti i social. E stanno condizionando il metodo di acquisto da parte dei consumatori. Noi abbiamo la filiera lunga di rivenditori sparsi per l’Italia. Ma Amazon, purtroppo, li sta surclassando tutti. Perciò li stiamo aiutando a radicarsi ancora di più sul territorio».
Una comunità di imprese per condividere le sfide
Ritrovarsi. Luoghi di contaminazione delle idee
Il passaparola è innovativo
Il racconto dell’esperienza di Chimiver in Amazon, che ha colpito i partecipanti al nostro forum, è un esempio di quanto sia importante il confronto diretto tra imprenditori per affrontare le sfide del presente. Lo sostiene anche Giacinto Giambellini: «Il passaparola è una delle cose più innovative che ci sono. Ho ascoltato un giorno un collega che possiede un’impresa di pulizie. Lui organizza il lavoro dei dipendenti sui minuti e non sulle ore. Lo fa perché in quel tipo di azienda si deve offrire un servizio molto concentrato nel tempo, ma che è sottoposto a mille variabili da parte dei collaboratori. Impostando il lavoro sui minuti ha creato un sistema di gestione che soddisfa i clienti e i dipendenti. Mi sto domandando se è un metodo esportabile ad altre aziende».
Sì alle associazioni e ad altre modalità
«Noi ascoltiamo i colleghi e i ragazzi – aggiunge Valentina Trevaini-. In Confartigianato vi è molta contaminazione di idee, abbiamo progetti in comune che uniscono ulteriormente le persone e le aiutano a crescere».
«Anche per noi la comunicazione è molto importante, soprattutto quella del passaparola», conferma Giuseppe Ferretti, costruttore di Dalmine.
«Creare community fra imprese – dice Oscar Panseri – è una cosa che oggi qualsiasi imprenditore considera come una cosa normale. Diventa interessante quando aiuta a comunicare al mondo le eccellenze».
Giuliana Beretta
Ecco la parola chiave: comunità. Giuliana Beretta, consigliere delegato della Record di Bonate Sotto: «Io faccio parte di un gruppo di lavoro di Confindustria, e grazie a questa esperienza ritengo che aggregare imprenditori, cioè essere dentro ad una community è importante se di buon livello. E soprattutto se non semplicemente aggiuntiva rispetto alle tante già esistenti ma poco proficue di informazioni e peggio ancora se esse non facilitano uno scambio di considerazioni tra tutti».
Battere in breccia l’individualismo.
Anche i social sono strumenti utili per le aziende.
Incontrarsi, scambiarsi idee. L’individualismo che tanto caratterizza il tratto degli imprenditori bergamaschi oggi deve essere superato se si vuole stare al passo con i cambiamenti vorticosi, che da soli non si riesce ad affrontare. E il digitale, che è il grande scoglio dell’impresa, diventa anche un ambito che può facilitare il confronto. Lo confermano un po’ tutti: «I social aiutano – dice Giambellini - . Noi abbiamo fatto un gruppo whatsapp che permette a 32 aziende del mio settore di condividere le esperienze e scambiarci anche il lavoro».
Trevaini osserva da anni il comportamento dei ragazzi: «Usano il cellulare per fare di tutto, tranne che per telefonare; per parlarsi chattano, spesso registrando i messaggi per non fare la fatica di scrivere. Anche i meno giovani usano la chat per comunicare con i figli o l’azienda. I social sono strumenti utili anche alle imprese, sia quelle b2c, che si rivolgono direttamente al consumatore, che quelle b2b, i cui clienti sono altre aziende».
La comunicazione delle eccellenze con ogni mezzo
La community di Skille. Utilizzare tutti i media oggi disponibili per aggregare imprenditori attorno ad argomenti di forte utilità.
Dare vita a una comunità attorno a degli argomenti di forte utilità per gli imprenditori è l’idea cardine di Skille. Per centrare l’obiettivo abbiamo coinvolto già nella fase di progetto alcuni destinatari, come abbiamo mostrato ai nostri lettori nei tre forum che abbiamo pubblicato nelle ultime settimane su queste pagine.
La comunità si avvale di tutti gli strumenti di comunicazione di cui dispone un editore come Sesaab: oltre a L’Eco di Bergamo, tutte le migliori tecnologie mediatiche. La comunità diventa così anche community, come si dice nel mondo dei social network, cominciando da Facebook.
