Blockchain, questa sconosciuta. Non si direbbe proprio. Anche se, quando si parla di innovazioni, resta ancora un bel vuoto da colmare quando si passa dal dire al fare. Una prima fotografia di quanto la tecnologia alla base delle criptovalute sia diffusa arriva da una indagine dell’istituto di ricerca Ipsos, guidato da Nando Pagnoncelli. Primo risultato di questo sondaggio svolto su commissione di Digital360: un italiano su cinque e la quasi totalità dei manager sanno di che cosa si sta parlando, conoscono questa tecnologia e sono informati sulle sue applicazioni. La maggioranza ritiene sia effettivamente una «rivoluzione» e considera questa tecnologia dei blocchi come decisiva per il futuro. E crede anche che i tempi di sviluppo e di applicazione di questa tecnologia saranno più veloci di quelli del web.
Sommario
Il viaggio emozionante
Partiamo da una prima definizione di blockchain
Da dove nasce una «catena di blocchi»
Come si crea una blockchain?
Capire la blockchain per creare valori dai dati
Tecnologia diffusa e conosciuta
Una «catena» che crea opportunità di mercato
Il viaggio emozionante
Il « viaggio emozionante» che Mark Zuckerberg ha annunciato lanciando la moneta virtuale di Facebook, la criptovaluta Libra, non sarebbe possibile senza la tecnologia che la sostiene nella sua dimensione globale: la blockchain. Letteralmente “catena dei blocchi”, la blockchain è il risultato di uno degli «algoritmi più geniali» che sia mai stato inventato finora e che è alla base dal 2009 del Bitcoin, prima moneta virtuale messa in circolazione.
Immediata la conseguenza. E soprattutto da qui l’errata convinzione che la finanza sia, e sia rimasto, l’unico esclusivo ambito privilegiato per le applicazioni della tecnologia alla base per l’appunto della circolazione del bitcoin, e oggi, di molte altre criptovalute. Non solo non è vero. Ma paradossalmente i vantaggi e i benefici maggiori sembra si stiano ottenendo proprio dall’applicazione di questa tecnologia in altri settori industriali: a oggi almeno 30 ambiti nuovi stanno sperimentando un inserimento della blockchain - in alcuni casi l’hanno già implementata come reale applicazione - con potenzialità di sviluppo estremamente innovative.
Un «grande viaggio», quindi, ma la blockchain non è affatto esclusiva delle valute digitali. È invece lo strumento, la tecnologia sofisticata che consente quegli scambi e altri tipi di relazioni . Oggi, vista la sua crescita e sperimentati i suoi vantaggi, è sempre più adottata da altri settori industriali. Le nuove tecnologie digitali come l’Internet of Things e l’immensa mole di informazioni che stanno raccogliendo su clienti, fornitori, filiere e relazioni stanno facendo nascere nuovi modelli di business più efficienti e sicuri, meno costosi sia economicamente sia di tempo.
Ma che cos’è la blockchain? Il tema – per le sue nuove ricadute sul mondo del business e dell’impresa - è stato al centro di una giornata intera dei lavori all’ultima edizione del Web Marketing Festival di Rimini (oltre 21 mila presenze), di cui anche Skille, proprio per il diretto coinvolgimento dei temi trattati con le imprese, è stato «media supporter».
Sei interventi specifici di esperti, consulenti d’impresa e imprenditori che hanno raccontato le applicazioni della blockchain, il suo concreto utilizzo nell’economia reale, dall’uso dello IoT per creare nuovi ecosistemi di valore del cliente (Gianluca Ciminata , Ceo di SalesForce), alla blockchain a supporto della Digital marketing industry (Roberto Garavaglia, Management consultant and innovative payment strategy advisor) per arrivare all’alba della criptoeconomia dove per Marcello Esposito di CreativitySafe la rivoluzione blockchain non si fermerà alle cripotvalute, ma è destinata a imporsi come logica delle nuove regole economiche e commerciali di scambio di beni e servizi materiali e immateriali. Rivoluzione, quindi. Su cui tutti hanno concordato: rivoluzione «destinata a cambiare per sempre il nostro sistema economico e sociale».
