Come posso rendere la mia azienda un ambiente che favorisce l’innovazione? È una domanda chiave per le imprese piccole o grandi. Negli ultimi dieci anni, infatti, sono sopravvissuti gli innovatori, coloro che nella loro attività hanno introdotto piccole o grandi trasformazioni che hanno permesso di competere in mercati ormai completamente globalizzati e dove la differenza la fanno le idee.
Skille ha pensato di aiutare gli imprenditori della sua comunità a rispondere a quella domanda interpellando due esperti d’eccezione: Melissa Schilling e Tareq Rajjal.
Melissa è una delle maggiori esperte di innovazione del mondo, Tareq è un manager globale che ora dirige i centri di smistamento del sud Europa di Amazon. Si sono confrontati con i nostri imprenditori nel caldo pomeriggio del 29 giugno 2018, a Bergamo.
In questo articolo riprendiamo le parti salienti del loro intervento e le organizziamo secondo un ordine logico che faciliti l’applicazione pratica delle loro idee.
Qui sotto l’intervento di Rajjal
Sommario
Quirky, creativi, fantasiosi, imprenditori
Paura e rigidità uccidono l’innovazione
Ispirare l’azienda a grandi ideali
È sempre il primo giorno, lo spirito da start up
Sfidare norme e paradigmi
Non assumere solo persone con la tua mentalità
Cercare la potenzialità più della competenza
Lasciare tempo per riflettere da soli
Non privilegiare i progetti che hanno più consenso
Gerarchie variabili e piccoli team
Costruire fiducia nei propri mezzi
Trovare l’esperienza di lavoro ottimale per ciascuno
L’imprenditore deve dedicare tempo all’autoformazione
Accedere alle risorse intellettuali di altri uomini
Essere ambidestri
Creativi, fantasiosi, imprenditori, cioè strambi
Melissa Schilling iniziò nel 2010 a studiare Steve Jobs. L’inventore di Apple stava affrontando un momento di crisi (sarebbe morto l’anno dopo). Tutti si chiedevano se la Apple sarebbe sopravvissuta alla morte del geniale fondatore. Schilling voleva capire quali sono le caratteristiche che rendono un’organizzazione innovativa e per farlo decise di avviare un lungo progetto di ricerca che doveva passare dallo studio accurato di otto grandi innovatori che hanno cambiato il nostro tempo:
Albert Einstein
Benjamin Franklin
Elon Musk
Dean Kamen
Nikola Tesla
Marie Curie
Thomas Edison
Steve Jobs.
Alla fine la studiosa è stata in grado di estrarre le caratteristiche comuni ai quei grandi geni e di tradurle in indicazioni pratiche. Ne è nato un libro che è già un successo in America e che lo diventerà anche in Italia tra un paio di mesi, quando sarà pubblicato in italiano: “Quirky: the Remarkable Story of the Traits, Foibles, and Genius of Breakthrough Innovators Who Changed the World”. Ovvero: “Quirky. Le notevoli storie dei tratti, delle manie e del genio degli innovatori rivoluzionari che hanno cambiato il mondo”.
Il titolo “Quirky” è difficilmente traducibile con un’unica parola italiana: si dovrebbe dire “strambo”, ma nell’inglese c’è una polisemia positiva che comprende non solo l’eccentricità, ma anche la fantasia, la creatività, l’originalità.
Perché è così importante la stranezza per l’innovazione? Melissa risponde subito: «Per innovare bisogna scardinare le regole, alzarti in piedi quando ti criticano, accettare ciò che è strano dal punto di vista sociale e che non ti fa essere d’accordo. Ci sono cose che la gente pensa siano irragionevoli o impossibili e invece ad esse sono associate una serie di cambiamenti molto consistenti».
«Per innovare bisogna scardinare le regole, alzarti in piedi quando ti criticano, accettare ciò che è strano dal punto di vista sociale e che non ti fa essere d’accordo».
Paura e rigidità uccidono l’innovazione
Se la stranezza è così importante per l’innovazione, si capisce subito che cosa uccide l’innovazione.