Davide Agosta
Davide Agosta direttore commerciale della Svelt, azienda di Bagnatica, sposa subito l’idea: «Se il vostro scopo è: investire in un nuovo gruppo social di imprenditori, con un motivo culturale-editoriale, può essere un’idea. È positiva se però il social si evolve, e mette in comunicazione gli imprenditori tra di loro per la soluzione o la comunicazione di esigenze . Esigenze che possono essere infinite: può essere che io veda un prodotto che mi può servire, prodotto da un altro imprenditore. Ma può essere che io ho un problema sindacale, e lui mi dice: l’ho risolto così. La semplicità dei social aggiunge valore e non toglie lo spazio alle competenze tecniche che si trovano nelle associazioni di categoria».
Approfittare delle opportunità
Il past president di Confindustria Bergamo, Angelo Carrara, titolare di un’impresa di tinteggiatura suggerisce un’avvertenza: «Community la fai se le persone si mettono in gioco, ha un senso se chi c’è dentro sono i fruitori, non bisogna costruire un contenitore che poi resti vuoto. A Bergamo siamo una marea di aziende, ma siamo tutti individualisti».
Silvana Pezzoli
Silvana Pezzoli, vicepresidente e direttore commerciale della Sitip di Cene è invece perplessa: «Facebook per me è come le case di ringhiera di una volta. Uno è lì, vede, ma raramente interviene. Per questa iniziativa mi sembra più adatta un’app dedicata».
Paolo Angeletti
Paolo Angeletti, direttore amministrativo di Salf, azienda farmacologica di Cenate Sotto, è sulla stessa lunghezza d’onda: «Purtroppo nel nostro settore il rapporto coi social è pessimo. Se lo possono permettere pochissimi grandi produttori che mettono in campo una squadra dedicata. I temi che trattiamo sono troppo delicati».
La questione è forse quella di approfittare delle nuove opportunità che Facebook offre a chi fa impresa e che vanno imparate. È uno dei compiti che la redazione e gli esperti di Skille si propongono di offrire a chi partecipa alla community.
Lo capisce bene Agosta: «Se il vostro progetto è così, dovete fare una cosa complessa, una cosa di grande respiro. Evitate il rischio di restare a metà. A me interessa ricevere i vostri articoli. Ma mi interessa di più incontrare altri imprenditori, come in questi forum, e moltiplicarli per cento, così da dire: siamo un nucleo bergamasco di eccellenza o mini- eccellenza e abbiamo più o meno le stesse problematiche. Lui cerca ad esempio un operaio con certe caratteristiche. E io gli posso dire: qualcuno l’ha trovato, e con queste modalità. E cosi via. Creare insomma una community tra imprenditori. Senza disturbare troppo».
2.0
Skille su facebook
È nato il gruppo di Skille all’interno della pagina Facebook de L’Eco di Bergamo. È una comunità che favorisce lo scambio di esperienze e competenze tra imprenditori e tutti coloro che lavorano in un’azienda. La conversazione nel gruppo è animata dalla redazione e dal gruppo di lavoro di Skille.
Temi da approfondire
Proporremo spunti di riflessione, risponderemo alle domande dei membri, commenteremo articoli. E raccoglieremo richieste sui temi da approfondire, sulle guide da preparare. I membri del gruppo potranno infatti chiedere alla redazione di Skille di sviluppare le questioni alle quali sono più interessati.
Spazio per imprenditori
Il gruppo Skille di Facebook è un luogo d’incontro e di scambio di idee in un rapporto alla pari con tutti i membri della comunità. L’atmosfera dei social media favorisce un ottimo clima relazionale e un dialogo vivo e persino la conversazione su una piattaforma di intratte-nimento si può trasformare in un luogo di formazione e di valore per un’azienda.
- Paura di sbagliare come togliere il freno che blocca l’azienda del futuro
- Il dialogo come molla per osare di più
- Imparare dagli errori e da chi ce l’ha fatta
- Come abbiamo fatto a diventare best seller di Amazon
- Competenze specializzate
- Salvare i rivenditori
- Una comunità di imprese per condividere le sfide
- Sì alle associazioni e ad altre modalità
- La comunicazione delle eccellenze con ogni mezzo
- Approfittare delle opportunità