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Chi più inquina più paga: mille imprese in Italia devono fare i conti con l’Ets

Articolo. Conto alla rovescia per l’appuntamento COP26, la conferenza internazionale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che dovrà rivedere gli accordi per il Clima di Parigi e contenere a 1,5° l’aumento della temperatura globale del pianeta. L’appuntamento è in programma a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, sotto la presidenza del Regno Unito, in partnership con l’Italia.

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COP26, molte ambizioni e grandi progetti

Conto alla rovescia per l’appuntamento COP26, la conferenza internazionale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che dovrà rivedere gli accordi per il Clima di Parigi e contenere a 1,5° l’aumento della temperatura globale del pianeta. L’appuntamento è in programma a Glasgow, in Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, sotto la presidenza del Regno Unito, in partnership con l’Italia.

L’Europa ci arriva con molte ambizioni, grandi progetti e una visione - quella del Green New Deal - per rendere il Continente più verde, più digitale e più giusto. La crisi pandemica non ha fatto che rafforzare la volontà di diventare “carbon free”, a emissioni zero, per il 2050, e Bruxelles ha deciso di investire e proporre una serie di misure per arrivare al traguardo intermedio del 2030 con un taglio delle emissioni del 55% rispetto al 1990.

Il pacchetto ”Fit for 55” - del quale avevamo approfonditamente parlato in questo articolo di Skille - con cui Ursula van der Lyean arriva al COP26 di Glasgow potrebbe però non essere abbastanza per limitare il riscaldamento globale, almeno per Climat Transparency Report (leggi tutto qui) secondo il quale si dovrebbe arrivare al 2030 con un taglio ben più ambizioso, del 66% delle emissioni.

Per sperare di arrivare alla “neutralità climatica” l’impegno italiano dovrebbe essere anche maggiore, ovvero arrivare a 165 Mt CO2 equivalenti nel 2030, con un drastico taglio del 72% rispetto al 1990.

Il pacchetto “Fit for 55” rappresenta comunque un piano di lavoro per imprimere un’accelerazione alla politica europea, con investimenti per 3.500 milioni (600 dei quali per l’Italia).

Trasporti, rinnovabili, emissioni: al 55% per Bruxelles si arriva agendo sulle leve fiscali, sull’innovazione e sulla revisione del sistema Ets, il principale strumento per l’abbattimento delle emissioni di gas serra.

Undicimila aziende devono fare i conti col sistema ETS

Introdotto con la Direttiva 2003/87 a partire dal 2005, l’European Trading System (ETS) è il primo sistema di scambi di quote di emissioni al mondo realizzato partendo dal principio che “paga di più chi inquina di più”.

Il sistema si sviluppa in quattro “periodi di scambio”, a partire da una prima fase sperimentale fino all’attuale “IV fase”, con aggiustamenti e rivisitazioni in base all’esperienza accumulata e le criticità incontrate.

Limita le emissioni di oltre 11.000 aziende (circa un migliaio in Italia) particolarmente energivore dei Paesi dell’Unione Europea, Islanda, Lichtenstein, Norvegia e, dal 2020, Svizzera.

Compagnie aeree, imprese produttrici di energia elettrica, industrie ad alta intensità energetica come raffinerie, acciaierie, cementifici, industrie metalliche, alluminio, carta, acidi, prodotti chimici organici, grandi aziende alimentari, tutte le imprese che hanno potenza termica installata superiore a 20MV sono soggette all’ETS.

Devono rilevare le proprie emissioni di gas serra attraverso l’intervento di enti certificatori terzi e acquistare i permessi di emissioni (European Union allowance, EUA) con cui compensare l’emissioni corrispondenti.

Il sistema ETS riguarda solo il 40% delle emissioni, il restante 60% è dato da altri settori (trasporti, agricoltura, edilizia) che al momento non rientrano nel sistema.

Ets, ecco come funziona il sistema

Ad una tonnellata di CO2 equivalente(ma anche emissioni di ossido di azoto o perfluorocarburi) corrisponde 1 quota. Un’azienda che nel 2021 ha emesso 26.000 tonnellate di biossido di carbonio, nel 2022 dovrà quindi restituire 26.000 quote .

Questa la formula : 1tCO2 eq = 1 quota EUA

La domanda di emissione va fatta all’autorità nazionale competente (in Italia, il Comitato ETS presso il MITE), a Ispra il compito di tenere la registrazione e comunicarla al Registro Europeo ETS , banca dati on-line che registra i titolari delle quote, le emissioni verificate, le transizioni, le quote assegnate a titolo gratuito.