«Ho il sospetto che i due principali killer dell’innovazione siano la paura e la rigidità – ci ha detto la Schilling in un’intervista che ci ha rilasciato e che è stata pubblicata su L’Eco di Bergamo il 27 giugno 2018–. Se le persone hanno paura di assumersi dei rischi o di essere giudicati, resteranno oltremodo conservatrici. Inoltre, se le aziende e le istituzioni sono appesantite dalle regole, gerarchiche e standardizzate, bloccheranno l’innovazione».
Questo è un tema interessante per noi italiani. L’Italia ha una lunga tradizione di genio e creatività, ma purtroppo sembra averla smarrita. I dati sulla capacità innovativa del nostro sistema paese sono sconfortanti.
In un colloquio informale a margine della manifestazione Bergamo Incontra,
dove Melissa Schilling è intervenuta intervistata dal prof. Tommaso Minola dell’Università di Bergamo, la studiosa ci ha detto che ciò che l’ha un po’ sorpresa dell’Italia è una certa passione per le gerarchie. «Vedo che tanti esibiscono un titolo, presidente, responsabile, direttore…». Non è certo una buona partenza per creare un ambiente innovativo attorno a noi.
Ma cerchiamo di risalire la china. La “stranezza” dei geni si può imparare? Schilling è convinta di sì. «Tutti possono diventare più innovativi», ci ha detto. E vediamo come.
Ispirare l’azienda a grandi ideali
Innanzitutto bisogna coltivare obiettivi ambiziosi e idealistici. Così, possiamo aiutare la gente a pensare in grande, in modo che la loro attività acquisti più senso.
Se si riescono ad istillare obiettivi grandi in un’impresa, sostiene Schilling, questi diventano dei principi organizzativi che formano il comportamento dei lavoratori senza bisogno di altri incentivi.
Uno degli innovatori che lei ha studiato, fortemente idealista, è stato Benjamin Franklin: sognava un’America libera e solidale. E per questo sopportò anche le dure critiche dello stesso suo figlio. Diceva: «Chi è disposto a rinunciare a una libertà essenziale per raggiungere una minima sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza».
wikipedia
Elon Musk ha forse superato tutti per la grandiosità del suo obiettivo: colonizzare Marte. I più diranno che è pazzo, ma leggendo la sua biografia, scritta da Ashlee Vance, si capisce che questa ambizione che sembra impossibile è ciò che conferisce la giusta tensione a tutte le sue aziende: «Lo stile di management severo adottato da Musk può funzionare solo grazie alle aspirazioni ultraterrene (letteralmente) dell’azienda.[…] Musk vuole conquistare il sistema solare e, al momento, c’è una sola azienda per cui potete lavorare se quell’obiettivo è ciò che vi tira giù dal letto ogni mattina». (Elon Musk. Tesla, SpaceX e la sfida per un futuro fantastico, p.202)
Anche Amazon, l’azienda fondata da un altro innovatore rivoluzionario, Jeff Bezos, si è data dei principi ambiziosi, il primo dei quali è “l’ossessione per il cliente”.
«Tante aziende, anche con un buon prodotto –commenta Tareq Rajjal- , penso a Nokia, Blackberry, non ci sono più. Ogni azienda deve dotarsi di una cultura forte per evitare ciò che è successo a quelle marche».
«In Amazon –continua Tareq- facciamo di tutto, partendo da un concetto base: è per il cliente. Lo facciamo se serve al cliente. Il resto viene da sé. Ad esempio: i nostri software non andavano bene. Avevamo bisogno di più potenza nell’hardware e nel software. Da qui abbiamo sviluppato e potenziato il nostro Centro interno di Ricerca. Ora siamo i numeri uno nel webservice e clouding. Con prodotti che potremmo anche vendere. Ma che sono nati innanzitutto dall’ossessione di servire al meglio i nostri clienti».
«Tante aziende, anche con un buon prodotto non ci sono più. Ogni azienda deve dotarsi di una cultura forte per evitare ciò che è successo a quelle marche».