Partiamo da una prima definizione di blockchain
C’è chi la definisce una «rivoluzione». Per altri la blockchain è la nuova generazione di Internet, o meglio - proprio per la sua capacità di creare nuovi potenti network, è la «Nuova Internet». Nel cercare di capire cos’è la blockchain vediamo di cogliere dalle molte definizioni che vengono proposte.
La blockchain, primo dato, è una sotto-famiglia di tecnologie in cui il registro è strutturato «come una catena di blocchi contenenti tutte le transazioni fatte e la cui validazione è affidata a un meccanismo di consenso», distribuito su tutti i nodi della rete (computer che fano parte del network), ossia (nel caso di alcune blockchain di tipo permissioned) su tutti i nodi che sono autorizzati a partecipare al processo di validazione delle transazioni da includere nel registro.
Le principali caratteristiche delle tecnologie blockchain sono l’immutabilità del registro, la tracciabilità delle transazioni e la sicurezza basata su tecniche crittografiche.
Se questa tecnologia si iniziasse a guardarla per le sue effettive applicazioni, per la capacità di scambiarsi realmente beni e servizi sia materiali sia immateriali, allora forse la giusta definzione potrebbe essere di una tecnologia che rappresenta effettivamente la nuova «Internet delle Transazioni».
In questo senso la blockchain potrebbe essere affiancata dal rete «Internet of People», o «Internet delle Persone» che ogni giorno ormai si utilizzano per rappresentare la «Internet del Valore» e i cui capisaldi, alla fine, possono essere facilmente riportati a cinque concetti fondamentali:
1 .Decentralizzazione
2.Trasparenza
3.Sicurezza
4.Immutabilità
5.Consenso
Da dove nasce una «catena di blocchi»?
Cominciamo con il dire che è una tecnologia che viaggia velocissima. Le sue applicazioni sono già numerose e proprio queste prime sperimentazioni anche in campo industriale stanno facendo da modello di riferimento per nuove possibilità applicative.
Ma come fare a individuare le opportunità che potrebbero nascere da una nuova «catena per blocchi»? E, in particolare, che regole seguire per impostare una possibile blockchain in azienda? Non ci sono regole precise o esaustive. Si possono seguire alcune indicazioni, tuttavia, per poter capire come orientarsi sull’opportunità di mettere in cantiere una ipotesi di blockchain in relazione a un proprio asset aziendale.
Così, mettendo al centro si può iniziare partendo da una prima analisi, un primo passo:
1 - L’azienda orientata a impostare una propria blockchain dovrebbe prima di tutto individuare un ambito specifico della propria attività, lo stato di un asset che potrebbe essere gestito con la tecnologia della blockchain.
2 - Una volta individuata questa area di business, si definisce la rete completa di tutti i soggetti (imprese, fornitori, clienti, operatori intermedi) che potrebbero essere coinvolti a vario titolo sull’asset che si è deciso di gestire tramite blockchain.
3 -La governance dell’asset: è il passaggio più delicato e più importante di tutta questa impostazione. Stabilire la regole della governance significa decidere le politiche su come raggiungere il consenso sullo stato dell’asset da parte di tutti i protagonisti della blockchain.
4 - A questo punto, deciso il network e le “regole d’ingaggio” l’intero processo ora viene messo sull’infrastruttura, che sia privata o pubblica (appoggiata sul cloud), e il registro diventa pubblico, aperto ai nodi della rete privata.
A questo punto introduciamo una seconda precisazione intorno al concetto di blockchain, la distinzione fra pubblica, privata e rete a consorzio. Viene definita così:
1) pubblica, chiunque può accedere alla pari ed effettuare transazioni una volta scaricata la blockchain;
2) appartenente a un consorzio, formata da un gruppo prestabilito di nodi, a cui può accedere chiunque oppure i soli partecipanti al consorzio, a volte con accesso limitato alle informazioni;
3) privata, gestita da una sola organizzazione (può essere il caso di un’azienda che la utilizza per tutta la sua attività, di cui tutti i partecipanti sono a conoscenza).
Come si crea una blockchain?
Ma in che modo si crea una blockchain e si trasforma in un modello di business?
