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Il no-code entra in azienda e allarga le competenze nella sfida digitale

Articolo. La carenza di profili adeguati sul mercato ha imposto alle aziende di alleggerire il lavoro dei programmatori e formare figure interne per realizzare prodotti digitali e software senza usare codici . Crescono i valori interni e la cultura dell’intero «ecosistema azienda»

Lettura 8 min.

Più abilità trasversali anche per i nuovi digitali

La transizione digitale è un’urgenza, accelerare non basta. Così la trasformazione delle imprese guardando ai nuovi paradigmi digitali fa nascere nuove figure professionali per colmare un fabbisogno di profili e di competenze che il mercato del lavoro non riesce ancora, né forse riuscirà mai a coprire. Non si trovano tecnici programmatori, esperti in software, specialisti in architetture informatiche, sviluppatori informatici: a Bergamo solo a maggio (ultimo dato) la domanda di questi profili arrivava a 400 unità, ad aprile erano altri 410 i posti liberi, la media è sempre fra i 400-450 ogni mese per un fabbisogno annuo che tocca i 5mila posti.
Su scala nazionale i numeri non cambiano: 3.980 digital job vacanti a maggio, quasi 20mila dall’inizio del 2022. La difficoltà di trovare questi professionisti digitali è del 36% e intercettarle anche con abilità trasversali è ancora più complesso, quasi impossibile, nonostante siano state aperte oltre 646mila posizioni solo nel 2021.

L’offerta di competenze e i percorsi di formazione adeguati non solo sono in ritardo, ma imprese ed esperti sono convinti che tutti questi vuoti non si riusciranno mai a colmare. Suona come una sentenza definitiva, ma è proprio su questa sensazione che le imprese stanno ridisegnano così nuovi profili, tutti interni all’impresa. Nasce da qui, e si sta diffondendo sempre più, il Digital product designer, professione di svolta e che sfrutta una pura innovazione, le tecnologie no code: sviluppare e adeguare soluzioni digitali senza scrivere una sola riga in codice o linguaggio software. È una delle traiettorie forse più interessanti nel nuovo digitale che si sta definendo.

 

L’ultimo report di Forrester, società specializzata statunitense, nel monitorare questo fenomeno sostiene che «il no code diventerà un’abilità aziendale comune, quanto realizzare una presentazione su powerpoint o utilizzare Excel». Quella al movimento no-code, inoltre, entro il 2024, determinerà la programmazione nel 65% delle applicazioni ed entro il 2030 il volume d’affari generato dal mercato no code sarà di 187 miliardi di dollari.
Anche secondo Gartner la prospettiva è positiva: entro il 2030 il 50% delle medie e grandi imprese «avrà adottato una piattaforma di sviluppo no code o low code». E prevede che già entro il 2023, il numero di queste nuove figure, il digital product designer o Citizen developper - utente finale “evoluto”, perché interno all’azienda ma non parte operativa del team It, in grado tuttavia di gestire modifiche a elementi grafici, contenuti o configurazioni in autonomia - sarà almeno quattro volte il numero di professionisti dell’Ict.

La priorità: ridisegnare il modello organizzativo

Le aziende stanno già investendo in innovazione e tecnologie digitali. L’analisi Excelsior di Unioncamere e Anpal dice lo hanno fatto almeno sette aziende su dieci (il 71%) nell’ultimo anno. L’obiettivo prioritario è ridisegnare gli assetti organizzativi aziendali e rimodellare i propri paradigmi di business che includano il più possibile elementi, funzioni e sistemi di connessione digitali. Lo fanno automatizzando l’implementazione di elementi e processi che nel tempo si sono standardizzati. È un processo continuo. La transizione digitale, insieme con quella energetico-ambientale, lo impongono e così devono accelerare se vogliono restare inserite nelle proprie filiere e catene di fornitura. Che a loro volta si stanno trasformando molto velocemente.

Questo cambiamento ha però bisogno di due livelli di impegni, entrambi essenziali: un primo, molto focalizzato sul businnes dell’azienda, e la cui specializzazione dei programmatori è chiamata a un lavoro di continua rimodulazione del modello di business per poter restare competitivo: è il lavoro e il compito degli informatici sviluppatori.

 

E di un secondo livello di coinvolgimento, più concentrato invece sull’ideazione e lo sviluppo di soluzioni digitali, con un mix di competenze digitali (ma anche e soprattutto trasversali) che favoriscano questa trasformazione dando valore aggiunto all’intero ecosistema aziendale. Professionisti del primo livello non se ne trovano più, il tasso di difficoltà di reperimento di figure con competenza base è ormai al 40%. Ed è qui, che prende forma e corpo il Digital product designer, il cui approccio innovativo è di abbinare competenze di business, di user experience (Ux) e user interface design (Ui). Ed ecco spiegata anche la necessità di avere competenze trasversali, non solo specialistiche: l’approccio no code nasce infatti in modo semplice per coinvolgere più persone della stessa azienda ma che non conoscono linguaggi di programmazione. Alla fine saranno tutti dipendenti con aumentate proprie conoscenze e con una nuova potenzialità di innovazione trasversale alle divisioni aziendali.