Per accrescere la spinta ideale della nostra azienda è utile leggere le biografie degli “eroi” della storia. Leggerle ai figli, ai dipendenti. Schilling suggerisce di personalizzare queste storie alla propria azienda.
È sempre il primo giorno, lo spirito da start up
In Amazon è sempre il primo giorno, “It’s always day one”, recita lo slogan, e la cosa è spiegata bene in questo articolo pubblicato sull’edizione britannica di Wired. «Tutti i giorni che ti alzi –spiega Rajjal-, prendi un foglio bianco e parti da zero. Come se fosse il primo giorno. E questo vale anche per me, dopo tanti anni di esperienza. Questo è il vero cuore della nostra filosofia
Questa è la magia di Amazon. Così disarmi tutti. Nessuno può dire “Non l’abbiamo mai fatto”. Certo, non è facile. Oggi abbiamo 20 anni di vita, e 500mila addetti, ma siamo una start up. Con alcuni svantaggi (a volte), ma è molto interessante».
Ecco: lo spirito da start up è la condizione migliore per creare un clima innovativo in azienda.
Sfidare norme e paradigmi
Gli innovatori resistono alle idee dominanti, sono estranei all’ambiente in cui propongono le loro innovazioni. Melissa Schilling insiste particolarmente su questo punto, anche partendo dall’esempio degli innovatori di cui parla nel suo libro. Albert Einstein diceva: «Io vado per la mia strada, non sono mai appartenuto al mio paese, alla mia casa, ai miei amici, perfino alla mia famiglia, con tutto il mio cuore».
I capi delle aziende dovrebbero dare alle persone ruoli flessibili e autonomia, dimostrare tolleranza verso chi non è ortodosso. Tutti i dipendenti di un’organizzazione devono sentirsi autorizzati a contribuire con le loro idee, non solo i capi.
In Amazon è una pratica ammessa. Racconta Tareq Rajjal: «Se hai un problema, un’idea, una proposta e con il tuo capo diretto non ti trovi: puoi saltarlo e fare le tue proposte a chi gli sta sopra. E questo non crea problemi (se sei quello scavalcato, ti girano le scatole, è umano), ma non crea problemi, perché l’azienda è impostata così».
Non assumere solo persone con la tua mentalità
Un passaggio importante per ogni azienda è trovare le persone giuste. Ma, attenzione a non assumere solo persone che la pensano come te. «La sfida per un’azienda grande e strutturata – ci ha detto Melissa Schilling – è di non soffocare la creatività delle persone che hanno la potenzialità di essere degli innovatori radicali. Molte aziende assumono persone che hanno la mentalità giusta per loro, in modo da creare una forza lavoro omogenea che vada d’accordo, ma questo non genera idee nuove. È meglio lasciar spazio a diversi tipi di persone, e non fissarsi sul consenso interno, in modo che le persone si sentano autorizzate a suggerire idee provocatorie e a dissentire con gli altri. Questo non significa che tutta l’organizzazione debba essere focalizzata sull’innovazione radicale; ma che dobbiamo detestare di sperperare un potenziale innovativo».
«È meglio lasciar spazio a diversi tipi di persone, e non fissarsi sul consenso interno»
Cercare la potenzialità più della competenza
Anche Tareq Rajjal ha un consiglio importante sulle assunzioni: «Nelle aziende in cui ho lavorato precedentemente si cercava una persona che fosse esperta di una certa attività, che l’avesse svolta per anni. Invece in Amazon si cerca il potenziale. Potresti assumere uno laureato in filosofia per sviluppare un software. Non è una scoperta di Amazon. Se si guarda un po’ indietro si scopre che Adriano Olivetti ha fatto la stessa cosa. Non bisogna guardare alla soluzione immediata, bisogna essere più saggi, guardare al medio lungo termine, cercare il potenziale e lavorare sul talento. Infine io sono valutato per quante persone sono riuscito a far avanzare».
