Il valore aggiunto del made in Italy
Tecnologia e innovazione come le sue radici: ben piantate nella Bergamasca, in quel di Martinengo. Ma ormai Diapath ha messo le ali. Fondata da Vladimiro Bergamini nel 1997, in poco più di vent’anni l’azienda ha cambiato pelle trasformandosi da distributore italiano di reagenti e strumenti per l’anatomia patologica in un brand internazionale protagonista della ricerca e della creazione di strumenti tecnologicamente avanzati fra i più apprezzati del settore. «Abbiamo deciso di investire sul nostro marchio sviluppando nuovi prodotti interamente realizzati nella nostra sede», racconta la figlia del fondatore, Federica.
Presidente e fondatore di DiaPath
Nel 2015 Diapath si è data un nuovo assetto manageriale: il presidente Vladimiro Bergamini affiancato dal suo successore Alberto Battistel, Chief operation officer, e da un team che vede Carmelo Lupo a capo del settore Innovazione, Federica Bergamini responsabile del Marketing e Customer care, Paolo Danzi alla Logistica e Produzione e Alessandra Bergamini come Export area manager. Con loro è partito lo sviluppo di progetti innovativi che hanno portato al lancio, nel 2019, di prodotti che hanno spiazzato positivamente il mercato.
Con il valore aggiunto del made in Italy al cento per cento evidenziato dalla presenza del tricolore accanto al marchio proprio a sottolineare l’eccellenza italiana in fatto di ricerca, design, qualità. I risultati parlano chiaro: il fatturato 2018 ha sfiorato i 17 milioni di euro, di cui 1,4 milioni reinvestiti in ricerca e sviluppo, con un trend di crescita dell’export che nel primo semestre del 2019 ha registrato un +30 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma i valori Diapath non sono solo economici: «Crediamo molto nel valore umano – sottolinea Federica Bergamini – perché vogliamo che l’efficienza si coniughi al benessere dei nostri 110 collaboratori con l’obiettivo di essere un’impresa più smart, ecosostenibile e digitalizzata». Per coltivare talenti e professionalità è stato creato addirittura un ente interno di formazione, la Diapath Academy, una vera e propria business unit aziendale che organizza corsi destinati sia al personale interno, sia ai distributori e ai clienti finali. «Da produzione di un costo a produzione di valore – aggiunge Federica Bergamini -: questo cambio di prospettiva per noi ha segnato la svolta».
Il macchinario che si corregge, come una nave spaziale
La parola d’ordine nel quartier generale Diapath è innovazione. Lo testimoniano i 15 brevetti che l’azienda di Martinengo ha al suo attivo, come pure le collaborazioni con università e strutture ospedaliere d’eccellenza. «Cerchiamo nuove soluzioni – spiega Carmelo Lupo, responsabile Innovazione di Diapath - per rendere il lavoro degli operatori di anatomia patologica più semplice e sicuro».
È il caso di Donatello Series 2, un sistema intelligente per la diagnosi dei campioni istologici. A stimolare la ricerca è stata la considerazione che, al contrario dell’analisi di sangue e urina, quella sui tessuti umani è unica è irripetibile. «Di solito l’esame viene fatto durante la notte, perché può durare anche una quindicina di ore, ma senza il presidio di un operatore: se si presenta un problema il campione analizzato può subire danni anche irreversibili - sottolinea Lupo, che alle spalle ha una formazione biomedica con studi anche al Mit di Boston ed è docente di Anatomia patologica al Master di Medicina di laboratorio dell’Università di Palermo -. In caso di problemi il fattore tempo è fondamentale: non si può rischiare il deterioramento di un tessuto per aspettare l’intervento dell’assistenza tecnica e degli esperti di laboratorio».
Per scongiurare errori di percorso Diapath ha applicato alla macchina algoritmi evoluti in grado di gestire e risolvere le emergenze ispirandosi all’industria aerospaziale. Prima di ogni avvio il macchinario attiva una procedura di self check, poi, una volta in funzione, è capace di gestire e risolvere da solo eventi avversi per preservare la qualità del tessuto da analizzare, proprio come fa il pilota automatico su un aereo. In più, un sistema di sensori semplifica la sostituzione dei reagenti riducendo a zero la possibilità di errori e i rischi per gli operatori.
«In oncologia si va sempre più verso la medicina personalizzata che impiega farmaci bersaglio, ma per utilizzarli al meglio sono necessarie analisi molecolari possibili solo attraverso l’uso di tecnologie sempre più evolute, precise, affidabili”, spiega Lupo, che per Donatello Series 2, già in uso in grandi realtà ospedaliere come l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e il Policlinico “Gemelli” di Roma, ha ricevuto lo A’ Design Award & Competition 2019.
Semplicità e sicurezza sono alla base anche di un altro brevetto Diapath che si ispira alle capsule del caffè ed è stato messo a punto in collaborazione con l’Università Campus Biomedico di Roma. Per conservare i campioni istologici è necessario usare formalina, noto cancerogeno ma al momento ancora insostituibile. «Per evitare il contatto con la formalina abbiamo inventato una capsula, protetta da uno strato di alluminio, che si apre solo dopo essere stata avvitata sul contenitore del campione immerso in un’innocua soluzione fisiologica», spiega ancora Lupo.
Ma la novità che ha lasciato a bocca aperta gli operatori del settore al 31esimo European Congress of Phatology di Nizza e al 45esimo Congresso della National Society for Histotechnology appena concluso a New Orleans si chiama Cristallo ed è una vera rivoluzione che manderà in pensione il tradizionale montavetrini, «troppo macchinoso da usare». Si tratta di un reagente capace di passare dallo stato liquido a quello solido intrappolando il campione istologico da analizzare in un rettangolo perfettamente liscio e trasparente. Semplice, ma nessuno ci aveva mai pensato, almeno fino ad ora.
Responsabile Innovazione di DiaPath