Chi è

Digital Product Designer

È un professionista in grado di creare siti web, app e software lavorando su tutto il processo di creazione di un prodotto digitale, dall’ideazione alla messa online. Tutto in no code. Può lavorare come freelance o dipendente in completa autonomia in diverse realtà come web agency, startup, pmi e corporate operando su più fronti. Eccoli:

Business

Saper conoscere il mercato di riferimento a cui proporre il prodotto rendendolo profittevole e in linea con le necessità aziendali

UX e UI Design

Perché deve creare un’architettura dell’informazione in modo strutturato e adeguato ai trend del mercato e realizzare un prodotto che graficamente possa catturare l’attenzione dell’utente che lo dovrà utilizzare

Copywriting

Anche la scrittura del testo su app, piattaforme e siti web è importante perché è la guida dell’utente attraverso la sua esperienza d’uso e dargli indicazioni su quali azioni compiere

Sviluppo Nocode

che è il cuore di questa professione perché permette al Digital Product Designer di creare ciò che ha ipotizzato attraverso lo studio della UX, UI e del copywriting

SEO e Analytics

Successivamente si occuperà anche di SEO per posizionare in rete il progetto al meglio e delle analisi sulle performance che il progetto porterà

Nasce un nuovo ecosistema aziendale

Accelerare è quindi determinante. Le startup storicamente possono dare più velocità e accompagnare le aziende in questo passaggio. «Sono imprese innovative e strutturate per fornire alle imprese e ai professionisti gli strumenti per creare soluzioni digitali senza utilizzare complessi linguaggi di programmazione - spiega Giuseppe Stranieri, co-founder con Lorenzo Lodigiani di Ncode, startup specializzata nel nuovo linguaggio no code - e i vantaggi introdotti andranno a beneficio di tutti i reparti aziendali, non solo quello informatico».

Giuseppe Stranieri

Co-founder e direttore operativo della startup Ncode

Ma c’è un altro risvolto, spiega Stranieri: «Senza digitalizzazione non c’è innovazione. E viceversa. Lasciare la formazione di questi professionisti inizialmente senza grandi competenze digitali a startup estern fa crescere più agevolmente dentro l’azienda nuove figure che potranno occuparsi in modo trasversale di più aree del business, lasciando agli sviluppatori i progetti più complessi e sfidanti dell’azienda».Nascono così, quasi in automatico, team di lavoro con competenze digitali trasversali che favoriscono la trasformazione e danno valore aggiunto all’intero ecosistema aziendale. Le imprese grazie allo sviluppo senza codice possono sviluppare siti web, applicazioni, chatbot, automazioni e altri prodotti in poco tempo «risparmiando denaro, ma soprattutto non saranno più obbligate a interpellare costantemente i propri programmatori. Il no-code è anche una grande opportunità - spiega Lorenzo Lodigiani, co-founder di Ncode - per automatizzare le attività più ripetitive del lavoro quotidiano».

 
Lorenzo Lodigiani

Cofounder e Ceo della startup NCode

Ancora più nel dettaglio, le piattaforme di sviluppo senza codice sono mezzi di creazione molto potenti attraverso cui pressoché chiunque tramite semplici interfacce grafiche «ha la possibilità di sviluppare applicativi con cui esprimere la propria creatività ed estro imprenditoriale - spiega ancora Lodigiani -. Così chiunque voglia creare un prodotto digitale, qualunque esso sia, dalle applicazioni web o native, alle piattaforme web, gestionali, ai flussi di lavoro automatici, ma non disponga di competenze tecniche ora può comunque farlo attraverso questi sistemi».

Sta di fatto che le soluzioni no-code stanno spopolando fra le aziende proprio anche perché contribuiscono a una sorta di «democratizzazione» delle competenze di sviluppo del software «abilitando una gran fetta del personale aziendale a creare e a implementare soluzioni utili a digitalizzare i processi dell’impresa» spiega Stranieri.

 

E c’è un ultimo dato da non perdere. Lo spiegano così. «Ci siamo infatti accorti che con la digitalizzazione molti professionisti con competenze estremamente specifiche rischiano tra qualche anno di non trovare aziende che li assumano - spiega Lodigiani -. Per questo motivo riteniamo che più professioni possono essere integrate grazie allo studio della metodologia no code. E una tra tutte è proprio il Digital product designer», conclude Lodigiani. La conferma di questa nova sensibilità arriva direttamete dalla startup Ncode, che anche attraverso il suo Lab, la digital agency del no code, ha infatti già sviluppato una rete di collaborazioni con i migliori “nocoder” in Italia a disposizioni delle tante piccole e medie imprese pronte a sviluppare il proprio prodotto digitale “su misura”.