Lasciare tempo per riflettere da soli
Le persone hanno bisogno di tempo per lavorare da soli. Non bisogna costringerli subito a condividere le loro idee.
La gran parte dei geni che la Schilling ha studiato non ebbero dei risultati brillanti a scuola, proprio a causa della loro genialità che li portava a violare le regole. Erano degli autodidatti e sono riusciti molto meglio fuori da scuola, che dentro. I genitori dovrebbero abbracciare la natura dei loro figli, anche se anticonformista, non combatterla.
Così anche i manager dovrebbero lasciare del tempo ai dipendenti per escogitare le loro idee, anche le più folli, non esponendoli subito al vaglio collettivo. Dovrebbero incoraggiarli a mettere le loro idee per iscritto, rimpolpandole almeno in un modo rudimentale prima di esporle al rischio di essere demolite dai processi di gruppo. (Quirky, pag.253)
Quasi tutti i team soffrono in qualche misura del pensiero di gruppo: gli individui più brillanti o con una personalità più forte dominano la conversazione e il processo decisionale. Possono orientare il team verso una direzione particolare anche se non lo vogliono.
Quasi tutti i team soffrono in qualche misura del pensiero di gruppo: gli individui più brillanti o con una personalità più forte possono orientare il team verso una direzione particolare anche se non lo vogliono.
Alcuni dei prodotti più famosi di Google, invece, sono nati da progettisti isolati: Krishna Bharat ideò Google news dopo le Torri gemelle. Non era soddisfatto di «come gli americani si informavano in Rete. Continuavano a leggere notizie dalle stesse fonti locali, mentre ci si trovava di fronte a un evento di tale portata che richiedeva necessariamente una lettura da diversi punti di vista per potersi dire davvero informati». Così si mise da solo a studiare una soluzione e nel settembre dell’anno dopo era pronto Google news.
Non privilegiare i progetti che hanno più consenso
I benefici dell’isolamento si possono applicare anche ai team. Bisogna abolire le pratiche che richiedono di acquisire il consenso prima di prendere decisioni o andare avanti con un progetto. «Esigere il consenso – scrive la Schilling – potrebbe indurre le persone a convergere prematuramente su certe idee; se gli individui capiscono che per procedere è necessario il consenso, saranno più riluttanti a dissentire e si disporranno ad allinearsi alle idee proposte dagli altri, soprattutto se sembrano incontrovertibili. Così si finisce per rendere le soluzioni ortodosse il solo obiettivo». (Quirky, p.248)
Al Cern (l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare) di Ginevra, team diversi che dissentono sulle soluzioni a un medesimo problema sono incoraggiati a proseguire ciascuno per la sua strada separatamente, fino a che la ricerca non sia sufficientemente matura e solo allora sono chiamati a confrontarla. Spiega Schilling: «I manager del Cern ritengono che una soluzione che inizialmente sembra più debole delle altre potrebbe rivelarsi migliore se sviluppata maggiormente. Questo perché se le diverse soluzioni devono “competere” per essere subito accettate nel loro sviluppo, l’organizzazione finirà per investire più risorse su una soluzione che sembra migliore all’inizio, ma che potrebbe non essere l’approccio vincente nel lungo termine». (Quirky, p.249).
Quindi può essere utile separare fisicamente i team che studiano nuovi progetti dal resto dell’azienda, come fece Lockheed nella Seconda Guerra mondiale per sviluppare un aereo da combattimento. Realizzò in un tendone da circo un centro di sviluppo chiamato “skunk works” lavoro della puzzola, perché si trovava vicino a una fabbrica maleodorante. L’isolamento funzionò: in 143 giorni i ricercatori riuscirono a progettare e costruire il caccia XP-80 Shooting Star. Così ancora oggi per i suoi laboratori si chiamano “skunk works” (Quirky, pag.253).
L’esempio di Lockheed fu seguito da tanti: Google, Apple, Ibm, Boeing, Amazon, Ford, Ibm, Xerox, Samsung, Nike.
