Le supply chain sono in ritardo sulle transizioni
Il modello tradizionale di filiera, adatto a contesti stabili, non funziona più. Le supply chain così come si sono ripresentate sul mercato alla ripartenza nel dopo emergenza sanitaria non sono più adeguate, sotto il profilo strutturale e organizzativo, per gestire le nuove tendenze emergenti sia sui mercati sia di fronte alle nuove richieste delle imprese a capo delle filiere.
E così al centro della nuova fase di riflessione non c’è più solo il tema dell’accorciamento delle catene di fornitura, per avere filiere più corte e vicine così da evitare nuove interruzioni degli approvigionamenti di materie prime e componenti alle produzioni. La transizione digitale e energetica, insieme, pongono una nuova urgenza nella trasformazione e all’evoluzione delle supply chain. Le aziende dovrebbero adottare strategie per rafforzare la loro capacità di resilienza – in molti casi già elevata - dell’intera filiera, da una parte. Ma anche accelerare la trasformazione sul fronte della sostenibilità come driver competitivo prioritario, elementi che invece oggi “pesano soprattutto per l’aumento generalizzato dei costi, legato a energia, materie prime e logistica”.
Questo primo fotogramma fa parte di una fotografia più ampia e precisa emersa dallo studio che Kpmg in collaborazione con Ahk, la Camera di commercio italo-tedesca, ha presentato al XVI Forum economico italo-tedesco. Il focus di questa indagine si è poi concentrato sulle catene del valore delle imprese italo-tedesche.
Una filiera molto specifica, fra aziende di due sistemi industriali già molto avanzati sia sul fronte della digitalizzazione dei processi, sia sul fronte dell’innovazione tecnologica in ottica di sostenibilità. Per questo il quadro finale che emerge vale ancora di più anche per l’intero sistema impresa, va oltre la specifica filiera, se confrontato anche solo idealmente con il resto delle filiere in altri ambiti e in riferimento ai rapporti fra sistemi industriali di altri paesi europei con cui l’Italia stringe stretti rapporti di interscambio. Anche perché, alla fine, non c’è solo in gioco la tenuta e la riqualificazione di una filiera fra le più importanti d’Europa.
Presidente Ahk Italien e amministratore delegato di Bayer in Italia
Le dinamiche in atto nel Vecchio Continente, aggravate dalla guerra in Ucraina, e soprattutto sul fronte energetico, appaiono centrali per l’autonomia strategica in ambito europeo. E rivestono un ruolo strategico proprio per Italia e Germania, i due principali paesi manifatturieri del Continente. «I modelli tradizionali di gestione delle catene del valore da parte delle aziende vanno rimodulati in modo strutturale – spiega Monica Poggio, presidente Ahk Italien e amministratore delegato di Bayer in Italia -, ma gli adeguamenti necessari chiamano in causa anche un forte interesse pubblico su diversi fronti: dagli investimenti alle partnership in ambito R&D. In ottica europea, l’implementazione dell’autonomia strategica va necessariamente di pari passo con una gestione, concertata tra pubblico e privato, dei cambiamenti in atto, a partire dalla transizione ecologica. Tocca proprio ai due principali paesi manifatturieri europei, Italia e Germania – spiega Poggio -, essere in prima linea nell’introduzione dei nuovi modelli produttivi e gestionali. Forti di due economie storicamente compenetrate, i due paesi devono continuare a lavorare, insieme, agli ambiti più strategici per la crescita, da una maggiore indipendenza energetica alla logistica, fino alla ricerca altamente specializzata».
Rischi di interruzioni di fornitura, imprese in ritardo
Così, la survey Kpmg mette subito sul tavolo i primi dati di riflessione: un’impresa su due non dispone di un sistema o di una strategia di risk managment; due aziende su tre restano esposte al tema del cambiamento climatico consapevoli che queste dinamiche influiranno sulle catene del valore. Eppure, le aziende sono consapevoli dell’importanza crescente della transizione ecologica e degli adeguamenti necessari nelle catene di fornitura, con «un peso del nearshoring che si farà sempre più consistente».