Primo passaggio: si creano archivi o database estremamente sicuri e pubblici all’interno di network di computer (ciascuno è un nodo della blockchain) e per la cui gestione non c’è più bisogno di fare riferimento a un soggetto gestore che certifichi la sua affidabilità (come per esempio una banca che garantisca la correttezza delle transazioni di denaro fra cliente e istituzione, ma anche fra fornitore e azienda).
I dati e le informazioni sono cogestite direttamente dagli stessi utenti, persone, imprese, istituzioni che fanno parte della stessa “catena dei blocchi” perché ognuno di loro ne possiede virtualmente una copia e tutti possono verificare la correttezza delle operazioni senza che nessuno possa manipolarle perché nessuno possiede quei dati in via esclusiva.
Sono diverse le rappresentazioni che oggi si fanno della blockchain: la tecnologia tuttavia è unica e quindi la effettiva differenza nelle sue varie applicazioni può apparire perfino minima. La prima definizione, l’orginale del resto, è riferita all’utilizzo e alla sua applicazione in relazione alla moneta virtuale Bitcoin, quella è la Blockchain Bitcoin.
Poi c’è una seconda applicazione. È riferita alla tecnologia più conosciuta e su cui si stanno verificando le reali potenzialità di crescita: è la blockchain - più semplicemente con la “b” minuscola - e che si intende essenzialmente come tecnologia e fenomeno di utilizzo industriale.
Questa seconda definizione riporta alla stretta relazione che esiste fra blockchain e il concetto di Distributed Ledger Technologies (Dlt). Si tratta di una qualificazione che individua le soluzioni tecnologiche che rientrano fra le soluzioni basate su Registri Distribuiti che consentono la lettura e la modifica da parte di più soggetti partecipanti alla Rete.
La tecnologia blockchain è basata su una “catena di blocchi”: questo significa che gli elementi di differenziazione tra le varie tipologie di Dlt sono prima di tutto nelle modalità con cui si “governa” il controllo e la verifica delle azioni di scrittura sul Registro. Ma allo stesso tempo anche sulle modalità e sul tipo di consenso richiesti per validare ogni tipo di azione e sulla struttura del registro distribuito.
Talk
«La catena per migliorare il servizio al cliente»
Gianluca Ciminata, Ceo di SalesForce IoT
Perché è importante l’IoT nella blockchain?
Perché dalla raccolta dei dati dentro una catena certificata, sicura si arriva alla monetizzazione delle informazioni. È questo il vero valore dei dati. L’attività produttiva si sfila lungo una catena: controllare questa catena di produzione significa dare un servizio mirato al proprio cliente.Ma le aziende sono pronte per questo salto?
Il passaggio base è riuscire a passare dal singolo «use case» a un vero ecosistema impostato sulla blockchain. E questo avviene attraverso il controllo di tutte le catene. Da qui passa l’evoluzione dell’IoT: le aziende raccolgono tantissimi dati ma poche li usano per la gestione delle aziende. E questo è solo la punta dell’iceberg. Hanno tanta informazione, importante, ma se non riescono a trasformarla in personalizzazione del prodotto, a dare una risposta legata al singolo bisogno del cliente, a personalizzare il prodotto o il servizio allora non serve a nulla.Che cosa sta succendo, quindi?
Il business model è totalmente cambiato: la catena della produzione è cambiata. E capire come è cambiata diventa un valore perché significa capire il valore delle sue tecnologie.La blockchain? Tecnologia diffusa e conosciuta
Dieci anni fa il Bitcoin, la prima valuta digitale iniziava ad essere scambiata in rete, nel mondo virtuale del web. La vera novità - definita geniale - di quel sistema è stato l’algoritmo che sosteneva quegli scambi. Dieci esatti dopo quella tecnologia basata sul “peer-to-peer” (da pari a pari) sta rivoluzionando anche il mondo dell’industria, trasformando esattamente come sta facendo l’innovazione digitale applicata ai processi e ai prodotti, i modelli di business su cui poggiano i trend di crescita delle aziende.