Gerarchie variabili e piccoli team
No a strutture gerarchiche troppo blindate e rigide. Dice Besoz:« Quando fai una riunione, pensa se basta una pizza per sfamare chi c’è. Se non basta, vuol dire che ci sono troppe persone».
Alla Pixar prediligono team molto piccoli, da tre a sette persone, scrive Schilling a pag.248 di Quirky. I loro capi sono individuati in base alle loro competenze tecniche o alla loro visione del progetto, non in base al grado. Ed Catmull, presidente della Pixar e della Walt Disney, afferma: «Noi crediamo che il propellente creativo di ogni film venga da due o tre persone, non dai capi dell’azienda o dal dipartimento dello sviluppo. La nostra filosofia è questa: prendi gente creativa, scommetti molto su di lei, dagli un enorme supporto e libertà d’azione, e garantiscigli un ambiente dove chiunque possa dargli un feedback sincero».
Così ogni team utilizza i “giornalieri”, riunioni in cui i lavori di ogni artista vengono rivisti dai registi e loro colleghi, comprese persone di ogni livello dell’azienda. Brad Bird, il regista vincitore di Oscar, de “Gli Incredibili” e di “Ratatouille”, racconta che cosa succede in quelle riunioni: «Ciascuno ne esce umiliato e incoraggiato insieme. Se c’è una soluzione voglio che tutti la sentano». All’inizio le persone avevano paura di dire quello che pensavano, ma dopo un paio di mesi, vedendo i benefici che gli artisti traevano dal sentire le brusche osservazioni di Bird e degli altri, hanno cominciato a contribuire con i loro consigli.
No a strutture gerarchiche troppo blindate e rigide. Dice Besoz:« Quando fai una riunione, pensa se basta una pizza per sfamare chi c’è. Se non basta, vuol dire che ci sono troppe persone».
Costruire fiducia nei propri mezzi
La fiducia in se stesso è come un superpotere. E questo lo si può insegnare ed imparare, sostiene Melissa Schilling. E uno dei modi per far questo è: arrivare all’obiettivo abbassando l’asticella del fallimento. Creare le opportunità per i primi successi proprio abbassando il prezzo del fallimento. In un articolo sull’Harvard business review, Rita Gunther McGrath ha teorizzato la necessità che le aziende “progettino” i fallimenti, cioè che creino un clima che incoraggi le persone ad assumersi dei rischi intelligenti e che non siano puniti per gli eventuali fallimenti.
Forti, ma intelligenti fallimenti possono essere perfino celebrati, evidenziando i risultati positivi, come fanno alla Frog Design, alla Eli Lilly. Il gruppo Tata conferisce perfino un premio ai miglior fallimenti nella sua organizzazione. In America si pubblica la rivista “Failure Mag”.
Certo, così ti assumi dei rischi, anche i rischi di un fallimento. Ma è così che uno guadagna sempre di più la fiducia in se stesso. Una fiducia adamantina in se stesso: «Ce la posso fare anch’io».
Icona di questo concetto è Elon Musk. Quando scoprì che la Nasa aveva rinunciato al progetto per andare su Marte, allora disse: «Lo faccio io». Capì che per arrivare su Marte bisogna poter usare delle navicelle spaziali riutilizzabili. Tutta l’industria spaziale del tempo disse: «No, non è possibile. Chi sei tu che arrivi e affermi cose che non si possono realizzare?». Musk insistette: «Io credo di farcela». Proprio quest’anno è riuscito a far rientrare due razzi che aveva lanciato in orbita.
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Trovare l’esperienza di lavoro ottimale per ciascuno
Se i manager riescono a stimolare le motivazioni interiori delle persone, ciò accrescerà innovazione e produttività dell’azienda e simultaneamente la soddisfazione dei dipendenti.
Per questo ci vogliono sia la consapevolezza da parte del lavoratore di ciò che egli trova intrinsecamente piacevole e motivante, e da parte del manager la disponibilità a personalizzare l’esperienza del lavoro.