Ancora i dati emersi: evidenziata una impreparazione, almeno iniziale, di fronte alle previsioni date per certe di un cambiamento dei rapporti strutturali fra aree economiche del pianeta. Ultimo versante aperto e di pressante attualità, il fronte energetico.Quasi la metà delle imprese, il 47%, continua a non avere accesso a fonti di energia rinnovabile a livello locale. Lungo la catena di approvvigionamento, inoltre, lo studio fa emergere che è solo il 15% dei fornitori a fare un uso importante di energia da fonti rinnovabili. La transizione energetica da questo punto di vista ha quindi ancora molto da percorrere in termini di adeguamento anche dei sistemi e degli impianti produttivi, in particolare lungo le imprese anelli delle filiere.
Alla fine, il quadro appare almeno preoccupante. Oltre il 70% delle imprese che fanno parte delle filiere italo-tedesche, ritiene che gli attori della propria catena di fornitura non siano ancora del tutto pronti ad affrontare le trasformazioni in atto e che siano necessari ulteriori adeguamenti.
Ulteriore dato significativo emerso dall’indagine Kpmg: sette imprese su dieci dichiarano un alto grado di trasparenza e tracciabilità delle proprie catene del valore, ma questa percentuale scende al 50% quando si tratta dei sistemi aziendali adeguati per anticipare crisi, criteri e sistemi di risk management mancano quasi del tutto. Un segnale evidente di un “utilizzo ancora limitato” dell’analisi dei dati per la gestione delle forniture.
La sostenibilità diventa un parametro prioritario
I valori Esg, restano fattori chiave della trasformazione ed evoluzione delle supply chain: le imprese ne sono consapevoli e due terzi delle imprese dichiarano che il cambiamento climatico e le relative regolamentazioni influiscono e continueranno a influire sulle catene del valore. Tra le principali dinamiche segnalate alla luce dei rivolgimenti più recenti, un aumento dei costi e dei tempi delle forniture e la necessità di rivedere il proprio parco di fornitori.
E se il 70% delle aziende ritiene di far parte di una catena di fornitura in cui molti dei suoi anelli non sono ancora del tutto attrezzati per le due trasformazioni decisive, energetica e digitale, a pesare e rallentare ulteriormente questo passaggio ora è anche l’aumento generalizzato dei costi, legato a energia, materie prime e logistica.
Consigliere delegato Ahk Italien
«Se già le oscillazioni dei prezzi sono una sfida importante, le nostre rilevazioni e le dinamiche internazionali renderanno il quadro ancora più inedito e complesso, a partire dalle conseguenze meno immediate della guerra - ha spiegato Jörg Buck, Consigliere delegato Ahk Italien, -. Lo studio conferma che il ruolo del nearshoring diventerà sempre più centrale, con oltre la metà del nostro campione che lo include nelle strategie aziendali per l’immediato futuro. Questa direzione è inevitabile e, per gli attori pubblici e privati, si tratta ora di facilitare i processi di nearshoring, rendendoli sempre più efficienti e coniugandoli con catene del valore flessibili e sostenibili».
Proprio in quest’ottica e alla luce di una partnership bilaterale consolidata, è il 70% del campione a prevedere nuove collaborazioni con aziende tedesche in futuro. E nel lungo termine le aziende prevedono un cambiamento dei rapporti strutturali tra aree economiche del pianeta. Sul tema, Daniela Schmitt, ministro dell’Economia, Trasporti, Agricoltura e Viticoltura del Land Renania-Palatinato, ha concluso il confronto ai lavori del Forum economico, sottolineando e citando Fukuyama, come l’attuale situazione economica e politica mondiale sembri proporre una sorta di “ritorno della Storia”, e affermando come sia «prioritario per l’Europa tutelare mercato e competitività».