La nuova Internet, come la stanno definendo in molti proprio per la sua capacità di creare network preservando ogni aspetto della sicurezza, sta correndo più velocemente della prima. E si sta diffondendo più velocemente della tecnologia web. Lo dicono anche i numeri di una ricerca svolta da Ipsos e commissionata da Digital360, da cui si conferma la crescita di interesse e consapevolezza tra gli italiani. Anche se ancora pochi hanno compreso fino in fondo il suo grande potenziale.
Che cosa si conosce della blockchain?
Partiamo dal dato più evidente: se oltre 6 italiani su dieci non conoscono affatto il concetto di blockchain, esiste comunque un 20%, uno su cinque, che in qualche modo ne è informato: un fenomeno sicuramente collegato al fatto che la tecnologia è molto complessa e per questo ancora non se ne sente parlare nemmeno in termini di forte applicazione. Sarebbe evidentemente la leva migliore per una sua più ampia diffusione. Chi invece la conosce bene sono gli under 35, giovani con un livello di istruzione medio-alta. In ogni caso il 53% degli italiani e oltre il 70% dei manager, ritengono che la blockchain sarà «importante per il proprio futuro».
I manager come giudicano la blockchain?
Prima fotografia: solo il 4% dei manager non ha mai sentito parlare di blockchain. ma se nelle imprese questa tecnologia si può considerare «conosciuta», allo stesso tempo questo dato non comporta che siano in corso percorsi di applicazione della tecnologia. Questo dato porta quindi immediatamente ad un a ulteriore considerazione: la blockchain è percepita come un fattore importante per il futuro, non solo perché potrà cambiare le vite di ciascuno attraverso questa tecnologia. Ma, in particolare, potrà arrivare a trasformare anche le attività di business del mondo delle imprese.
La parola che più viene associata a questa tecnologia è: innovazione. Ma subito dopo emergono le parole «sicurezza» e «decentralizzazione».
Una remora in fondo a tutta l’indagine: il 22% vede la blockchain come una invasione ulteriore della propria sfera personale della tecnologia e delle macchine.
Come la blockchain sarà determinante in azienda?
La «catena per blocchi» è sempre stata forte,mente presa in considerazione per la sua capacità di «tracciare» ogni operazione al suo interno. Non solo: per essere una catena dentro cui ogni modifica fosse impossibile e per il contributo determinate in termini di disintermediazione e trasferimento del valore al suo interno. E, infatti, il primo fattore della blokchain maggiormente apprezzato dai manager d’azienda è la sua componente di tracciabilità dei prodotti lungo la filiera delle forniture.
Se la blockchain è nata per supportare il mondo della finanza, questa area di applicazione arriva solo al quarto posto nella scala degli interessi. Spicca, invece, per il recupero che sta dimostrando il settore della logistica: l’adozione della tecnologia in questo settore ha come obiettivo di velocizzare le decine di autorizzazioni necessarie per trasportare la merce da un porto all’altro. Ogni documento viene notificato a tutti nello stesso momento e la notifica, essendo criptata, costituisce la vidimazione. Tempi certi e tagliati di ogni passaggio burocratico.
La blockchain di quali competenze ha bisogno?
Il sondaggio Ipsos mette in evidenza un fattore a cui forse pochi avevano pensato guardando alla blockchain: è certamente un elemento che porta al taglio dei costi. Ma allo stesso tempo, proprio per la complessità insita in questa tecnologia, preoccupa per il livello di complessità che potrebbe portare in azienda. Complessità quindi significa competenze specifiche e particolari per poterla gestire?
Nel sondaggio i manager sono molto espliciti su questo versante. E non esitano a indicare che per gestire questa innovazione occorrono competenze precise: la prima è la capacità organizzativa e conoscenza dei processi interni all’azienda. Perché? la risposta arriva dal giudizio che danno di questa tecnologia: la blockchain è una rivoluzione, cioè sarà una trasformazione di quello che esiste, non sarà cioè da applicare sui paradigmi in corso. In questo senso trasformerà radicalmente i vecchi modelli, in questo senso si presenta come una vera rivoluzione dei modelli aziendali di business.