«Il principio generale è trovare ciò che alle persone piace fare. Il che significa semplicemente permettere che la loro motivazione interiore diventi utile all’azienda»
Schilling racconta l’esempio della Green cargo. L’amministratore delegato Lennart Pihl introdusse un curioso metodo di management basato sulla soddisfazione al lavoro. I supervisori ricevevano report giornalieri da tre o quattro persone che lavoravano direttamente sotto di loro. A loro volta questi ne sceglievano altri tre o quattro e così via. Ognuno aveva la responsabilità di trovare il modo che le tre o quattro persone sotto di lui avessero un compito da adempiere e che gradissero il loro lavoro.
All’inizio i manager ricevevano dai cinque ai dieci report al giorno a intervalli casuali in risposta ad un avviso casuale che chiedeva ai lavoratori che cosa stessero facendo in quel momento. Se i lavoratori non erano contenti del loro lavoro, si sentivano annoiati o in ansia, i manager dovevano chiedersi: «Che cosa posso fare per farli sentire meglio?». Se per esempio essi preferivano lavorare da soli ovvero in un gruppo più largo, il loro compito veniva modificato oppure venivano assegnati ad un’altra mansione.
Dopo un paio di anni alla Green Cargo si videro chiaramente i risultati: assenteismo e turnover calarono e salirono i profitti. La gente entrava al lavoro al mattino con più energia e alla sera se ne andava soddisfatta del lavoro fatto.
Mihaly Csikszentmihalyi è lo psicologo che ha più studiato questo fenomeno, definendolo con la parola inglese “flow”:
«Il principio generale è trovare ciò che alle persone piace fare. Quindi dovete dare a loro la possibilità di farlo, all’interno degli obiettivi della vostra azienda. Il che significa semplicemente permettere che la loro motivazione interiore diventi utile all’azienda. La gran parte delle persone farà i salti di gioia di fronte alla possibilità di fare ciò che preferiscono davvero, e quindi saranno più efficienti e forse guadagneranno di più, il che spesso produce più fatturato per l’azienda». (Quirky, pag. 255-256)
L’imprenditore deve dedicare tempo all’autoformazione
Tutti dovrebbero dedicare del tempo a leggere, a auto formarsi, ma soprattutto un imprenditore. Non è un problema di livello di istruzione. Sappiamo tutti degli insuccessi scolastici di Einstein. Musk non stava mai in classe per molto tempo. Non che l’istruzione non sia importante.
L’istruzione standardizzata non ha mai funzionato troppo con l’innovazione. Alcuni hanno bisogno di leggere tanto, ad altri basta poco, alcuni han bisogno di frequentare molti corsi, altri pochi. Ma decisiva è l’autoformazione, la formazione da soli. Gli innovatori che la Schilling ha studiato erano tutti, ad esempio, dei lettori insaziabili, fin da piccoli. Musk, dopo quelli di casa sua, si lesse tutti i libri che erano presenti nella biblioteca pubblica.
Melissa Schilling sostiene che «l’accademia dovrebbe rendere accessibile al vasto pubblico i risultati della ricerca scientifica di alta qualità, accelerando la messa a disposizione gratis o a basso costo di articoli e libri scientifici». (Quirky, pag. 259)
Se noi troviamo il modo per personalizzare la nostra formazione, avremo più innovatori. È uno degli scopi che si prefigge Skille: aiutare l’autoformazione degli imprenditori.
Se noi troviamo il modo per personalizzare la nostra formazione, avremo più innovatori. È uno degli scopi che si prefigge Skille: aiutare l’autoformazione degli imprenditori.
Accedere alle risorse intellettuali di altri uomini
Inoltre si possono sfruttare le competenze delle persone, non solo gli articoli o i libri, come hanno fatto Jobs, Curie e Musk. Si incoraggia l’innovazione se si creano delle modalità attraverso le quali le persone che hanno idee possono raggiungere quelle che hanno le competenze per mettere in atto quelle idee.
In altre parole dobbiamo creare le modalità attraverso le quali le persone possano aver accesso alle risorse intellettuali presenti negli altri uomini.