La ricaduta di queste collaborazioni è stata immediata, e misurabile. «Questa nuova figura sarà determinante nel panorama lavorativo futuro, perché racchiude in sé tutte le competenze digitali fondamentali per un’impresa che intende digitalizzarsi e creare qualcosa di nuovo - spiega Giuseppe Stranieri di Ncode -. Si parla di competenze che unite tra loro permettono di dare vita ad un nuovo progetto, puntando sulle nuove competenze trasversali delle nuove generazioni di professionisti digitali». Essere abilitati a creare in maniera autonoma applicativi software ha già dato origine a una nuova ondata di creatori abilitati a testare i propri progetti imprenditoriali a costo bassissimo. «L’impatto sarebbe importante anche su altre dimensioni: una riduzione della disoccupazione giovanile, minor tasso di abbandono o di fallimento per progetti imprenditoriali e una spinta immensa all’innovazione» conclude Stranieri.

Le 6 applicazioni dove il metodo no code diventa soluzione

1 - Funzione di matching fra investitori e startup
Piattaforme no code possono essere più facilmente predisposte per incontrare e condividere modelli di business su cui indirizzare investimenti per un loro sviluppo: è una leva di crescita per startup.

2 - Ambiente di analisi e di previsioni di businnes
Permette agli analisti di business di costruire modelli di apprendimento automatico e generare previsioni accurate senza scrivere codice, senza competenze in apprendimento automatico.

3 - Prenotazioni di esperienze per team aziendali
L’applicazione no code in questo caso è tutta interna all’organizzazione aziendale: la sua funzione è creare e favorire il maggior allineamento interno fra tutte le funzioni dell’azienda con la comunicazione interna.

4 - Piattaforme per la formazione online
La formazione è una priorità. L’esigenza costante è di ideare, creare e gestire strumenti digitali, dai siti web ai database e gestionali, ai sistemi di raccolta dati che possono essere predisposti anche internamente.

5 - Ottimizzare la gestione commerciale dell’azienda
Ogni impresa customizza le strategie commerciali: una piattaforma no code consente di ottimizzare ogni processo interno per essere più agili e sperimentali nella esperienza in cui coinvolgere il cliente.

6 - Flussi di produzione sotto controllo
È il fronte nuovo delle applicazioni di piattaforme no code: consentono di pianificare processi e produzioni industriali in base alle risposte dei mercati, inserendo le innovazioni e i cambiamenti che arrivano.

Lorenzo Lodigiani

Cofounde della startup NCode

talk

Obiettivo edu-tech per i giovani talenti

Ncode non è solo la prima startup che si occupa di formare professionisti per realizzare in autonomia prodotti digitali senza codice. La startup guidata dai due cofounder Lorenzo Lodigiani e Giuseppe Stranieri, ha lanciato anche Ncode4Students .
Si tratta di un’iniziativa pensata per formare gli studenti universitari di tutta Italia sulle tecnologie no code. Una vera academy per fornire agli studenti gli strumenti per perseguire una carriera nel digitale potranno scoprire il mondo del No Code. Così come sviluppare le competenze trasversali, sempre più richieste dalle aziende, che permetteranno loro di creare prodotti digitali.

Prima ai professionisti, ora ai giovani e agli studenti universitari. Qual è il valore del offerto da Ncode?

Crediamo che la nostra startup possa offrire la giusta complementarietà a un percorso di studi universitario per fornire agli studenti una formazione a 360 gradi. Sarebbe interessante,soprattutto per le imprese, che gli studenti che escono dall’università abbiano un mindset rivolto all’innovazione e alle competenze necessarie per rendersi competitivi in un mercato che richiede sempre più competenze digitali.

Anche per questo è nata la vostra Academy?

Sì, con questo obiettivo abbiamo pensato e lanciato l’iniziativa Ncode4Students. L’Academy vuole fornire agli studenti gli strumenti per imparare competenze trasversali e diventare competitivi per accedere al mondo del lavoro. Così come sviluppare le competenze che permetteranno loro di creare prodotti digitali. Siti web, software, automazioni e modelli per l’analisi dei dati in modo semplice e veloce, senza dover comporre neanche una riga di codice.

E come si articola l’offerta formativa?

Ncode Academy offre 11 percorsi formativi verticali di 40 ore in continuo aggiornamento sui principali strumenti di sviluppo no code e spazi virtuali di collaborazione in cui gli studenti, ma anche professionisti e manager possono mettere in pratica quanto imparato e confrontarsi con gli altri membri della community, oltre che i Mentors. Già oltre 300 makers fanno parte della community. I giovani professionisti di domani potranno entrare in azienda dando sin da subito il loro contributo e strutturando un profilo professionale già partendo con forti skills apprese durante il percorso.

Un percorso di formazione in collaborazione con quali università e partner?

È un percorso strutturato su un profilo professionale con forti skills. La formazione è in collaborazione con JECatt dell’Università Cattolica, VGen dell’Università Bocconi e l’organizzazione internazionale Enactus. In un anno Ncode ha supportato 16 aziende e oltre 270 persone si stanno formando all’interno di Ncode Academy. Per il 2022 puntiamo a far conoscere ancora più i vantaggi del no code anche al mondo del B2B. Con un motto: Impara, Crea, Innova.