Quote gratuite sono infatti previste per le aziende manifatturiere (dalla fase tre non più a quelle per la produzione energetica) per sostenerne la competitività internazionale, in considerazione dei costi maggiori sostenuti dalle aziende europee “virtuose” rispetto ai concorrenti di Paesi extra Ue soggetti a limitazioni meno stringenti ed onerose.

Il 28 febbraio di ogni anno il Comitato ETS effettua le assegnazioni delle quote che andranno restituite il 30 aprile dell’anno successivo: le aziende che hanno più quote rispetto alla CO2 emessa possono venderle sul Mercato Secondario del Carbonio, dove possono approvvigionarsi le aziende a cui mancano quote. Le aziende che non restituiscono l’esatto numero di quote incorrono in pesanti sanzioni.

 

Siamo nella IV Fase, poi potrebbe toccare all’edilizia

Nel 2021 siamo entrati nella IV fase del sistema: nel periodo 2021-2030 le quote diminuiranno di circa 55 milioni in linea con l’obiettivo previsto del -40% di emissioni nel 2030 e, con “Fit for 55”, il sistema potrebbe essere esteso entro due anni al settore edilizio, responsabile direttamente e indirettamente del 36% delle emissioni legate all’energia e ai trasporti su ruota e quello marittimo.

Un registro per le aziende dalle “piccole” emissioni

All’art. 27, la Direttiva ETS consentiva agli Stati di sviluppare una normativa per i cosiddetti “piccoli emettitori”, gli impianti con emissioni inferiori ai 25.000t Co2eq, per i quali resta comunque l’obbligo di acquistare crediti di carbonio per compensare le emissioni ma sono previste regole più semplici rispetto al normale ETS.

<<Nel 2013 l’Italia ha usufruito di questa possibilità e ha istituito un Registro Nazionale Piccoli Emettitori, il RENAPE - afferma Mannnino Bordet, componente del Comitato ETS Italia -: prevede una regolamentazione più semplice e snella. Le imprese non devono restituire le quote ma calcolare le emissioni e pagare all’Erario, secondo le quotazioni relative ai “permessi di carbonio” dell’anno precedente, il carbonio emesso».

Il registro, nel quale vengono annotate le emissioni consentite e quelle effettive, conta oggi circa 300 aziende, più della metà provengono dal Registro Europeo: «Nel 2013 solo poche delle aziende che ne avevano il diritto hanno aderito a RENAPE, mentre nella tornata del 2019 le aziende sono state molte di più: grazie a questa scelta riusciranno a ottemperare meglio ai loro obblighi».

Prezzi alle stelle per le quote

Entrate su mercato come una “commodities” qualunque e gonfiati dalla speculazione, i prezzi delle quote di emissione sono andati alle stelle: «Una quota che quest’anno si paga intorno ai 60€ l’anno scorso era pagata 20-25€».

L’aumento delle quote non è un problema solo per le imprese emettitrici, grandi o piccole.

I rincari di luce e del gas registrati durante l’anno, legati per ca l’80% all’aumento dell’energia e dalla mancanza di materie prime, secondo Arera - l’autorità italiana per l’energia e le reti - sono dovuti anche all’aumento dei prezzi ETS

Prezzi che si sono attestati oltre i 50€ anche in seguito alle proposte di rafforzamento delle leggi vigenti per combattere i cambiamenti climatici. Leggi qui il parere dell’Arera

Un costo che finisce per ripercuotersi su aziende e consumatori, visto anche che lo stesso ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani attribuisce il 20% dell’aumento all’aumento degli ETS.

 

(per vedere il prezzo aggiornato potete consultare questo link)

“La minore disponibilità di quote in circolazione ne fa crescere il prezzo. Lo scorso agosto è arrivato a 60 euro per tonnellata di CO2; a settembre del 2020 era di circa 28 euro. Nel confronto con il secondo trimestre del 2021” - riporta l’Arera - il prezzo medio rilevato nel terzo trimestre è risultato in aumento del 13% circa”.

Alla base dell’impennata dei prezzi, secondo Il Sole-24ore, ci sarebbe proprio la decisione di lanciare “Fit for 55” . La lotta ai cambiamenti climatici potrebbe avere un costo più salato del previsto.