Una catena che crea nuovi mercati
Capire perché il sistema blockchain funziona anche per le imprese (oltre che per la finanza) significa partire dalla fine, dai suoi vantaggi. Il primo: la «catena a blocchi» sancisce la disintermediazione, non c’è più bisogno di una terza parte per garantire la correttezza dei passaggi, delle transazioni, delle relazioni. Il trasferimento è digitale e diretto, da impresa a impresa, a cominciare da quei beni che per un’azienda costituiscono il proprio asset e che aiutano a creare valore.
Ma lungo questa strada si arriva fino ai pagamenti, al trasferimento di denaro, materiale o digitale, in modo diretto e immediato fra azienda e azienda, senza intermediari né commissioni, ma soprattutto senza più che per ogni transazione ci debbano essere almeno due organizzazioni che registrino esattamente gli stessi dati. «Già questo è un ulteriore cambio culturale, e che sta già coinvolgendo il mondo delle imprese. Non c’è più autorità centralizzata, è la tecnologia che decentrata tutto - spiega Laura Cabello di Blockchain Core - , dove ci si fida, perché affidabile, solo del sistema. E dove ogni delega, oggi affidata a istituzioni o a intermediari professionisti, è cancellata».
Sarà cioè la blockchain, concepita come una sorta di “diario” pubblico in cui vengono registrati dati e informazioni a sfruttare la tecnologia “peer-to-peer (da pari a pari) per convalidare le transazioni fra le parti in modo «sicuro, verificabile e permanente». E svolgere così il ruolo di notaio, ma senza sostenerne i costi. Ed ecco il secondo vantaggio: se questo è vero significa che è possibile sostituire conti correnti, catasti immobiliari, registri automobilistici, possesso e transazioni di denaro ricorrendo all’algoritmo e condiviso dagli utenti della rete.
In un modello industriale come quello italiano fatto ancora di filiere d’imprese, «la tecnologia blockchain può essere utilizzata - spiega Roberto Garavaglia, Innovative payment advisor - per tracciare i prodotti e processi, aumentare sicurezza e riservatezza delle informazioni e per incrementare la velocità riducendo ogni tipo di burocrazia, ogni costo di commissione e intermediazione negli scambi fra le parti».
Nel trasporto, per esempio, viene usata per migliorare l’efficienza e la sicurezza: vengono velocizzate le numerosissime autorizzazioni richieste per trasportare la merce da un punto all’altro: ogni documento viene notificato a tutti nello stesso momento e la notifica, essendo criptata, ne costituisce al tempo stesso la sua vidimazione. Lo stesso succede nella filiera agroalimentare. La blockchain consente di tracciare dall’inizio alla fine del suo impiego ogni prodotto (Barilla lo fa per tracciare il basilico utilizzato nei sughi; il Bacio Perugina ricorre alla blockchain per evitare contraffazioni; le aziende di caffè per certificare la provenienza dei loro chicchi). L’industria farmaceutica per validare ogni passaggio della loro distribuzione e impedire contraffazioni o scadenze.
E siamo al terzo beneficio: maggiore produttività e competitività del sistema. Ma anche risparmio di tempo per ogni aspetto burocratico, incluse le verifiche sui dati, il rilascio delle licenze, i permessi e i controlli. Favorisce poi una riduzione dei costi, relativi a tutte le operazioni coinvolte, compresi i costi di mantenimento e protezione dei dati aziendali. Impostata così riduce notevolmente il rischio di errori e di frodi.
C’è poi un ultimo aspetto: l’architettura distribuita della blockchain mette in contatto tutti i partecipanti del network, crea cioè nuove opportunità di mercato proprio perché garantisce attendibilità dei partecipanti della rete commerciale e inserisce la possibilità di contattare direttamente un partner senza passare da intermediari. Fra sperimentazioni e progetti concreti siamo comunque ancora agli albori nell’applicazione in campo industriale di questa tecnologia. La blockchain rappresenta sicuramente una opportunità. E un buon esempio per lanciare un percorso potrebbe essere di guardare ai «grandi» perché possano fare da catalizzatori e coinvolgere con casi concreti anche le piccole e medie imprese , magari della stessa filiera. Si creerebbe un reale ecosistema capace di “gemmare” altri piccoli esempi o sperimentazioni. Iniziative per aumentare anche così la competitività dei piccoli sistemi territoriali.