L’idea di dischiudere la scienza è particolarmente importante perché spesso gli innovatori rivoluzionari non avevano una grande formazione scientifica, erano degli outsider. Dean Kamen non si è mai laureato e non aveva alcuna formazione medica, e nonostante ciò ha creato la prima macchina per la dialisi portatile, la prima pompa di infusione dei farmaci, la sedia elettrica che può salire le scale, e diversi arti artificiali avanzati.
La scienza è diventata altamente professionalizzata nell’ultimo secolo. Anni di formazione e attrezzature altamente sofisticate hanno creato una barriera tra i cittadini comuni e il processo della scoperta scientifica.
Nonostante ciò è partito un movimento dal basso grazie al quale dei volontari offrono tempo, denaro e strumenti per rendere il processo scientifico e le sue risorse più accessibili al pubblico. Questo movimento va sotto il nome di “scienza dei cittadini” o “laboratori comunitari”.
Alcuni coinvolgono il pubblico nella raccolta di dati per la meteorologia, oppure sulla popolazione animale o sull’astronomia e li sottopongono a degli scienziati tradizionali. Altri creano laboratori nei quali il pubblico può esercitarsi in esperimenti, costruire modelli e processi di apprendimento generalmente accessibili solo a ricercatori di lungo corso. Tra gli esempi: BioCurious (a Sunnyvale, California) , Genspace (a Brooklyn, New York) , Bosslab (a Somerville, Massachussetts).
Al Genspace, si possono seguire dei corsi per imparare a modificare geneticamente il lievito o a coltivare tessuti in simil pelle a partire da dei funghi, oppure si paga una quota per avere accesso ventiquattrore su ventiquattro al laboratorio e ai suoi strumenti per svolgere dei propri esperimenti.
Essere ambidestri
Tutti vorrebbero essere dei geni, ma in realtà in gran parte siamo persone normali. Che cosa se fa un imprenditore della sua “normalità”? «Tutti i grandi innovatori – risponde Melissa - hanno avuto bisogno dell’aiuto degli altri per realizzare le loro idee, e questi “altri” non erano tutti “strani”. Ciò significa che le aziende hanno bisogno di diversi tipi di persone: quelli inventivi, che hanno visione, e quelli che riescono a realizzare le cose concretamente. Le organizzazioni devono bilanciare il bisogno di creare innovazione, e quello di essere efficienti, affidabili, in grado di riprodurre i processi. Gestire questi obiettivi simultaneamente – nell’insegnamento universitario la definiamo “essere ambidestri” – è la chiave di un’impresa innovativa».
Checklist
In conclusione, per rendere la tua azienda un ambiente innovativo, ricorda:
Ispira l’azienda a grandi ideali
Mantieni uno spirito da start up
Assumi persone con una mentalità diversa dalla tua
Nelle persone cerca le potenzialità più delle competenze
Lascia a ciascuno del tempo per riflettere da solo
Non privilegiare i progetti che suscitano più consenso
Organizza team di tre massimo sette persone
Non stabilire gerarchie blindate e rigide
Alimenta in tutti la fiducia nei propri mezzi
Non punire i fallimenti
Fai sì che tutti facciano il lavoro che più li soddisfa
Dedica tempo alla tua formazione
Beneficia delle risorse intellettuali degli altri
- 13 idee per un’azienda innovativa
- Creativi, fantasiosi, imprenditori, cioè strambi
- Paura e rigidità uccidono l’innovazione
- Ispirare l’azienda a grandi ideali
- È sempre il primo giorno, lo spirito da start up
- Sfidare norme e paradigmi
- Non assumere solo persone con la tua mentalità
- Cercare la potenzialità più della competenza
- Lasciare tempo per riflettere da soli
- Non privilegiare i progetti che hanno più consenso
- Gerarchie variabili e piccoli team
- Costruire fiducia nei propri mezzi
- Trovare l’esperienza di lavoro ottimale per ciascuno
- L’imprenditore deve dedicare tempo all’autoformazione
- Accedere alle risorse intellettuali di altri uomini
- Essere ambidestri